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mercoledì 24 ottobre 2018

Il rientro dagli alpeggi fra tradizione e storia






Dalla fine di agosto ad ottobre, si svolgono nelle vallate tutta una serie di manifestazioni che sono legate ad un evento che si ripete uguale da secoli, la transumanza. In alcuni casi è ripercorrere gli stessi sentieri con le stesse cadenze, da un tempo preistorico, come nel caso di quella che ha luogo nella Schnalstal-Val Senales diretta verso le Alpi tirolesi dell'Ötztal. Il passaggio che transita lungo tre dorsali, quella del Timmelsjoch–Passo Rombo (2494 m.) l’Hochjoch (2885 m.) ed infine il Niederjoch-Giogo Basso (3017 m.) è considerata l’unica transumanza transfrontaliera e transglaciale del territorio alpino, sino al 1963 fu anche in uso il Gurgler Eisjoch (3252 m.). Ogni anno i mandriani con indosso il tipico grembiule tirolese blu(1), si apprestano a scortare i loro animali verso le maghe, ogni anno alla lunga ed impegnativa marcia partecipano circa 4000 pecore (sino a solo pochi anni fa erano 5000-5500) e 300 capre accompagnate da alcune decine di giovani pastori e pastore, che conducono i loro capi di bestiame a passare la stagione estiva agli alpeggi fra le vette più elevate. La monticazione, cioè il momento della salita all’alpeggio in generale si svolge in concomitanza di date ben precise come il 15 giugno (San Vito), ed è la fase più difficile, in quanto sui crinali ancora candidi dalle precipitazioni invernali, il terreno è reso scivoloso dalla neve presente ed a questo rischio si aggiungono canali rocciosi stretti e ricoperti di ghiaccio. Cronache passate del resto ci illustrano molto bene, come da sempre questi passaggi abbiano rappresentato un altissimo rischio per animali e uomini. Vi sono storie di assideramento come quella del 1744 in cui cinque pastori e circa 100 pecore perirono sul ghiacciaio, o una più recente e datata 1979 nella quale una cinquantina di pecore morirono travolte da una slavina in Tisental-Val di Tisa; oppure andando a ritroso nei secoli troviamo una storia dal lieto fine, datata 1694, la cui narrazione è rappresentata in un ex voto della chiesa parrocchiale di Unser Frau-Madonna di Senales nell’omonima valle e che racconta della caduta di un pastore, Georg Kofler, in un crepaccio e della sua richiesta di salvarsi alla Madonna; il pastore fu aiutato dai colleghi con corde che gli permisero di riemergere dalle pareti rocciose fra le quali era caduto ed esaudito dalla Vergine secondo la rappresentazione dell’ex voto in cui la scena è accompagnata dalla manifestazione della Madonna in risposta alla supplica di salvezza. In quella stessa chiesa ogni anno viene celebrata una messa con l’intento di proteggere pastori e bestiame lungo l’impervio tragitto che li attende. La fase più semplice, invece, è quella della demonticazione, cioé del ritorno, quando greggi e uomini vengono attesi nelle località di Kurzras-Maso Corto (2000 m.) e Vernagt-Vernago (1700 m.) fra musiche e allegra convivialità, uno dei piatti tipici è costituito dalla Schnalser Nudeln, la pasta ottenuta con il torchio presente solo qui e condita con ragù di pecora. Questa tradizione ha sviluppato e mantenuto nei millenni relazioni familiari, sociali e culturali, permettendo ad antiche usanze e riti di rimanere vivi nel tempo, sebbene vestiti di religiosità diverse, che si sono succedute nei secoli. E’ oramai comprovato che il passaggio tra i ghiacciai per giungere agli alpeggi più alti ha radice preistorica ed è vecchio di 6000 anni. La transumanza assume così i toni di un punto d’incontro nella vita della comunità montana. Dal 2011 questa attività in quanto così antica e particolare visti i 44 chilometri che la connotano, percorsi in due giorni, con i rischi che vengono resi maggiori proprio dalla presenza dei ghiacciai ha ottenuto il riconoscimento Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale. 






Che l’allevamento sia attività antichissima e necessaria alla sopravvivenza è notizia confermata anche da recenti ritrovamenti che riguardano la scoperta che l’attività e la produzione lattiero casearia, nel bacino mediterraneo è molto più antica di quanto non si pensasse. Rinvenimenti, situati sulla costa dalmata della Croazia, all’interno di due villaggi neolitici, indicano residui lattei in contenitori di ceramica, che collocano in un’epoca temporale di gran lunga antecedente a quella che si conosceva per certa, come tempo in cui si cominciò l’uso del latte e dei latticini. La mungitura di animali iniziò nell’8500 a.C. circa, quando iniziò la domesticazione, in tal senso abbiamo evidenze nell’attuale Turchia nord-occidentale. A questo potrebbe essere seguita la produzione dei primi latticini. La nuova scoperta croata, collocherebbe la produzione casearia mediterranea antecedente il 5000 a.C. all’inizio dell’Età del Bronzo. La produzione di derivati del latte si sarebbe inserita in una dieta che richiedeva maggiori nutrienti tanto quanto la riduzione della mortalità infantile, favorendo variazioni di tipo demografico e fisico. Questo ultimo studio va a sommarsi e compararsi con uno fatto nel 2012 che confermò come in Polonia, si produsse formaggio almeno 7000 anni fa. Questi studi ci mostrano come gli animali da latte furono sin da millenni passati, una grande fonte di sostentamento, e come abbiano potuto inserirsi le migrazioni verso gli alpeggi estivi già in epoche remote. Sebbene l’area corrispondente all’attuale Sudtirolo fu abitata da genti diverse: Celti, Reti, Germani, Slavi, seppur con culture diverse, furono accomunati da forti similitudini nelle attrezzature come nelle modalità di lavoro, nelle strutture abitative quanto nel modo di vivere. Questo ci fa pensare a una società tanto eterogenea quanto unitaria per certi, importanti aspetti. Lo sfruttamento dei pascoli è antico quanto il primo insediamento. Lo stretto rapporto uomo-animale da pascolo, in questo caso ovino, è sì legato alla produzione di latte e derivati, ma anche ad una produzione a queste quote fondamentale tanto quanto i prodotti caseari, quella della lana e dei suoi manufatti. Le pecore vengono tosate ancora oggi due volte l’anno e le forbici che si utilizzano sono identiche a quelle di periodo romano se non precedente. La produzione di questo filato pregiato, era ed è fondamentale per inverni estremamente rigidi. Oggi come millenni fa il tessuto più rinomato è il loden. Utilizzato già da Celti e Reti che ne apprezzavano la grande capacità di riparare dal gelo e dal fuoco, ne fu riconosciuta la capacità protettiva anche in epoche successive, quando si sapeva che la lunga fase produttiva, che contempla ben cinquanta passaggi, era a atta a creare capi che difendessero non solo dalle intemperie anche più estreme, ma che sarebbero durati una vita. Nel Medioevo (XIII secolo) addirittura si lasciavano in eredità tessuti in loden. E più tardi, lo stesso imperatore Francesco Giuseppe mostrò di amare questo tessuto nelle sue battute di caccia e lo stesso apprezzamento manifestò l’imperatrice Sissi. Questo permise la diffusione dal ceto rurale alpino alla borghesia e all’aristocrazia, rendendo questo tessuto da rustico a ricercato. Ma il legame con le pecore rappresentava qualcosa di talmente importante che includeva anche l’offerta alle divinità. Sul colle del Ganglegg presso Schluderns-Sluderno in Vinschgau-Val Venosta e su quello di San Giorgio presso Kortsch–Corces frazione di Schlanders-Silandro fra le varie offerte sono state anche trovate forbici da tosatura e fusi, la tessitura del resto fin dalle culture più antiche era legata al sacro ed a determinate Divinità, inoltre il latte ricordiamo che era parte delle offerte alla cavità detta bothros che permetteva il versamento di liquidi e miele in onore di antenati e Dei (si legga in merito il mio articolo 2018 Roghi votivi. Il Sonnenburger Kopf, il colle fra ritualità e celebrazioni) . Questo sottolinea come il rapporto uomo-animale fosse sacro in ogni passaggio, dalla nascita alla morte o all’offerta cultuale e che millenni fa era considerato non un semplice capo di bestiame ma parte della comunità, esattamente come oggi. 









Se ad ovest della Provincia la demonticazione più importante per numero di capi e più famosa è quella degli ovini ad est è quella bovina, che nella transumanza segue comunque le stesse regole, con monticazione che può avvenire in tre date concomitanti con le feste di San Vito come abbiamo già visto più sopra, San Giovanni Battista (24 giugno) o al più tardi nella data dei Santi Pietro e Paolo (30 giugno). Le malghe in quota hanno mantenuto aspetto e forma delle abitazioni più remote con fuoco aperto, per lunghissimo tempo. Solo in anni recenti si è ricorso alla creazione di vie transitabili con mezzi motorizzati o allacciamenti alla rete elettrica. La demonticazione inizia a San Bartolomeo (24 agosto), quando la prima neve fa la sua comparsa, come dice anche il detto ‘per San Bartolomeo sovente, la neve sui passi è imminente’. Altre date utili alla discesa degli animali più a valle sono il giorno della Natività di Maria (8 settembre), il Giorno dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) o all’equinozio (23 settembre), al più tardi per San Michele (29 settembre). Le date furono e sono quasi sempre rispettate a meno che condizioni avverse del clima non obblighino diversamente. Prima della partenza dopo la lunga permanenza in quota, si sistema la malga, si ripongono gli attrezzi, si sparge il letame sul territorio circostante e soprattutto si preparano gli ornamenti per gli animali, l’ultima cena la deve preparare il margaro con gnocchetti di farina di frumento fritti nel burro. Intanto a valle fervono i preparativi che accoglieranno di nuovo a casa ed in famiglia animali e pastori.




Le date variano leggermente invece per le malghe più basse, nelle quali si producono anche latticini e dalle quali si torna la domenica del Rosario (la prima di ottobre) o al massimo il sabato successivo. Le date in linea di massima vengono rispettate a meno che avverse condizioni meteorologiche non richiedano di scendere anticipatamente. Comunque il rientro da un alpeggio contempla tutta una serie di usanze ben precise che vengono rispettate e tramandate ancora. La migrazione dagli alti pascoli è un'attività che coinvolge sia chi la vive in prima persona attraverso la discesa dalle cime della montagna fino al maso o alla stalla posta più a valle, sia le famiglie pronte ad attendere ed a festeggiare il ritorno di mandrie bovine e greggi ovine e di tutti coloro che se ne sono presi cura nei mesi estivi, anche per quanto riguarda valli come l’Arnhtal-Aurina e la Gsiesertal-Casies con rientro nelle stalle. Innanzitutto sono preparate delle vere e proprie corone per le vacche, decorazioni fatte intrecciando ramoscelli e prevalentemente bacche di colore rosso come quelle dell'uva ursina insieme ad altre erbe e fiori; se durante la stagione estiva non è successo nessun problema e tutto è andato come doveva andare, circa un chilometro prima dell'arrivo la mucca capofila (talvolta anche più di una) detta la Kranzkhu-vacca dalla ghirlanda o Moarkhu- mucca capo o anche Prodlerin verrà abbellita con l’ornamento preparato precedentemente, pronta a rientrare nella sua comunità di appartenenza. Mentre a valle le famiglie si apprestano a ricevere il festoso corteo che magari ha dovuto anche percorrere due giorni di viaggio, come quando si rientra dagli Hohe Tauern-Alti Tauri austriaci per esempio. La mucca guidaiola con il suo malgaro tracciano il sentiero che gli altri animali seguiranno, mucche e i vitelli, se troppo piccoli per coprire il percorso di rientro vengono portati a valle su trattori, seguono poi vitelloni, tori, pecore, capre, cavalli. La Kranzkhu è riconosciuta come l'animale che ha prodotto più latte e per essere la più bella della mandria (vi è un apposito registro per questo dove ogni giorno viene segnata la produzione al fine di monitorare quantità e qualità del latte), viene onorata per tutto questo portando in testa la ghirlanda precedentemente assemblata a cui vengono aggiunti nastri, lustrini, specchietti, perline di vetro, pigne,piume. E’ agghindata e coloratissima quando rientra nella sua residenza invernale, la stalla di valle, fra applausi e musiche che si protraggono per l’intera giornata oltre alla condivisione di prelibatezze locali, fra cui la frittella piatta e salata dalle grandi dimensioni di un palmo di mano, ripiena di ricotta, spinaci, o crauti; è tipica della Pustertal-Val Pusteria, ed è chiamata Tirtlan generalmente viene servita insieme alla Gerstensuppe-minestra d’orzo.

Al collo ogni mucca ha un grosso campanaccio, e mentre l’utilizzo della corona appartiene al secolo XVIII e XIX, i primi  campanacci per bestiame risalgono, come attestato da documenti archeologici alla preistoria. L’ornamento floreale in tempi passati divenne non solo l’abbellimento per i propri capi di bestiame ma anche la rappresentazione di uno status sociale e soprattutto economico, in quanto alcune decorazioni costarono ingenti somme, talvolta anche più di un vacca. Giunti a valle comunque la corona viene tolta, verrà appesa nella stube della casa del malgaro. Una particolarità è rappresentata dagli specchietti presenti sulla corona, che servono ad allontanare eventuali entità che possano rendere la mucca più produttiva invece arida di latte. Inoltre se durante i mesi estivi uno dei padroni più anziani del maso è morto, l’addobbo vedrà, anche in segno di compartecipazione, l’aggiunta di un velo nero in foggia di lutto, vissuto e condiviso anche dal bestiame, rendendolo a pieno titolo parte della famiglia e della collettività.


Tutto questo evidenzia come il rapporto fra l’essere umano e l’animale sia antico e fatto di imprese ardue come il passaggio dai ghiacciai, un legame arcaico e potente, nella condivisione di insidie, e del suo fascino che oggi come allora si ripete nel lento movimento di un filo ideale, che nel paesaggio montano tesse anno dopo anno una tradizione continua che scandisce la ciclicità del tempo degli alpeggi, una tradizione protetta dalle stesse montagne che assistono ogni estate a questo passaggio rituale che segna la stagionalità, che permette ancora oggi come in un tempo molto lontano la vita in quota, dove la neve ed il ghiaccio coprono il territorio per la maggior parte dell’anno, uno scambio che ancora significa sopravvivenza.







Note :
1)    ‘Un uomo senza grembiule blu è vestito a metà’ questo detto spiega brevemente quanto sia importante nell’abbigliamento contadino in grembiule blu, tanto che il primo giorno di scuola viene regalato il primo ai bambini. La tonalità varia così come il nome che è tipico per ogni valle. Prima del 1880 il grembiule da lavoro era di colore bianco ma per distinguere i giorni festivi da quelli lavorativi si optò per la scelta di variare in blu il capo di abbigliamento che già contestualizzava la classe lavoratrice. Può essere senza pettorina come nelle valli ladine o con pettorina come in Pustertal-Pusteria, il cui colore è in un blu cobalto, spesso ornato da fiori, scritte ricamate o disegni. Il grembiule con pettorina viene definito ‘alla tedesca’ ed in Vinschgau-Val Venosta viene indossato solo fino a Burgeis-Burgusio oltre in direzione Svizzera ed Austria il grembiule è sostituito da una camicia da lavoro anch’essa blu e anch’essa di origine germanica.








Immagini

Tratte dal Web

*1,2 ©Valsenales.com
*3 Byalfred.net
*4 Kronplatz.com
*5 Alto Adige 7 Settembre 2018


Didascalia

*1,2,3,6 Transumanza in Schnalstal-Val Senales
*4 Transumanza in Gsiesertal-Val di Casies
*5  Transumanza in Sudtirolo



Bibliografia

*Brunamaria Dal Lago Veneri Alto Adige Terra di feste, riti e tradizioni  Giunti 2002 Pag. 45,46,57

*Guido Mangold-Hans Grießmair Usi e costumi del Sudtirolo Athesia 2001 Pag. 220,221,222,223,224,225

*AA. VV. Alto Adige, Val Pusteria e Val Venosta un oriente e un occidente a confronto Giunti 2009 Pag.82,83,84,85,86,87


Sitografia

*Mio articolo 2018 Roghi Votivi . Il Sonnenburger Kopf , il colle fra ritualità e celebrazioni. https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2018/04/roghi-votivi-il-sonnenburger-kopf-il.html

* www.unesco.at

* www.merano-suedtirol.it

* www.journals.plose.org

* www.nationalgeographic.it

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