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lunedì 24 dicembre 2018

Frau Drude — Trude





Questa è la storia di come la curiosità fine a sé stessa, e l'insolenza non portino mai nulla di buono. Questa è la storia di una ragazza che osò sfidare Frau Trude.


Fu in una fredda giornata — complice l’ozio che porta con sé la stagione invernale — che una giovane ragazza si rivolse ai suoi genitori, dicendo loro che avrebbe voluto andare a trovare, nel fitto del bosco, Frau Trude.
Era mossa da pura curiosità: voleva scoprire se le strane storie raccontate su quella
donna fossero vere, se davvero la sua casa fosse piena di oggetti insoliti e misteriosi. Voleva solo dare un’occhiata.
I genitori fecero di tutto per dissuaderla. Le parlarono con saggezza, la misero in guardia, ma lei non volle ascoltare. Senza esitazione, si incamminò verso il bosco.

Cammina, cammina, giunse infine alla casa di Frau Trude. Appena la vide sulla soglia, la donna le domandò:
«Come mai sei così pallida?»
La ragazza rispose, tremando:
«Ho visto una cosa che mi ha fatto paura… un uomo nero sulla vostra scala.»
Ma
Frau Trude rispose:
«Era solo un carbonaio.» Il dialogo continuò:
«Ho visto un uomo verde sulla vostra scala.»
«Era un cacciatore», ribatté la
Trude.
«Ho visto un uomo rosso sulla vostra scala.»
«Era un macellaio», disse
Frau Trude con voce calma.

«Frau Trude, che terrore! Ho guardato dentro la vostra casa», sussurrò la ragazza, «e non vi ho vista così come ora... vi ho vista orrenda, terrificante!»
Frau Trude, con un ghigno, le rispose:
«Bambina mia, mi hai vista solo per ciò che sono davvero. Ti attendevo da tanto... e ora diventerai luce per i miei occhi!»

La toccò, e in un istante la trasformò in un ciocco di legno, che gettò nel camino ad ardere.



Note

La fiaba n. 43 dei fratelli Grimm è qui presentata in una versione ispirata all’adattamento del 2010 curato dalla Professoressa Dal Lago Veneri, basato su un’edizione del 1936.

Frau Drude — o Trude (anche Drud o Trut, con variante maschile in Drudner o Trutner

Appare in questo breve racconto con tratti ben specifici, riconducibili alle Figure del Tempo associate al Solstizio d’Inverno. Si tratta di una figura ambivalente, che in parte si sovrappone alla celebre Holda, condividendone alcuni tratti simbolici. A partire dal XVI secolo, il nome Trude venne progressivamente associato al concetto di "Strega".

Curiosità

La fiaba mette in evidenza un tema ricorrente nella Tradizione Popolare: la curiosità priva di consapevolezza e rispetto può trasformarsi in un gesto pericoloso, capace di provocare danno a chi si avvicina a potenze arcaiche senza la giusta preparazione interiore.
Non è l’atto di esplorare in sé a essere condannato, ma l’approccio superficiale, spinto da desiderio e presunzione più che da vera comprensione. Se la ragazza avesse compreso la vera natura di
Frau Trude, difficilmente avrebbe cercato l’incontro. Ma è proprio questa inconsapevolezza a segnare il suo destino.

La figura del Diavolo

Nella versione originale dei fratelli Grimm, al momento in cui la ragazza racconta di aver visto all’interno della casa una figura terrificante, diversa da quella di Frau Trude sull’uscio, viene evocato il Diavolo.
Questa scelta riflette una tipica rilettura cristiana, in cui tutto ciò che richiama la decadenza stagionale, la morte simbolica e la trasformazione tipiche del tempo invernale viene proiettato sulla figura diabolica.
In questa mia rielaborazione, ho volutamente evitato tale associazione: il legame tra
Strega e Diavolo è una costruzione relativamente recente e, con certezza non apparteneva alla versione più antica della storia.
Così,
Frau Trude si presenta come una figura archetipica e ambivalente, vicina per molti aspetti alla Holda o alla Perchta, che custodiscono il doppio volto del Ciclo Naturale: generoso e crudele, luminoso e oscuro.

Veggenza e destino

Quando Frau Trude dice alla ragazza di averla attesa, manifesta una forma di veggenza: sa che la giovane sarebbe giunta da lei ancor prima che l’evento si compisse.
Questo dettaglio arricchisce il carattere della 
Trude che, in quanto Strega, conosce i destini, li accoglie o li punisce secondo logiche antiche, radicate in un Sapere che non appartiene al tempo degli uomini.

L’atto stregonico

La trasformazione finale — la ragazza che diventa un ceppo da ardere nel camino — è frutto di un atto stregonico. In questa immagine potente si può leggere un rimando simbolico al ceppo di Yule, Tradizione antica legata alla rinascita del Sole e alla ciclicità del tempo. È anche per questo che Frau Trude può essere considerata la Strega per eccellenza.

Il ceppo di Natale

Affonda le sue radici in un’antichissima usanza, certamente anteriore alla sua prima attestazione scritta, che risale al 1184 in Germania.
Da lì si diffuse verso sud, raggiungendo diverse regioni del continente e oltre i suoi confini. È una tradizione ancora viva in alcune zone d’Italia, tramandata anche attraverso uno dei dolci simbolo del periodo natalizio, specialmente nel Nord e nel Centro: il
tronchetto di Natale.

Il ceppo — o ciocco — veniva scelto con cura in un contesto rituale, spesso da uno o più membri della famiglia, secondo le consuetudini locali.
La ritualità comprendeva anche il trasporto solenne e l’accensione del tronco.
Il pezzo di legno, idealmente raccolto alla base di un albero, doveva appartenere a specie precise, come il frassino o l’abete. Una volta portato in casa, il ceppo veniva decorato e acceso con la brace rimasta dall’anno precedente.
Doveva bruciare lentamente, alimentando la luce e il calore simbolico, durante tutte le
Dodici Notti Sante.

Il Drudenfuß: fra Trude, Druidi e simbolismo sacro

Con il termine Drudenfuß, o “Piede della Trude” (talvolta chiamato anche “Piede del Druido”), si indicò, a partire dal Medioevo, il simbolo del pentacolo inscritto in un cerchio.
È curioso osservare come, a livello popolare, si sia creata una confusione grafica e fonetica tra i termini
Drude/Trude e Druide/Druida in lingua tedesca. Sebbene non vi sia alcuna relazione etimologica, entrambi vennero accostati, secondo la visione del tempo, alla sfera della Stregoneria. Un’associazione suggestiva, ma non linguisticamente fondata.

I fratelli Grimm ipotizzano anche un’altra possibile origine del termine Trude, riconducendola alla figura mitologica della valchiria Þrúðr – il cui nome, in Antico Norreno, significa “forza”. Þrúðr, figlia di Sif e Thor, appare nelle saghe come una figura potente, il cui nome fu successivamente anglicizzato in Thrud.

Questo simbolo, il pentacolo nel cerchio, è anche uno degli elementi centrali della tradizione alchemica medievale: non solo come strumento di guarigione, ma come sigillo protettivo, capace di custodire l’individuo e gli spazi abitati.
Rappresenta l’integrazione dell’essere umano nella
Natura, e proprio per questo — in chiave apotropaica — può assumere una valenza inversa e terapeutica: ciò che è considerato potenzialmente pericoloso, può anche essere ciò che protegge e risana. “Ciò che ammala può guarire”, come recita uno dei principi fondanti dell’alchimia.

Del resto, secondo la Tradizione Cristiana, la Vita ha origine da un Dio monoteista, trascendente e creatore; nelle religioni politeiste, invece, essa scaturisce dai suoi molteplici aspetti divini: Dea, Dee, Dei, Forze multiple connesse tra Universo e Terra.

Un’interessante testimonianza dell’impiego apotropaico del simbolo si trova all’interno del Burg—Castel Taufers, imponente maniero del XIII secolo.
Nella camera da letto della Principessa Margarethe, è conservata una culla su cui compare, ben visibile, un pentacolo a punta rivolta verso
l’alto, inscritto in un cerchio.
Questo simbolo fu inciso sulla parte frontale della culla, a protezione del neonato, mentre sul retro venne scolpita una croce cristiana.

Il fatto che un segno magico di Tradizione Pagana sia stato usato all’interno di un contesto nobiliare e cattolico dimostra quanto fosse radicata la paura della Trude, al punto da spingere anche i seguaci della Fede Cristiana a ricorrere a simboli considerati estranei — o addirittura contrari — alla loro religione ufficiale. Non a caso, il termine Drudenfuß viene utilizzato anche per indicare il vischio, pianta a cui veniva attribuita la stessa funzione protettiva contro Demoni, Spiriti e Streghe. 

Trude e la Protezione Invisibile: simboli magici tra privato e pubblico

Una curiosità: il termine Drudenfuß rappresenta, in araldica tedesca, qualsiasi pentacolo inserito all’interno di uno stemma comunale o nazionale, indipendentemente dall’orientamento della figura (con la punta rivolta verso l’alto o verso il basso).
Viene utilizzato in alternativa ad altri sostantivi come
Alpfuß o Pentalfa.

Un esempio si trova nel circondario di Rems—Murr, nella regione del Baden—Württemberg, non lontano da Stuttgart—Stoccarda. Il villaggio di Weiler, oggi frazione di Schorndorf ma un tempo Comune autonomo, presentava nel proprio stemma un pentacolo rovesciato.
Si tratta solo di uno fra i molti esempi disponibili di utilizzo araldico del
Drudenfuß, che mostrano come — da simbolo magico e apotropaico — abbia trovato una forma di legittimazione ufficiale, fissandosi addirittura nei segno distintivo di una comunità.




L’Alp: volto maschile della Trude

Tra i nomi associati a Frau Trude vi è anche Alp — forma maschile di questa figura.
Come la
Trude, anche l’Alp è capace di penetrare negli spazi domestici passando attraverso piccoli fori, spiragli nelle pareti o persino il buco della serratura: simboli di soglia e vulnerabilità, attraverso cui l’invisibile entra nel visibile.

I tre colori della visione

Nella visione della giovane si presentano tre colori, ciascuno carico di significato:

Il nero: colore della morte, ma anche della trasformazione rigenerativa, preannuncio del destino che, in ogni caso incombe.

Il rosso: il sangue dell’offerta rituale, vita sacrificata alla Divinità. La trasformazione della giovane in ceppo ardente nel fuoco è espressione vivida di questa ritualità sacra.

Il verde: la natura terrena, luogo d’origine e dimora della Trude. È il colore che radica la sua figura nel ciclo naturale, al di là del bene e del male.






Immagini

* Tratte da internet:

1. Fairytale.wikia.com

2. Wikipedia.org, Weiler—Rems stemma

Bibliografia

* Dal Lago Veneri Brunamaria (a cura di), Grimm—Tutte le Fiabe, Newton Compton Editori 2010

* Laugrith Heid, La Stregoneria dei Vani, Anaelsas Edizioni 2017

Videografia

* Burg Taufers, Ritter, Sagen und Geschichte—Il Castello di Taufers, Cavalieri, leggende e storia, Rai Bozen 2013

Sitografia

* Cfr. L’ Alp

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2018/12/l-alp.html

lunedì 17 dicembre 2018

L' Alp




Da questa figura dai caratteri complessi e talora contraddittori nascono sogni angoscianti ed opprimenti. Vive nelle profondità di oscuri boschi, ma, di tanto in tanto, visita i valligiani che hanno imparato a riconoscerne i rumori che annunciano il suo arrivo nei masi, esclusivamente di notte. Il suo nome deriva da una storpiatura del vocabolo tedesco “Elfe”(elfo) che, a differenza dell’Italiano, è un termine femminile; tuttavia, in questo contesto, è noto per essere invariatamente di sesso maschile: lui è l’Alp, a sottolineare la sua singolare anomalia nel folklore.

In alcune aree della Germania, è considerato una forza primordiale, simile ad un piccolo essere, mentre in altre zone dell’Austria è spesso visto come lo spirito di un defunto mosso da influssi malevoli. In quest’ultimo caso, il suo attacco è diretto verso la famiglia che ha lasciato. L’abilità del mutaforme di assumere sembianze umane o animali, lo rende particolarmente temuto, poiché maschera la sua vera natura rendendo difficile il suo riconoscimento. Eppure anche nell’oscurità più completa, alcuni rumori peculiari confermano il suo desiderio di entrare proprio in quella casa.


1. L'Alp: tra leggenda e mistero nelle Tradizioni Alpine

L’Alp con astuzia e determinazione cerca, in case le cui porte e finestre siano accuratamente chiuse, un varco che lo conduca all’interno. Predilige infiltrarsi attraverso le strette fessure tra gli assi o i travi di legno; la sua presenza esterna si manifesta attraverso rumori distintivi di pressione contro le pareti dell’abitazione. Se il contadino lo percepisce, scende al piano terra e attende che l’Alp sia entrato costringendolo a promettere di non disturbare altre persone. Ciò può essere fatto solo sigillando la fessura attraverso la quale l’Alp è penetrato. Infatti, una volta all’interno, questo essere può uscire solo attraverso lo stesso varco tramite cui si è introdotto all’interno della casa, anche se porte e finestre fossero spalancate come possibili vie di fuga. Proprio per questo motivo, è successo che si siano verificati episodi in cui l’Alp abbia tentato di suscitare la compassione del contadino che aveva preso di mira, raccontando che, a casa, lo aspettavano i figli, bisognosi di cure.

L’Alp può essere allontanato anche prima di entrare, se si interviene mentre tenta di introdursi all’interno, semplicemente invitandolo a tornare il giorno dopo per una bevuta. In questo caso chi lo ha invitato dovrà farsi trovare. Esiste anche una breve filastrocca da recitare prima che entri: “Trud vieni domani da me, che presto qualcosa a te”. L’ Alp si darà, allora, alla fuga, tornando il giorno seguente, in sembianze umane e con il pretesto di prendere qualcosa in prestito. Inoltre, se la persona prescelta dell’Alp si sveglia all’improvviso e lo riconosce, l’entità non potrà fargli più del male, ritornando magari il giorno dopo, in sembianze umane per bere qualcosa di caldo insieme. Tuttavia, in rarissimi casi, l’Alp, scoperto e forzato dagli eventi, è in grado di comportarsi bene.


2. L'Alp: manifestazioni vampiresche e impatto culturale nel Folklore Europeo

In alcune aree, l’Alp, può assumere diverse sembianze: in talune zone è un anziano, in altre un potente mago, mentre in altre ancora è un nano. Secondo alcune versioni di leggende specialmente medievali, assume le forme di un gatto, di un uccello, o ancora di un maiale. Altre storie lo descrivono, invece, come un servitore delle streghe, sotto forma di topo di campagna o di gatto per diffondere sortilegi e malefici. È capace di volare o galoppare e può anche trasformarsi in farfalla. In quest’ultima forma può appoggiarsi sulla schiena di qualcuno che stia dormendo, succhiando il sangue dai capezzoli di uomini e bambini, anche se preferisce nutrirsi del latte delle donne. Per questo atteggiamento, spesso viene visto come una figura vampiresca. Ama anche succhiare i capelli delle persone prescelte, arruffandoli ed annodandoli. L’Alp, tuttavia, nella maggior parte dei casi non ucciderà mai l’essere umano che prende di mira.

Nella sua incarnazione vampiresca, l'Alp può rivelarsi anche come un morto che ritorna e, non pago della sua sola manifestazione, attaccare anche altri defunti. Durante il proprio funerale, lacera il proprio sudario e divora le proprie carni, per poi nutrirsi dei corpi di coloro che gli riposano accanto. Di fronte a tali profanazioni la Chiesa alimentò nella popolazione un intenso timore e una serie di fobie. La risposta a queste ossessioni arrivò nel 1679, con un trattato: la “Dissertatio Historico-Philosophica de Masticatione Mortuorum” scritta dal teologo tedesco Philipp Rohr. Quest’opera segnò un punto di svolta divenendo fulcro della letteratura sui vampiri, diffondendosi e radicandosi fra Germania ed Austria.


3. Origini e legami sovrannaturali dell'Alp nella Cultura Popolare

Nel contesto della Chiesa di quel tempo, dominato da una visione persecutoria delle donne, si riteneva che la nascita di un Alp fosse attribuibile esclusivamente a una colpa della madre. La credenza diffusa sosteneva che un peccato commesso durante la gravidanza potesse manifestarsi nella nascita di un Alp, o che il consumo di bacche, contaminate dalla saliva di nani, potesse avere lo stesso effetto. Inoltre, se non venivano prese determinate precauzioni durante il parto — non meglio specificate — si aumentava il rischio di crescere un bambino destinato a diventare un futuro Alp. Un pericolo analogo emergeva se la madre provava paura verso animali selvatici, in particolare cani o cavalli.

Inoltre, si riteneva che un bambino nato avvolto nella placenta potesse diventare un vampiro, anche se in altre aree la stessa condizione, conosciuta come “nascita con la camicia”, era considerata un augurio di buona sorte. I neonati con queste caratteristiche erano soggetti a ispezioni particolari per identificare macchie o segni premonitori del loro futuro o per scongiurare il rischio che si trasformassero in vampiri. Un'altra preoccupazione emergeva se venivano trovati peli sulle mani del neonato, un presagio che poteva indicare una futura trasformazione in lupo mannaro. Legato a questa credenza, esiste un racconto in cui l'Alp appare come un grande cane dall'indole libidinosa, poiché si credeva che in vita fosse stato un lupo mannaro. In queste narrazioni, l'Alp si fonde con altre leggende del folklore.

Nelle narrazioni, l'entità ha generalmente la forma di una scimmietta e in tutti i casi presenta un corpo estremamente peloso, con le sopracciglia unite in una singola linea. Anche quando assume forma umana, conserva questa caratteristica villosità. Un tratto distintivo che lo rappresenta è un cappellino chiamato “Tarnkappe” o cappello magico che gli conferisce abilità sovrannaturali, come trasformarsi in forme adatte alle varie situazioni o rendere sé stesso invisibile per agire indisturbato. Per questo motivo, guarda sempre con molta cura al suo morbido copricapo dalle peculiari tese larghe, poiché perderlo significherebbe perdere i suoi poteri. In alcune varianti, lo stesso copricapo può assumere la forma di un velo che copre gran parte del volto.

Abbiamo visto l'Alp agire come un vampiro, quindi ha un'avversione per la luce e si rivela solo di notte, ma fondamentalmente incarna l'incubo stesso. La sua presenza durante il sonno provoca una forte sensazione di pressione sul petto, generando brutti sogni che disturbano il riposo della persona colpita. Inoltre, può indurre lo sviluppo di malattie croniche, rendendo impossibile liberarsi dal suo influsso.


4. Le origini linguistiche dell'Alp e le sue manifestazioni storiche

Dal nome dell'Alp originano le parole tedesche “Alpdruck” e “Alptraum” entrambe traducibili con “incubo”. Un altro termine correlato, “Mahr" ha generato la parola “Nachtmahr" che significa fantasma notturno/incubo da cui deriva il termine inglese “nightmare”. Attualmente, “Mahr” è classificato come maschile, ma un'analisi etimologica mostra che originariamente il termine era utilizzato sia al maschile che al femminile. In passato l'Alp era sempre rappresentato come una figura femminile che causava tormento alle donne, sedendosi sul loro petto mentre dormivano.

I suoi sinonimi sono “Alb” o “Alm”, quest’ultimo termine ha anche il significato di malga con valenza di prato montano utilizzato per alpeggio. Il plurale è Alpen, che indica anche la catena montuosa delle Alpi.

L’Alp è in grado di effettuare, nella stessa notte, più visite a luoghi vicini. Secondo un racconto, alcuni pastori che attendevano che le loro greggi si radunassero lungo un fiume, videro un Alp arrivare e sciogliere le funi che tenevano una barca legata al molo, giungendo così dall’altra parte della riva. La stessa scena si ripeté per diverse sere, tanto che i pastori decisero di nascondere l’imbarcazione. Quando l’Alp arrivò e vide che la barca non c’era, si infuriò e iniziò ad urlare e strepitare, minacciando i pastori di fare avere loro dei problemi se non avessero restituito la barca.

In Austria, l'Alp è temuto per la sua capacità di manipolare la volontà dei dormienti, provocando sonnambulismo e convulsioni in chi viene prescelto. Si ritiene che queste azioni siano compiute sotto l'influenza delle streghe. L’Alp è spesso associato al “Mahr”germanico, entità simile ad un cavallo bianco che incarna l’incubo. Nel contesto culturale, l'immagine del cavallo è frequente anche in riferimento all'Alp, che lo cavalca per tutta la notte fino allo sfinimento.


5. Metodi di difesa e caratteristiche degli Alp nel Folklore Europeo

Tra i metodi usati per tenere lontano un Alp dalla propria casa o dalla propria vita ci sono diverse pratiche peculiari. Tra queste, le teste di cavallo possono allontanare l'Alp. È importante anche fare attenzione a come si posiziona una sedia nella camera da letto, per non offrirla come sella all'Alp. Alcuni pongono un pettine sull'addome per evitare attacchi; tuttavia, c'è il rischio che l'Alp usi la parte appuntita per ferire la persona. Un metodo più sicuro ed efficace consiste nel posizionare, sempre sull’addome, uno specchio, in questo caso l’Alp vedendo la sua figura riflessa, spaventato così tanto della sua bruttezza fuggirà. Altre difese includono posizionare ciabatte o scarpe con l'apertura o il tacco rivolto verso il letto, attaccare oggetti di ferro alla testiera del letto, o dormire con la luce accesa.

Le levatrici che fasciano un bambino, dovrebbero segnare croci sui tessuti mentre lo avvolgono, altrimenti l’Alp potrebbe fasciare il bambino a sua volta, con conseguenze potenzialmente letali.

Gli Alp(en) sono tenuti naturalmente lontani da coloro che sono arrabbiati ed in quel caso proprio dalle sue sopracciglia unite, uscirà in forma di farfalla bianca per andare a cercare un’altra vittima.

Tuttavia, gli Alp(en) essendo intrinsecamente legati a forme mentali di paura che si manifestano nel sonno non possono essere uccisi. Anche se si crede che reliquie benedette o croci possano liberare da questi esseri, in realtà, questo non corrisponde al vero, in quanto essi sono appartenenti ad una Tradizione molto lontana dal Cristianesimo che non riconosce nei simboli tipici di questa religione un deterrente al loro agire.


6. L'Alp e le Alpi: considerazioni sulla connessione tra Mitologia e geografia europea

Alla luce di quanto sopra, emergono due considerazioni significative. L’Alp, con i suoi molteplici nomi e attributi fisici, potrebbe semplicemente essere interpretato come un vampiro energetico, un archetipo presente nell’esoterismo di diverse origini e tradizioni. Questa entità viene spesso associata dalla Chiesa a manifestazioni animali legate alla stregoneria. Tuttavia, sorge un dubbio quando si considera che uno dei suoi sinonimi è Alm-malga e, al plurale, il termine designa anche la catena montuosa delle Alpi.

Oggi le malghe non sono solo prati alpini per il pascolo estivo del bestiame, ma anche strutture ricettive. Alcuni masi, un tempo esclusivamente abitazioni estive delle famiglie di pastori, sono attualmente popolari punti di ristoro. Nonostante oggi, prevalentemente, siano ancora abitazioni permanenti, si trovano su versanti montuosi alti e impervi. Queste costruzioni sono erette su antichi insediamenti celto-retici, particolarmente nell'area delle Alpi e delle Dolomiti. Alcuni di questi masi, con una storia di 600-700 anni, sono stati costruiti su preesistenti agglomerati millenari.

Le abitazioni, specialmente in passato, non venivano costruite casualmente; invece, considerando che determinate caratteristiche naturali, come la presenza di una fonte d’acqua, erano essenziali per le Culture che vivevano in simbiosi con la Natura, possiamo ragionevolmente ipotizzare che le case fossero erette in luoghi dove si era stabilito un contatto e un equilibrio con i numi tutelari del territorio, noti come il Genius Loci, ovvero lo Spirito del Luogo.

Pertanto, l'Alp potrebbe essere visto non solo come una figura negativa ma, come descritto in alcune narrazioni, anche come un'entità, talvolta, benevola. Ciò solleva una domanda: che cosa influisce sul comportamento di questo spirito? Le leggende e le fiabe suggeriscono che l'atteggiamento mentale degli umani possa influenzare il comportamento di queste figure mitologiche, portandole verso azioni benevole o malevole. L'Alp, così come altre figure leggendarie percepite come diaboliche, è collegato alla figura dell'archetipo della Strega: Frau Trude. In queste narrazioni, vediamo come l'intenzione modifichi l'esito delle storie, come accade con le due sorelle nella fiaba di Frau Holle.

Il termine “Alpen”, oltre a essere il plurale di questa entità, indica anche la catena montuosa più importante d'Europa, suggerendo che l'importanza di questa figura mitologica fosse tale da essere associata al nome di queste montagne.

Sebbene oggi il termine “Alpi” sia etimologicamente legato al latino “Alpes”, derivato da un vocabolo molto più antico che sembra indicare pietra, roccia o comunque luogo elevato, il primo a utilizzare il termine “Alpi” fu Erodoto, il filosofo greco vissuto fra il 480 a.C. e il 430 a.C., considerato il padre dell’etnografia. Nelle sue Storie (IV, 46), Erodoto si riferisce alle Alpi come il nome celtico originario di due fiumi come l’Alpis ed il Carpis, entrambi affluenti del Danubio. Questi nomi sono oggi associati a specifici corsi d’acqua originari di quella Terra che fu l’Illiria; il Carpis corrisponde all’attuale Culpa che nasce dal Monte Risnjak in Croazia e segna per parte del suo percorso il confine fra la Croazia e la Slovenia, confluendo poi nella Sava, uno dei maggiori fiumi sloveni che a sua volta è uno dei maggiori affluenti del Danubio.

Sapendo che i fiumi, nell’antica cultura celtica e non solo, spesso prendevano i nomi da un vasto pantheon di Divinità e Semi-Divinità, inclusi i Demoni, non è azzardato pensare che l'Alp potesse essere una figura tanto diffusa quanto nota e importante, tanto da legare il suo nome a corsi d'acqua che poi avrebbero potuto dare il nome a un gruppo montuoso così prestigioso, perpetuandone così il ricordo. Oppure, secondo l'interpretazione più accreditata oggi, il nome della catena montuosa potrebbe derivare dalle figure che abitavano questi monti e che ne diedero il nome.


Conclusioni

L' Alp rappresenta una presenza potente nel folklore europeo, come evidenziato in questa ricerca di specifica matrice germanica. Questa figura leggendaria radicata nelle regioni alpine, ha attraversato secoli e culture per giungere sino a noi con il suo carico di simboli ed evocazioni. L’Alp non ci parla soltanto di una figura notturna; incarna anche le preoccupazioni ed i timori suscitati dalla sua presenza o dal solo narrarne le storie, originariamente legate alla figura archetipica della Strega: Frau Trude. Questo legame si è evoluto fino alle moderne interpretazioni psicologiche degli incubi.

La sua influenza potrebbe aver lasciato il segno anche sui nomi geografici, come quello della catena montuosa delle “Alpi", testimoniando il profondo e indissolubile legame tra questo spirito e l'ambiente naturale.

L'Alp ci rivela anche quali interpretazioni e soluzioni le generazioni passate hanno trovato per i fenomeni che si manifestavano intorno a loro, fenomeni che altrimenti non avrebbero trovato spiegazione, se non nel legame con le forze della natura.









Immagini

* Tratte entrambe da Wikipedia.org, la prima si riferisce al dipinto Nachtmahr, Johann Heinrich Füssli 1781


Bibliografia

*Curran Bob, Vampires: a field guide to the creatures that stalk the night, New Page Books 2005

*Mari Alberto Kindl Ulricke, La montagna e le sue leggende, Mondadori 1988

*Troye Charles, Storia d’Italia del medio-evo e codice diplomatico longobardo, Napoli della Tipografia del Tasso 1839 




lunedì 10 dicembre 2018

L'oscurantismo mai trasformato





Storicamente associamo la parola oscurantismo ad un fenomeno relegato a secoli passati in cui venne fatta una ferrea opposizione a progresso ed a diffusione di cultura. Se però osserviamo bene, quella manifestazione che si impone ed impone agli altri ignoranza e sottomissione è ancora molto viva.

Ieri non ho letto molte notizie, ma una mi ha portata a riflettere, sto parlando della dichiarazione del capo gabinetto del Ministero della Famiglia, Cristiano Ceresani, il quale in un’intervista ha asserito che i cambiamenti climatici sarebbero parte dell’opera di Satana verso il Mondo.
Al di là dell’opinione che rimane sua, come propria rimane quella legata alla lettura di eventi secondo una data fede o culto, sin da subito ho trovato grave che in uno Stato che dovrebbe (e quanto mai il condizionale è d’obbligo) essere laico, si manifestino  idee e valutazioni che pur nella liceità delle stesse, all’interno di un ruolo istituzionale, danno una declinazione religiosa che è faziosa e non accettabile.

In un’Europa nella quale spesso le origini della stessa vengono addotte al Cristianesimo, ponendo prima dell’anno zero dell’epoca cristiana il vuoto cosmico, quando invece di cosmico c’è un’incompetenza senza pari, mi attenderei che nel 2018 non si ostenti l’ignoranza come vessillo di (pseudo) cultura, ma questo richiede studio ed assenza di pregiudizio, entrambe merci rarissime.

In verità però la ciliegina sulla torta è arrivata verso l’ora di cena, quando un quotidiano locale ha pubblicato un articolo che ho letto nella sua brevità tutto d’un fiato, perché incredula di quanto i miei occhi stessero scorrendo.
L’articolo parlava della terza edizione della sfilata dei Krampus(sen) di Natz-Schabs/Naz-Sciaves, località molto belle e rinomate per la produzione di mele su un altipiano nei pressi di Brixen-Bressanone, che si è tenuta sabato sera e delle lamentele arrivate dalle associazioni cattoliche, in quanto la manifestazione coincideva con la data di nascita della nonna del Papa Emerito Benedetto XV, originaria del paese. Subito ho sorriso, poi lo sgomento ha preso il sopravvento, quando ho letto che verso tali associazioni, coloro che avevano organizzato l’evento hanno presentato formali scuse, dicendo che la manifestazione era stata organizzata dall’anno precedente, senza valutare la concomitanza della ricorrenza, e che non si sarebbe più verificato  l’increscioso fatto.

Non credevo ai miei occhi, poiché sebbene le stesse associazioni di Krampus(sen) e Perchten portino quasi sempre la dicitura Teufl (Diavolo), rimandando ad un concetto che decontestualizza queste figure dalla loro Cultura di origine affiancandole in antitesi a San Nicolò, nella lotta tutta monoteista del Bene contro il Male, in effetti questa figura assume una lettura molto diversa se inserita nel contesto di origine. Si manifesta così una peculiarità che tocca questa Terra quanto si applica a livello nazionale a troppi ambiti, ben più gravi, dove la laicità e l’aconfessionalità di uno Stato troppo spesso vengono meno.

Da sempre asserisco che ognuno deve essere libero di credere in ciò che vuole, o anche di non credere, perché il rispetto è fondamento di libertà. Ma la libertà di un altro finisce dove inizia la mia, e su questo non arretro di un passo. Del resto la stessa carta costituzionale asserisce nell’articolo 8 quanto segue.

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge [cfr. artt. 19, 20]. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.”

Credo serva più tutela verso la rivivificazione di certe Tradizioni che già di origine medievale attingevano da bacini culturali e cultuali ben più antichi che si perdono nella notte dei tempi. Durante l’Inquisizione il rituale di inizio dicembre fu proibito e tale divieto durò per secoli, ma la Tradizione così radicata continuò a vivere nelle valli più isolate e ricominciò in sordina nel XVII secolo, per riprendere ufficialmente con cortei e manifestazioni organizzate nella seconda metà del XIX secolo. Ed è proprio nelle valli più isolate, come quella in cui abito e che vide una presenza politeista slava fino al 600 d.C. quando si decise di evangelizzare (senza mai estirpare completamente e fortunatamente aggiungo), che antichi riti ed usanze non sono mai andati persi.

Il grosso problema è che non è che credo che abbiamo imboccato solo ora questa deriva, ma oggi è più visibile perché paganesimo e politeismo o anche solo manifestazioni che riportano ad un’Europa arcaica stanno prendendo sempre più piede, riemergendo da un oblio al quale si pensava di averli relegati.
Alla luce di queste mie considerazioni fatte durante la cena, poco prima delle venti, ricercando l’articolo, mi rendo conto che è stato rimosso, ed al suo posto se ne trova uno nuovo che celebra solo l’apprezzamento della manifestazione brissinese, accompagnato da molteplici foto.

Il Tempo del Solstizio si avvicina e porta con sé una nuova luce, che mi piacerebbe illuminasse pagine di cultura. Che sotto gli alberi, fra i regali possano esserci più libri, magari di quelli che parlano di qualcosa di diverso da ciò che pensiamo di conoscere, che ci svelino qualcosa di nuovo, che facciano soprattutto uscire da quelle piccole grandi certezze, che costituiscono per moltissimi la zona di comfort e che rappresentano le pseudo sicurezze che invece affondano radice nella non conoscenza che può generare solo bieca ignoranza, dove questa diventa madre dell’unica figlia possibile, la paura.


















Immagini tratte da 
altoadige.it Sfilata Krampus Natz-Schabs/ Naz-Sciaves 8 dicembre 2018

domenica 2 dicembre 2018

Demoni e vampiri di Alpi e Mitteleuropa, un viaggio fra le paure della Tradizione





Il  mese di novembre porta con sé non solo l’inizio della stagione oscura, ma anche la narrazione di figure leggendarie che legate ad essa hanno tramandato nei secoli e nel tempo un senso di timore se non di paura vera e propria. Piccoli gesti di tipo rituale apotropaico e protettivo, scandiscono i riti inseriti in festività cristiane, ma che mantengono una palese matrice pagana, anche in questo periodo dell’anno,  come ad esempio le fumigazioni delle abitazioni specialmente durante precisi momenti dei Dodici Giorni che segnano il passaggio dalla Festa di Yule a quello della Notte di Berchta/Perchta anticipo del suo Giorno, il Berchetentag (6 gennaio), atte a scacciare spiriti considerati maligni. E’ proprio alla vigilia dello stesso giorno che i Sternsinger-Cantori della Stella passano di casa in casa su autorizzazione del parroco di ogni più piccola borgata a fumigare pesantemente le abitazioni (oltre ad annunciare l’arrivo di coloro che nella religione cristiana sono i Magi ed a raccogliere offerte).

Quella benedizione però avviene alla vigilia di una delle notti più ricche di demoni ed entità guidate da Perchta/Holda che volano in cielo secondo la tradizione mitteleuropea celto-germanica. E così figure di leggendaria memoria che appartengono a tempi di cui non conosciamo l’origine, ma che vivono ancora oggi, trovano eco nelle manifestazioni folkloristiche e tradizionali, nei richiami e nelle invocazioni fatte con incensieri nei masi sperduti dei versanti montani innevati come nelle famiglie cattoliche più tradizionaliste. Rituali che hanno luogo specialmente il giovedì durante il mese di dicembre.

Il giovedì non è un giorno scelto a caso, ma è un giorno considerato ideale o funesto, sempre nella tradizione nordica, a differenza di quella mediterranea in cui è il venerdì, per fare o per non fare tassativamente delle cose, come anche il martedì, tanto quanto il sabato è considerato il giorno d’eccellenza in accezione positiva per il fato. I primi tre giorni, la cui osservazione è anche legata ai cicli lunari, crescenti o decrescenti sono considerati Schwendtage, i giorni fatidici della Tradizione. Il termine che deriva dal vocabolo Alto Tedesco Switan ha significato di diminuire, consumarsi. Schwenden nel Medio Tedesco ha la valenza di distruggere, rendere arido, sradicare. In questi giorni quindi se la luna è crescente avrà successo tutto ciò che deve avere una crescita, al contrario se la luna è calante bisognerà evitare di fare molte cose come intraprendere un viaggio, portare gli animali in alpeggio, piantare nuove piante come tagliare il fieno o cuocere il pane. 

Il termine dialettale Ertig che significa martedì è legato al Dio della guerra greco Ares, omologo del Marte romano. In Tirolese il vocabolo Pfinztig per giovedì (considerando la domenica come primo giorno della settimana) deriva da Pfinz che sta per cinque, quindi il giovedì è giorno di streghe e raduni di maghe e demoni. Proprio per questo le ritualità di dicembre destinate alla purificazione delle case da spiriti nefasti avviene in questo giorno. Del resto il cinque torna e ritorna…Sebbene le prime sfilate di Krampusse e Perchten inizino intorno al 25 novembre, giorno in cui il calendario celebra Santa Caterina d’Alessandria, la Santa che si stratificò sul Culto della Dea Wilbeth (colei che tesse i destini e la vita), ufficialmente il loro arrivo è celebrato la sera/notte del 5 dicembre così come la Festa di Berchta/Perchta trova il suo apice la notte del 5 gennaio.

Il periodo dedicato agli Antenati del resto, sebbene  venga  considerato strettamente legato a tre giorni a cavallo fra il 31 ottobre ed il 2 novembre, in effetti si protrae sino all’11 novembre con la festa di San Martino, che funge da Porta sul Mondo di Perchta, e di tutti gli altri numerosi nomi con cui questa Dea legata a neve e ghiaccio si manifesta dal Sud Tirolo alla Slovenia, dalla Germania all’Austria. Le manifestazioni di queste figure affascinano lo sguardo quanto evocano paure profonde.

Jung nel suo Libro Rosso scrisse: "La natura è giocosa e terrifica. Gli uni ne scorgono il lato giocoso, si trastullano con quello e lo fanno sfavillare. Gli altri scorgono l'orrore, si coprono il capo e sono più morti che vivi. La via non passa in mezzo a questi due estremi, bensì li contiene entrambi. E' gioco divertente e al tempo stesso freddo orrore."

I demoni nell’immaginario collettivo vengono associati erroneamente alla figura del Diavolo cristiano di cui spesso si usa il termine come sinonimo, perdendo il loro significato originario ed evocando qualcosa di esclusivamente negativo, ma il termine greco daimon da cui il vocabolo origina, indica ben altro. Questi geni, semidei, fungono da punto di giunzione fra gli esseri  umani e gli Dei, sono Esseri posti a riequilibrio della Terra. E si badi che il riequilibrio e l’armonia non passano per la dualità bene-male a cui siamo abituati. Certo le loro peculiarità possono apparire poco gradevoli, ma la cultura in cui siamo stati educati le ha solo estremizzate e viste come negative. Possono essere benevoli o malevoli, o essere dotati di entrambi gli aspetti, ma in essi, a prescindere che siano di sesso femminile o maschile si manifesta l’essenza selvaggia ed indomita della figura che da sempre viene contrastata: la strega. 

Il loro potere incontrollabile fu estremizzato e così nelle narrazioni queste figure sono giunte sino a noi prevalentemente come vampire, come esseri che ritornano dalla morte lacerando sudari e distruggendo tombe, figure che si nutrono di sangue, di sperma, di latte, di energia vitale, dedite anche ad atti di cannibalismo. Creature rese terribili, per il semplice fatto di essere oscure e decontestualizzate dalla loro origine e quindi secondo il cattolicesimo esclusivamente riprovevoli.

Nelle descrizioni che seguiranno, il mio intento è quello di raccontarle per come sono arrivate a noi, con la lucida consapevolezza, che esattamente come la figura di Holda e stata traslata e raccontata dai Grimm come quella della nonnina, Frau Holle, che fa nevicare quando sprimaccia il suo piumone, alterandone la figura, che in origine fu una Gigantessa, anche nel caso delle entità di cui andrò a raccontare si creò una vera e propria letteratura relata al vampirismo specialmente intorno al 1700, atta solo ad amplificare i sentimenti di terrore delle persone. Al contempo però, come all’interno della fiaba sopracitata, seppur rivisitata ed ammorbidita permangono elementi archetipici di facile individuazione, ugualmente nel caso di queste figure di cui andremo a leggere, al di là del senso di timore che incutevano ed al fatto che siano state rese quasi tutte, orride manifestazioni, in esse c’è spesso un comune denominatore che è il nutrirsi come detto più sopra di elementi vitali appartenenti ad esseri umani quanto ad animali, riportando il discorso all’arte stregonica in cui queste sostanze rivestono valore e donano potere. Le stesse figure acquisiscono sfumature diverse a seconda delle zone ed esattamente come Perchta/Holda variano nome a seconda della regione da cui proviene la narrazione, sfumano le loro caratteristiche in altre simili ma non cambiano sostanza, perché ci parlano di esseri, demone fisici ed energetici di cui a volte si hanno rade informazioni.

Furono gli incubi di interi villaggi, l’incontro che più si temeva, i loro luoghi sono le profondità delle foreste, le montagne buie e misteriose. Spesso i loro tratti peculiari diventano comuni ad altre figure delle stesse zone in cui vengono raccontate le loro storie. Sono però per alcuni aspetti evanescenti come la neve e le notti oscure di nuvole basse da cui nascono. 



















Immagine tratta da sanghhan.com

Bibliografia

*Brunamaria Dal Lago Veneri Numina Rustica, Edizioni Alpha Beta Verlag 2014 Pag. 18,19

*Bob Curran Vampires: a field guide to the creatures that stalk the night, New Page Books, 2005 Pag. 13,14

* Karl Gustav Jung, Il libro rosso – Liber novus, Bollati Boringhieri 2012

Sitografia

Miei articoli 2016

Wielenberg, nel nome di Wielbeth, la Dea lunare, una delle Tre Bethen, la Triade di Dee celtiche delle Dolomiti pusteresi 


mercoledì 24 ottobre 2018

Il rientro dagli alpeggi fra tradizione e storia






Dalla fine di agosto ad ottobre, si svolgono nelle vallate tutta una serie di manifestazioni che sono legate ad un evento che si ripete uguale da secoli, la transumanza. In alcuni casi è ripercorrere gli stessi sentieri con le stesse cadenze, da un tempo preistorico, come nel caso di quella che ha luogo nella Schnalstal-Val Senales diretta verso le Alpi tirolesi dell'Ötztal. Il passaggio che transita lungo tre dorsali, quella del Timmelsjoch–Passo Rombo (2494 m.) l’Hochjoch (2885 m.) ed infine il Niederjoch-Giogo Basso (3017 m.) è considerata l’unica transumanza transfrontaliera e transglaciale del territorio alpino, sino al 1963 fu anche in uso il Gurgler Eisjoch (3252 m.). Ogni anno i mandriani con indosso il tipico grembiule tirolese blu(1), si apprestano a scortare i loro animali verso le maghe, ogni anno alla lunga ed impegnativa marcia partecipano circa 4000 pecore (sino a solo pochi anni fa erano 5000-5500) e 300 capre accompagnate da alcune decine di giovani pastori e pastore, che conducono i loro capi di bestiame a passare la stagione estiva agli alpeggi fra le vette più elevate. La monticazione, cioè il momento della salita all’alpeggio in generale si svolge in concomitanza di date ben precise come il 15 giugno (San Vito), ed è la fase più difficile, in quanto sui crinali ancora candidi dalle precipitazioni invernali, il terreno è reso scivoloso dalla neve presente ed a questo rischio si aggiungono canali rocciosi stretti e ricoperti di ghiaccio. Cronache passate del resto ci illustrano molto bene, come da sempre questi passaggi abbiano rappresentato un altissimo rischio per animali e uomini. Vi sono storie di assideramento come quella del 1744 in cui cinque pastori e circa 100 pecore perirono sul ghiacciaio, o una più recente e datata 1979 nella quale una cinquantina di pecore morirono travolte da una slavina in Tisental-Val di Tisa; oppure andando a ritroso nei secoli troviamo una storia dal lieto fine, datata 1694, la cui narrazione è rappresentata in un ex voto della chiesa parrocchiale di Unser Frau-Madonna di Senales nell’omonima valle e che racconta della caduta di un pastore, Georg Kofler, in un crepaccio e della sua richiesta di salvarsi alla Madonna; il pastore fu aiutato dai colleghi con corde che gli permisero di riemergere dalle pareti rocciose fra le quali era caduto ed esaudito dalla Vergine secondo la rappresentazione dell’ex voto in cui la scena è accompagnata dalla manifestazione della Madonna in risposta alla supplica di salvezza. In quella stessa chiesa ogni anno viene celebrata una messa con l’intento di proteggere pastori e bestiame lungo l’impervio tragitto che li attende. La fase più semplice, invece, è quella della demonticazione, cioé del ritorno, quando greggi e uomini vengono attesi nelle località di Kurzras-Maso Corto (2000 m.) e Vernagt-Vernago (1700 m.) fra musiche e allegra convivialità, uno dei piatti tipici è costituito dalla Schnalser Nudeln, la pasta ottenuta con il torchio presente solo qui e condita con ragù di pecora. Questa tradizione ha sviluppato e mantenuto nei millenni relazioni familiari, sociali e culturali, permettendo ad antiche usanze e riti di rimanere vivi nel tempo, sebbene vestiti di religiosità diverse, che si sono succedute nei secoli. E’ oramai comprovato che il passaggio tra i ghiacciai per giungere agli alpeggi più alti ha radice preistorica ed è vecchio di 6000 anni. La transumanza assume così i toni di un punto d’incontro nella vita della comunità montana. Dal 2011 questa attività in quanto così antica e particolare visti i 44 chilometri che la connotano, percorsi in due giorni, con i rischi che vengono resi maggiori proprio dalla presenza dei ghiacciai ha ottenuto il riconoscimento Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale. 






Che l’allevamento sia attività antichissima e necessaria alla sopravvivenza è notizia confermata anche da recenti ritrovamenti che riguardano la scoperta che l’attività e la produzione lattiero casearia, nel bacino mediterraneo è molto più antica di quanto non si pensasse. Rinvenimenti, situati sulla costa dalmata della Croazia, all’interno di due villaggi neolitici, indicano residui lattei in contenitori di ceramica, che collocano in un’epoca temporale di gran lunga antecedente a quella che si conosceva per certa, come tempo in cui si cominciò l’uso del latte e dei latticini. La mungitura di animali iniziò nell’8500 a.C. circa, quando iniziò la domesticazione, in tal senso abbiamo evidenze nell’attuale Turchia nord-occidentale. A questo potrebbe essere seguita la produzione dei primi latticini. La nuova scoperta croata, collocherebbe la produzione casearia mediterranea antecedente il 5000 a.C. all’inizio dell’Età del Bronzo. La produzione di derivati del latte si sarebbe inserita in una dieta che richiedeva maggiori nutrienti tanto quanto la riduzione della mortalità infantile, favorendo variazioni di tipo demografico e fisico. Questo ultimo studio va a sommarsi e compararsi con uno fatto nel 2012 che confermò come in Polonia, si produsse formaggio almeno 7000 anni fa. Questi studi ci mostrano come gli animali da latte furono sin da millenni passati, una grande fonte di sostentamento, e come abbiano potuto inserirsi le migrazioni verso gli alpeggi estivi già in epoche remote. Sebbene l’area corrispondente all’attuale Sudtirolo fu abitata da genti diverse: Celti, Reti, Germani, Slavi, seppur con culture diverse, furono accomunati da forti similitudini nelle attrezzature come nelle modalità di lavoro, nelle strutture abitative quanto nel modo di vivere. Questo ci fa pensare a una società tanto eterogenea quanto unitaria per certi, importanti aspetti. Lo sfruttamento dei pascoli è antico quanto il primo insediamento. Lo stretto rapporto uomo-animale da pascolo, in questo caso ovino, è sì legato alla produzione di latte e derivati, ma anche ad una produzione a queste quote fondamentale tanto quanto i prodotti caseari, quella della lana e dei suoi manufatti. Le pecore vengono tosate ancora oggi due volte l’anno e le forbici che si utilizzano sono identiche a quelle di periodo romano se non precedente. La produzione di questo filato pregiato, era ed è fondamentale per inverni estremamente rigidi. Oggi come millenni fa il tessuto più rinomato è il loden. Utilizzato già da Celti e Reti che ne apprezzavano la grande capacità di riparare dal gelo e dal fuoco, ne fu riconosciuta la capacità protettiva anche in epoche successive, quando si sapeva che la lunga fase produttiva, che contempla ben cinquanta passaggi, era a atta a creare capi che difendessero non solo dalle intemperie anche più estreme, ma che sarebbero durati una vita. Nel Medioevo (XIII secolo) addirittura si lasciavano in eredità tessuti in loden. E più tardi, lo stesso imperatore Francesco Giuseppe mostrò di amare questo tessuto nelle sue battute di caccia e lo stesso apprezzamento manifestò l’imperatrice Sissi. Questo permise la diffusione dal ceto rurale alpino alla borghesia e all’aristocrazia, rendendo questo tessuto da rustico a ricercato. Ma il legame con le pecore rappresentava qualcosa di talmente importante che includeva anche l’offerta alle divinità. Sul colle del Ganglegg presso Schluderns-Sluderno in Vinschgau-Val Venosta e su quello di San Giorgio presso Kortsch–Corces frazione di Schlanders-Silandro fra le varie offerte sono state anche trovate forbici da tosatura e fusi, la tessitura del resto fin dalle culture più antiche era legata al sacro ed a determinate Divinità, inoltre il latte ricordiamo che era parte delle offerte alla cavità detta bothros che permetteva il versamento di liquidi e miele in onore di antenati e Dei (si legga in merito il mio articolo 2018 Roghi votivi. Il Sonnenburger Kopf, il colle fra ritualità e celebrazioni) . Questo sottolinea come il rapporto uomo-animale fosse sacro in ogni passaggio, dalla nascita alla morte o all’offerta cultuale e che millenni fa era considerato non un semplice capo di bestiame ma parte della comunità, esattamente come oggi. 









Se ad ovest della Provincia la demonticazione più importante per numero di capi e più famosa è quella degli ovini ad est è quella bovina, che nella transumanza segue comunque le stesse regole, con monticazione che può avvenire in tre date concomitanti con le feste di San Vito come abbiamo già visto più sopra, San Giovanni Battista (24 giugno) o al più tardi nella data dei Santi Pietro e Paolo (30 giugno). Le malghe in quota hanno mantenuto aspetto e forma delle abitazioni più remote con fuoco aperto, per lunghissimo tempo. Solo in anni recenti si è ricorso alla creazione di vie transitabili con mezzi motorizzati o allacciamenti alla rete elettrica. La demonticazione inizia a San Bartolomeo (24 agosto), quando la prima neve fa la sua comparsa, come dice anche il detto ‘per San Bartolomeo sovente, la neve sui passi è imminente’. Altre date utili alla discesa degli animali più a valle sono il giorno della Natività di Maria (8 settembre), il Giorno dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) o all’equinozio (23 settembre), al più tardi per San Michele (29 settembre). Le date furono e sono quasi sempre rispettate a meno che condizioni avverse del clima non obblighino diversamente. Prima della partenza dopo la lunga permanenza in quota, si sistema la malga, si ripongono gli attrezzi, si sparge il letame sul territorio circostante e soprattutto si preparano gli ornamenti per gli animali, l’ultima cena la deve preparare il margaro con gnocchetti di farina di frumento fritti nel burro. Intanto a valle fervono i preparativi che accoglieranno di nuovo a casa ed in famiglia animali e pastori.




Le date variano leggermente invece per le malghe più basse, nelle quali si producono anche latticini e dalle quali si torna la domenica del Rosario (la prima di ottobre) o al massimo il sabato successivo. Le date in linea di massima vengono rispettate a meno che avverse condizioni meteorologiche non richiedano di scendere anticipatamente. Comunque il rientro da un alpeggio contempla tutta una serie di usanze ben precise che vengono rispettate e tramandate ancora. La migrazione dagli alti pascoli è un'attività che coinvolge sia chi la vive in prima persona attraverso la discesa dalle cime della montagna fino al maso o alla stalla posta più a valle, sia le famiglie pronte ad attendere ed a festeggiare il ritorno di mandrie bovine e greggi ovine e di tutti coloro che se ne sono presi cura nei mesi estivi, anche per quanto riguarda valli come l’Arnhtal-Aurina e la Gsiesertal-Casies con rientro nelle stalle. Innanzitutto sono preparate delle vere e proprie corone per le vacche, decorazioni fatte intrecciando ramoscelli e prevalentemente bacche di colore rosso come quelle dell'uva ursina insieme ad altre erbe e fiori; se durante la stagione estiva non è successo nessun problema e tutto è andato come doveva andare, circa un chilometro prima dell'arrivo la mucca capofila (talvolta anche più di una) detta la Kranzkhu-vacca dalla ghirlanda o Moarkhu- mucca capo o anche Prodlerin verrà abbellita con l’ornamento preparato precedentemente, pronta a rientrare nella sua comunità di appartenenza. Mentre a valle le famiglie si apprestano a ricevere il festoso corteo che magari ha dovuto anche percorrere due giorni di viaggio, come quando si rientra dagli Hohe Tauern-Alti Tauri austriaci per esempio. La mucca guidaiola con il suo malgaro tracciano il sentiero che gli altri animali seguiranno, mucche e i vitelli, se troppo piccoli per coprire il percorso di rientro vengono portati a valle su trattori, seguono poi vitelloni, tori, pecore, capre, cavalli. La Kranzkhu è riconosciuta come l'animale che ha prodotto più latte e per essere la più bella della mandria (vi è un apposito registro per questo dove ogni giorno viene segnata la produzione al fine di monitorare quantità e qualità del latte), viene onorata per tutto questo portando in testa la ghirlanda precedentemente assemblata a cui vengono aggiunti nastri, lustrini, specchietti, perline di vetro, pigne,piume. E’ agghindata e coloratissima quando rientra nella sua residenza invernale, la stalla di valle, fra applausi e musiche che si protraggono per l’intera giornata oltre alla condivisione di prelibatezze locali, fra cui la frittella piatta e salata dalle grandi dimensioni di un palmo di mano, ripiena di ricotta, spinaci, o crauti; è tipica della Pustertal-Val Pusteria, ed è chiamata Tirtlan generalmente viene servita insieme alla Gerstensuppe-minestra d’orzo.

Al collo ogni mucca ha un grosso campanaccio, e mentre l’utilizzo della corona appartiene al secolo XVIII e XIX, i primi  campanacci per bestiame risalgono, come attestato da documenti archeologici alla preistoria. L’ornamento floreale in tempi passati divenne non solo l’abbellimento per i propri capi di bestiame ma anche la rappresentazione di uno status sociale e soprattutto economico, in quanto alcune decorazioni costarono ingenti somme, talvolta anche più di un vacca. Giunti a valle comunque la corona viene tolta, verrà appesa nella stube della casa del malgaro. Una particolarità è rappresentata dagli specchietti presenti sulla corona, che servono ad allontanare eventuali entità che possano rendere la mucca più produttiva invece arida di latte. Inoltre se durante i mesi estivi uno dei padroni più anziani del maso è morto, l’addobbo vedrà, anche in segno di compartecipazione, l’aggiunta di un velo nero in foggia di lutto, vissuto e condiviso anche dal bestiame, rendendolo a pieno titolo parte della famiglia e della collettività.


Tutto questo evidenzia come il rapporto fra l’essere umano e l’animale sia antico e fatto di imprese ardue come il passaggio dai ghiacciai, un legame arcaico e potente, nella condivisione di insidie, e del suo fascino che oggi come allora si ripete nel lento movimento di un filo ideale, che nel paesaggio montano tesse anno dopo anno una tradizione continua che scandisce la ciclicità del tempo degli alpeggi, una tradizione protetta dalle stesse montagne che assistono ogni estate a questo passaggio rituale che segna la stagionalità, che permette ancora oggi come in un tempo molto lontano la vita in quota, dove la neve ed il ghiaccio coprono il territorio per la maggior parte dell’anno, uno scambio che ancora significa sopravvivenza.







Note :
1)    ‘Un uomo senza grembiule blu è vestito a metà’ questo detto spiega brevemente quanto sia importante nell’abbigliamento contadino in grembiule blu, tanto che il primo giorno di scuola viene regalato il primo ai bambini. La tonalità varia così come il nome che è tipico per ogni valle. Prima del 1880 il grembiule da lavoro era di colore bianco ma per distinguere i giorni festivi da quelli lavorativi si optò per la scelta di variare in blu il capo di abbigliamento che già contestualizzava la classe lavoratrice. Può essere senza pettorina come nelle valli ladine o con pettorina come in Pustertal-Pusteria, il cui colore è in un blu cobalto, spesso ornato da fiori, scritte ricamate o disegni. Il grembiule con pettorina viene definito ‘alla tedesca’ ed in Vinschgau-Val Venosta viene indossato solo fino a Burgeis-Burgusio oltre in direzione Svizzera ed Austria il grembiule è sostituito da una camicia da lavoro anch’essa blu e anch’essa di origine germanica.








Immagini

Tratte dal Web

*1,2 ©Valsenales.com
*3 Byalfred.net
*4 Kronplatz.com
*5 Alto Adige 7 Settembre 2018


Didascalia

*1,2,3,6 Transumanza in Schnalstal-Val Senales
*4 Transumanza in Gsiesertal-Val di Casies
*5  Transumanza in Sudtirolo



Bibliografia

*Brunamaria Dal Lago Veneri Alto Adige Terra di feste, riti e tradizioni  Giunti 2002 Pag. 45,46,57

*Guido Mangold-Hans Grießmair Usi e costumi del Sudtirolo Athesia 2001 Pag. 220,221,222,223,224,225

*AA. VV. Alto Adige, Val Pusteria e Val Venosta un oriente e un occidente a confronto Giunti 2009 Pag.82,83,84,85,86,87


Sitografia

*Mio articolo 2018 Roghi Votivi . Il Sonnenburger Kopf , il colle fra ritualità e celebrazioni. https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2018/04/roghi-votivi-il-sonnenburger-kopf-il.html

* www.unesco.at

* www.merano-suedtirol.it

* www.journals.plose.org

* www.nationalgeographic.it