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sabato 13 giugno 2020

Il Nano Venediger di Villanders-Villandro (Eisacktal-Valle Isarco)





Tutti lo conoscevano in paese, puntualmente con l'estate arrivava anche lui, vestito con una giacchetta rossa e dei pantaloni celesti, il piccolo ometto dal singolare aspetto, compariva all'improvviso fra gli immensi prati dell'Alpe. Guardando un pastore tirare piccole pietre al bestiame per tenerlo unito al pascolo e per scoraggiare alcuni animali ad allontanarsi, gli urlò “Quei sassi, quelli che butti dietro alle tue bestie, valgono più di tutta la mandria”.


Lui le conosceva le pietre e meglio conosceva i metalli preziosi in esse custoditi. Era gentile e disponibile il piccolo ometto, si fermava di fronte alle povere persone e tirava fuori da una tasca che sembrava non avere fondo pepite luccicanti d'oro e le regalava, lasciando spesso coloro che le ricevevano senza parole di fronte a tanta generosità.


Il mattino di buon'ora si metteva in cammino, lo si poteva trovare spesso lungo un percorso che si inerpicava sino ad un punto che si chiamava Oaglas Bleis, lì metteva un secchiello sotto una fontana da cui sgorgava limpida acqua di montagna e se ne andava. Passava poi in autunno a ritirare quel secchiello e se ne tornava da dove era venuto.


Su quel prato c'era sempre un pastore con le sue capre, un giorno il Venediger gli fischiò per attirare la sua attenzione e gli disse Hei tu! Sei qui per tutta l'estate fino a che le tue bestie non rientreranno nella stalla. Come puoi vedere, ho messo un secchiello sotto quella fonte, ti chiedo di non toccarlo e di tenerlo d'occhio. In autunno potresti portarlo sino a Venezia dove abito?”


Fatta questa richiesta lasciò al pastore indirizzo e le indicazioni su come raggiungerlo e gli promise una lauta ricompensa, detto ciò scomparve dall'Alpe. Il pastore era attonito, non era riuscito a contare sino a cinque che il piccolo ometto non c'era più.


Arrivò l'autunno ed il secchiello messo sotto la fontana era colmo di polvere gialla, lo prese e si mise in viaggio verso Venezia. Non aveva mai abbandonato le sue montagne, non conosceva il mare e la bellezza della città lagunare. Quando arrivò iniziò a girare per le calle, aveva l'indirizzo della casa dove dirigersi, ma sebbene avesse anche cercato indicazioni da alcuni passanti incontrati, faceva fatica a orizzontarsi il quel dedalo di viuzze, lui che era abituato alla sconfinata montagna.


Ad un tratto però fu richiamato dalla voce di un uomo, affacciato dalla finestra di una ricca casa. Il pastore salì e consegnò il secchiello, il Nano gli chiese quale ricompensa volesse, ma l'uomo semplice borbottò qualcosa, ed il Nano capì che non aveva pretese l'uomo, così gli donò 200 Gulden. Il pastore non credeva ai suoi occhi, il Nano però lo colpì ancora di più dicendogli che alla fontana dell'Alpe la polvere gialla d'oro originava da una radice profonda, e che se non gli avesse portato quel secchiello lo avrebbe ucciso.


L'onestà del pastore era stata molto apprezzata dal Nano che gli chiese se voleva vedere cosa facevano e come stavano sua moglie ed i suoi figli, cosa facessero mentre lui era lontanoPrese così il suo specchio magico ed il pastore vi guardò dentro, vide la sua famiglia a giorni di cammino da lui, che mangiava minestra e serenamente attendeva il suo ritorno. Il suo senso di stranezza aumentava verso il Venediger, chi era quel piccolo uomo che conosceva dove trovare oro da una fontana e che disponeva di uno specchio magico? Ma non sapeva ancora che la sua profonda lealtà ed il rispetto dell'impegno preso sull'Alpe nell'estate precedente, gli avrebbe serbato la sorpresa più grande.


Salutò il Venediger e si rimise in camino sulla via di casa, quando vi giunse trovò tutte le sue capre con i denti d'oro. Quello fu il grazie del Venediger, l'uomo che avrebbe potuto ucciderlo per mancanza di rettitudine, o renderlo ricco di fronte alla sua integrità.




Nota

La rinarrazione di cui sopra è tratta da una versione originale del 1642 di Matthias Burglechner, avvocato, storico, cartografo austriaco (Innsbruck 1573-1642) ripresa dallo Zingerle e poi dalla Dal Lago Veneri.

Il Gulden fu una moneta d'oro tedesca dal XIV sec. in poi. Successivamente divenne moneta anche di altri stati come Danimarca, Svezia, Polonia, e Paesi Bassi. (Fonte Treccani)










Immagine
*Tratta dal web, invaluable.com heinrich-schlitt-1849



Bibliografia


Bruna Dal Lago Elmar Locher, Leggende e racconti del Trentino-Alto Adige Newton Compton Editori, 1983

giovedì 11 giugno 2020

I Venedigermandln, i Nani Veneziani della Tradizione alpino-dolomitica






In questa disamina affronteremo una particolare razza di Nani, in un viaggio che unisce più luoghi e regioni alpine italiane ma non solo, perché la tipologia che ne andremo a conoscere la si ritrova in province diverse del nord est, e ci riporta, sebbene le ambientazioni di molte leggende siano relativamente recenti, ad una stirpe che era molto abile nella lavorazione dei metalli, i Venetici, prestigiosa popolazione indoeuropea, citata da Omero nell' Iliade ed i cui riferimenti si ritrovano pure in molti autori classici. Infatti i piccoli esseri di cui tratterò uniscono una figura tradizionale della leggenda quali i Nani appunto, mescolata ad uno degli aspetti, comprovato storicamente e legato ad una delle più peculiari tradizioni ed abilità degli Antichi Veneti: la metallurgia.


Indagando alcune sfaccettature storiche di ambito venetico, i tasselli di un puzzle che a primo acchito sembrava non avere una forma, hanno assunto invece tratti precisi e circostanziati che evidenziano come il nome con cui sono giunti sino a noi, non riporta, sebbene molte leggende ne parlino, alla città di Venezia in sé, piuttosto quanto ai suoi antichi abitanti ed alla loro abilità nell'estrazione e lavorazione delle rocce metallifere. Nelle differenti versioni, sono chiamati con nomi diversi ma che foneticamente evocano e richiamano la città lagunare: sono i Venödiger o Venediger, denominati anche Venedigermannlein o Venedigermandl in Tedesco, mentre in Italiano sono semplicemente conosciuti come i Veneziani o gli Ometti di Venezia.


La questione che ha destato la mia curiosità quando ho analizzato le aree della Ahrnatal-Valle Aurina sotto questo aspetto leggendario, è come fosse stato possibile che il termine veneziano fosse stato attribuito a questi esseri leggendari narrati in luoghi così lontani dalla città lagunare. Un'analisi storica e in particolar modo linguistica attinta da Alessandro Mocellin docente di Lingua Veneta, mi ha supportato in tal senso. Veneti è l'etnonimo con cui da sempre la popolazione è denominata, e Venezia che oggi è il nome dell'attuale capoluogo di Regione, originariamente definiva la totalità del territorio relativo alla Civiltà Venetica. Riporta infatti lo stesso Mocellin: “Se avessimo chiesto al primo Imperatore Romano, Caesar Octavianus Augustus chi fossero i Venetiani, ci avrebbe probabilmente detto che sono gli abitanti della regione Venetia.” 

Innanzitutto bisogna parlare dell'estensione dei territori venetici che a cavallo dell' Età del Bronzo - inizio secondo millennio a.C. - quando si insediarono in territorio lagunare e l'Età del Ferro, periodo di massima espansione, subirono variazioni fino ad includere tutta la Regione come propriamente la conosciamo oggi, oltre la Lombardia orientale, il Friuli con i territori della Livenza e del Tagliamento, la Venezia Giulia e l'Istria tanto che nel 31 a.C si costituì con la romanizzazione del Popolo dei Veneti la X RegioVenetia et Istria.


Sebbene oggi la tesi sostenuta da Erodoto che considerò i Paleoveneti originari da una filiazione Illirica, sia stata scardinata totalmente a favore di quella che li vede originari della Paflagonia, regione anatolica della Turchia affacciata sul Mar Nero, i Paleoveneti territorialmente furono estremamente vicini all'area balcanica abitata dagli Illiri, popolazione che si stanziò per prima in Ahrntal-Valle Aurina (ancor prima dei Celti) e che oltre alle influenze per vicinanza territoriale in area balcanica, entrò in contatto con gli Antichi Veneti anche a seguito dei commerci alla ricerca di materie prime ed alla diffusione e vendita delle situle, i famosi vasi potori peculiari della Cultura Venetica. Secchi che costituiti di lamina in bronzo venivano lavorati sapientemente a sbalzo a cesello, dando luogo ad opere di rara bellezza, che fortunatamente in molti casi sono giunte sino a noi. Questi tratti portano a pensare alla trasmissione di modelli culturali che non si riverberarono solo in una acculturazione reciproca che incluse anche e principalmente i Celti dell'area alpino-dolomitica, ma che per come i racconti sono giunti sino a noi, abbiano influenzato anche la narrazione di una delle figure cardine della miniera, i Nani appunto.


Di origine divina, i piccoli uomini che nascono dalla pietra, assumono peculiarità tipiche del piano metafisico. Così come appaiono non si sa da dove, possono scomparire alla stessa maniera. Giungono con la primavera e ritornano da dove erano venuti in autunno. Sanno trovare vene metallifere, così come se non rispettati le occultano nuovamente nelle profondità della terra, esaurendo di fatto l'opportunità estrattiva.


Sono fondamentalmente molto socievoli e gentili, chiedono ospitalità nei masi, e laddove la trovano, offrono al pastore ed alla sua famiglia benessere e ricchezza. Guardiani dei tesori che originano dal più profondo della montagna, conoscono i minerali e le gemme, sanno estrarli ed in questo si pongono come conoscitori e trasmettitori dell'attività mineraria. Poiché la loro competenza è senza limite, la loro Arte si completa nella fusione dei metalli e nella loro forgiatura, in quanto sono anche abili fabbri.


Se appunto come visto sopra sono cordiali di norma, possono divenire anche punitori di alterigia e mancata fiducia, possono infliggere castighi ad intere comunità, o creare le cause per la morte del minatore o dei minatori che non si siano comportati in maniera onesta. Si dimostrano in grado così di lanciare maledizioni, anche e specialmente nei casi in cui siano torturati per carpire i loro segreti, come emerge in alcuni racconti. Dispongono di uno specchio, che permette di vedere cosa accade anche lontano da loro nel tempo e nello spazio. Ma anche di una sfera attraverso la quale riescono ad individuare la posizione di una vena metallifera.


Se la figura del Nano a qualsiasi latitudine è connaturata ad aree dedite ad estrazione mineraria, quella del Venediger la troviamo peculiarmente in aree ben precise: in talune descrizioni nelle miniere di Calisio nella parte orientale di Trento dove però cambiano provenienza divenendo i Nani Lombardi (sempre in richiamo a parte di quella che fu territorio dei Venetici); anche nell'area di Trambileno che confina con la Vallarsa, area cimbra, come quella degli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, dove leggende parlano di certe piazze di Venezia, con riferimento a queste piccole creature mitologiche della montagna; numerosi sono pure i riferimenti nella Valle germanofona dei Mocheni, sempre in Provincia di Trento. Loro tracce le troviamo anche nelle leggende in un piccolo ed isolato cantone della Svizzera orientale il Kanton Glarus-Cantone Glarona, in Austria nel Land della Kärntern-Carinzia. In Provincia di Bolzano nelle aree della Villanderer Alm-Alpe di Villandro, fra Barbian-Barbiano, Sarntal-Sarentino, Klausen-Chiusa; St. Vigil in Enneberg- San Vigilio di Marebbe in Gadertal-Val Badia, ma la zona in cui abbiamo maggiore traccia di questa tipologia di Nani è l'area tirolese e sudtirolese di cui fa parte la Ahrntal-Valle Aurina, dove il Venediger diviene eponimo del Venedigergruppe-Gruppo del Venediger negli Hohe Tauer-Alti Tauri, con la sua cima più alta il Großvenediger (3674 metri).


Il loro abbigliamento varia a seconda dei racconti, fondamentalmente il loro colore preferito è il rosso, con possibili varianti in verde o grigio. Il loro abito è costituito da lunghe giacche e pantaloni aderenti, che in talune versioni sono celesti. Indossano un cappello a punta ed un grembiule in cuoio esattamente come i primi minatori.














Immagine

*Tratta dall'archivio personale. Venödiger, Museo DoloMythos Innichen-San Candido (BZ)


Bibliografia

*Banzato D. (Cur.) Veronese F. (Cur.)Venetkens.Viaggio nella terra dei Veneti antichi(Catalogo della mostra, Padova 6 aprile-17 novembre 2013), Marsilio 2013 

* Brunamaria Dal Lago Veneri, Alto Adige Südtirol. Una guida curiosa, Edition Raetia 2016

*Dino Coltro, Gnomi, anguane e basilischi, Cierre Edizioni 2012

*Lucillo Merci, Le più belle leggende dell'Alto Adige, Manfrini Editori 1989

*Umberto Raffaelli, Leggende, fiabe e figure immaginarie delle Dolomiti, Editoriale Programma 2019

*Giuseppe Sebesta, Fiaba-leggenda dell'Alta Valle del Fersina e carta d'identità delle figure di fantasia, Museo Provinciale degli usi e costumi della Gente Trentina 1973


Sitografia

*cfr.Trumusiate Sainate la Divinità del Santuario di Lagole di Calalzo (BL)https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/03/trumusiate-sainate-la-divinita-del.html

*https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.com

*https://venetostoria.wordpress.com

*http://instoria.it

*www.archeoveneto.it





mercoledì 10 giugno 2020

Aspetti folklorici della montagna quale varco ctonio, come introduzione ai suoi abitanti per eccellenza, i Nani







Il racconto leggendario, specie in ambito dolomitico e alpino si confronta molto spesso con quelle che rappresentano gli elementi più visibili, poiché le più imponenti in ambito montano, cioè le alte vette. Se nella loro parte distinguibile si protraggono verso il cielo, attraverso aperture fungono da accesso al mondo sotterraneo, abitato da guardiani, che in ambito folklorico assumono non solo il ruolo di protettori dello spazio-montagna in quanto numinoso, ma quello di protettori e difensori dei tesori che in essa sono custoditi.

La montagna, diviene così, il luogo dove si possono trovare pietre e metalli, ma anche il contenitore dove può avvenire una trasmutazione, manifestazione di un vero e proprio processo esoterico, approcciando il quale si ha l'accesso ad un piano di Conoscenza più ampio. 

Il tesoro è quindi non solo metallifero o minerario per ciò che riguarda il visibile, ma da un punto di vista più sottile è la manifestazione di un qualcosa profondamente trasformativo a livello interiore.

Nella narrazione, sebbene questa matrice si sia tramandata in modo fedele, il tesoro è però divenuto esclusivamente materiale, con grotte le cui pareti sono di diamante o di cristallo di rocca oppure deposito di immense quantità di argento, oro, e gemme dall'inestimabile valore.

La montagna-utero si manifesta così come Regno dell'Aldilà, dotato di tutte le peculiarità proprie di un luogo di potente trasformazione, per chi la sappia avvicinare con un adeguato atteggiamento connotato da profondo rispetto. La non accettazione di questo principio comportamentale, fa sì che che la ricchezza materiale e conoscitiva possa trasformarsi in un funesto epilogo.

Il varco per eccellenza che offre l'accesso alle profondità della montagna è la miniera, ed è in particolar modo a questo luogo che guarderemo nell'analisi delle figure che inscindibilmente ad essa sono collegati: i Nani.












Immagine 

*Tratta dal web, Andrea Berto verticalemotions.blogspot.com
La magia delle Tre cime e del Monte Paterno durante le notti di luna piena