Dalla fine di agosto ad ottobre, si svolgono nelle
vallate tutta una serie di manifestazioni che sono legate ad un evento che si
ripete uguale da secoli, la transumanza. In alcuni casi è ripercorrere gli stessi
sentieri con le stesse cadenze, da un tempo preistorico, come nel caso di
quella che ha luogo nella Schnalstal-Val Senales diretta verso le Alpi tirolesi
dell'Ötztal. Il passaggio che transita lungo tre dorsali, quella del
Timmelsjoch–Passo Rombo (2494 m.) l’Hochjoch (2885 m.) ed infine il Niederjoch-Giogo
Basso (3017 m.) è considerata l’unica transumanza transfrontaliera e transglaciale
del territorio alpino, sino al 1963 fu anche in uso il Gurgler Eisjoch (3252
m.). Ogni anno i mandriani con indosso il tipico grembiule tirolese blu(1), si
apprestano a scortare i loro animali verso le maghe, ogni anno alla lunga ed
impegnativa marcia partecipano circa 4000 pecore (sino a solo pochi anni fa
erano 5000-5500) e 300 capre accompagnate da alcune decine di giovani pastori e
pastore, che conducono i loro capi di bestiame a passare la stagione estiva agli
alpeggi fra le vette più elevate. La monticazione, cioè il momento della salita
all’alpeggio in generale si svolge in concomitanza di date ben precise come il
15 giugno (San Vito), ed è la fase più difficile, in quanto sui crinali ancora
candidi dalle precipitazioni invernali, il terreno è reso scivoloso dalla neve
presente ed a questo rischio si aggiungono canali rocciosi stretti e ricoperti
di ghiaccio. Cronache passate del resto ci illustrano molto bene, come da
sempre questi passaggi abbiano rappresentato un altissimo rischio per animali e
uomini. Vi sono storie di assideramento come quella del 1744 in cui cinque
pastori e circa 100 pecore perirono sul ghiacciaio, o una più recente e datata
1979 nella quale una cinquantina di pecore morirono travolte da una slavina in Tisental-Val
di Tisa; oppure andando a ritroso nei secoli troviamo una storia dal lieto
fine, datata 1694, la cui narrazione è rappresentata in un ex voto della chiesa
parrocchiale di Unser Frau-Madonna di Senales nell’omonima valle e che racconta
della caduta di un pastore, Georg Kofler, in un crepaccio e della sua richiesta
di salvarsi alla Madonna; il pastore fu aiutato dai colleghi con corde che gli
permisero di riemergere dalle pareti rocciose fra le quali era caduto ed
esaudito dalla Vergine secondo la rappresentazione dell’ex voto in cui la scena
è accompagnata dalla manifestazione della Madonna in risposta alla supplica di
salvezza. In quella stessa chiesa ogni anno viene celebrata una messa con l’intento
di proteggere pastori e bestiame lungo l’impervio tragitto che li attende. La
fase più semplice, invece, è quella della demonticazione, cioé del ritorno,
quando greggi e uomini vengono attesi nelle località di Kurzras-Maso Corto
(2000 m.) e Vernagt-Vernago (1700 m.) fra musiche e allegra convivialità, uno dei
piatti tipici è costituito dalla Schnalser Nudeln, la pasta ottenuta con il
torchio presente solo qui e condita con ragù di pecora. Questa tradizione ha
sviluppato e mantenuto nei millenni relazioni familiari, sociali e culturali,
permettendo ad antiche usanze e riti di rimanere vivi nel tempo, sebbene vestiti di religiosità diverse, che si
sono succedute nei secoli. E’ oramai comprovato che il passaggio tra i
ghiacciai per giungere agli alpeggi più alti ha radice preistorica ed è vecchio
di 6000 anni. La transumanza assume così i toni di un punto d’incontro nella vita della comunità montana. Dal 2011 questa attività in quanto così antica e
particolare visti i 44 chilometri che la connotano, percorsi in due giorni, con
i rischi che vengono resi maggiori proprio dalla presenza dei ghiacciai ha
ottenuto il riconoscimento Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale.
Che l’allevamento sia attività antichissima e necessaria
alla sopravvivenza è notizia confermata anche da recenti ritrovamenti che
riguardano la scoperta che l’attività e la produzione lattiero casearia, nel
bacino mediterraneo è molto più antica di quanto non si pensasse. Rinvenimenti,
situati sulla costa dalmata della Croazia, all’interno di due villaggi
neolitici, indicano residui lattei in contenitori di ceramica, che collocano in
un’epoca temporale di gran lunga antecedente a quella che si conosceva per
certa, come tempo in cui si cominciò l’uso del latte e dei latticini. La
mungitura di animali iniziò nell’8500 a.C. circa, quando iniziò la
domesticazione, in tal senso abbiamo evidenze nell’attuale Turchia
nord-occidentale. A questo potrebbe essere seguita la produzione dei primi
latticini. La nuova scoperta croata, collocherebbe la produzione casearia mediterranea
antecedente il 5000 a.C. all’inizio dell’Età del Bronzo. La produzione di
derivati del latte si sarebbe inserita in una dieta che richiedeva maggiori
nutrienti tanto quanto la riduzione della mortalità infantile, favorendo
variazioni di tipo demografico e fisico. Questo ultimo studio va a sommarsi e
compararsi con uno fatto nel 2012 che confermò come in Polonia, si produsse
formaggio almeno 7000 anni fa. Questi studi ci mostrano come gli animali da
latte furono sin da millenni passati, una grande fonte di sostentamento, e come
abbiano potuto inserirsi le migrazioni verso gli alpeggi estivi già in epoche
remote. Sebbene l’area corrispondente all’attuale Sudtirolo fu abitata da genti
diverse: Celti, Reti, Germani, Slavi, seppur con culture diverse, furono
accomunati da forti similitudini nelle attrezzature come nelle modalità di
lavoro, nelle strutture abitative quanto nel modo di vivere. Questo ci fa
pensare a una società tanto eterogenea quanto unitaria per certi, importanti
aspetti. Lo sfruttamento dei pascoli è antico quanto il primo insediamento. Lo
stretto rapporto uomo-animale da pascolo, in questo caso ovino, è sì legato
alla produzione di latte e derivati, ma anche ad una produzione a queste quote
fondamentale tanto quanto i prodotti caseari, quella della lana e dei suoi
manufatti. Le pecore vengono tosate ancora oggi due volte l’anno e le forbici
che si utilizzano sono identiche a quelle di periodo romano se non precedente.
La produzione di questo filato pregiato, era ed è fondamentale per inverni
estremamente rigidi. Oggi come millenni fa il tessuto più rinomato è il loden.
Utilizzato già da Celti e Reti che ne apprezzavano la grande capacità di riparare
dal gelo e dal fuoco, ne fu riconosciuta la capacità protettiva anche in epoche
successive, quando si sapeva che la lunga fase produttiva, che contempla ben
cinquanta passaggi, era a atta a creare capi che difendessero non solo dalle
intemperie anche più estreme, ma che sarebbero durati una vita. Nel Medioevo
(XIII secolo) addirittura si lasciavano in eredità tessuti in loden. E più
tardi, lo stesso imperatore Francesco Giuseppe mostrò di amare questo tessuto
nelle sue battute di caccia e lo stesso apprezzamento manifestò l’imperatrice
Sissi. Questo permise la diffusione dal ceto rurale alpino alla borghesia e
all’aristocrazia, rendendo questo tessuto da rustico a ricercato. Ma il legame
con le pecore rappresentava qualcosa di talmente importante che includeva anche
l’offerta alle divinità. Sul colle del Ganglegg presso Schluderns-Sluderno in Vinschgau-Val
Venosta e su quello di San Giorgio presso Kortsch–Corces frazione di Schlanders-Silandro
fra le varie offerte sono state anche trovate forbici da tosatura e fusi, la
tessitura del resto fin dalle culture più antiche era legata al sacro ed a
determinate Divinità, inoltre il latte ricordiamo
che era parte delle offerte alla cavità detta bothros che permetteva il versamento
di liquidi e miele in onore di antenati e Dei (si legga in merito il mio articolo
2018 Roghi votivi. Il Sonnenburger Kopf, il
colle fra ritualità e celebrazioni) . Questo sottolinea come il rapporto uomo-animale
fosse sacro in ogni passaggio, dalla nascita alla morte o all’offerta cultuale
e che millenni fa era considerato non un semplice capo di bestiame ma parte
della comunità, esattamente come oggi.
Se ad ovest della Provincia la demonticazione più
importante per numero di capi e più famosa è quella degli ovini ad est è quella
bovina, che nella transumanza segue comunque le stesse regole, con monticazione
che può avvenire in tre date concomitanti con le feste di San Vito come abbiamo
già visto più sopra, San Giovanni Battista (24 giugno) o al più tardi nella
data dei Santi Pietro e Paolo (30 giugno). Le malghe in quota hanno mantenuto
aspetto e forma delle abitazioni più remote con fuoco aperto, per lunghissimo
tempo. Solo in anni recenti si è ricorso alla creazione di vie transitabili con
mezzi motorizzati o allacciamenti alla rete elettrica. La demonticazione inizia
a San Bartolomeo (24 agosto), quando la prima neve fa la sua comparsa, come
dice anche il detto ‘per San Bartolomeo sovente, la neve sui passi è imminente’.
Altre date utili alla discesa degli animali più a valle sono il giorno della
Natività di Maria (8 settembre), il Giorno dell’Esaltazione della Croce (14
settembre) o all’equinozio (23 settembre), al più tardi per San Michele (29
settembre). Le date furono e sono quasi sempre rispettate a meno che condizioni
avverse del clima non obblighino diversamente. Prima della partenza dopo la
lunga permanenza in quota, si sistema la malga, si ripongono gli attrezzi, si
sparge il letame sul territorio circostante e soprattutto si preparano gli
ornamenti per gli animali, l’ultima cena la deve preparare il margaro con
gnocchetti di farina di frumento fritti nel burro. Intanto a valle fervono i
preparativi che accoglieranno di nuovo a casa ed in famiglia animali e pastori.
Le date variano leggermente invece per le malghe più
basse, nelle quali si producono anche latticini e dalle quali si torna la
domenica del Rosario (la prima di ottobre) o al massimo il sabato successivo.
Le date in linea di massima vengono rispettate a meno che avverse condizioni
meteorologiche non richiedano di scendere anticipatamente. Comunque il rientro
da un alpeggio contempla tutta una serie di usanze ben precise che vengono rispettate
e tramandate ancora. La migrazione dagli alti pascoli è un'attività
che coinvolge sia chi la vive in prima persona attraverso la discesa dalle cime
della montagna fino al maso o alla stalla posta più a valle, sia le famiglie pronte
ad attendere ed a festeggiare il ritorno di mandrie bovine e greggi ovine e di
tutti coloro che se ne sono presi cura nei mesi estivi, anche per quanto
riguarda valli come l’Arnhtal-Aurina e la Gsiesertal-Casies con rientro nelle
stalle. Innanzitutto sono preparate delle vere e proprie corone per le vacche, decorazioni
fatte intrecciando ramoscelli e prevalentemente bacche di colore rosso come
quelle dell'uva ursina insieme ad altre erbe e fiori; se durante la stagione
estiva non è successo nessun problema e tutto è andato come doveva andare,
circa un chilometro prima dell'arrivo la mucca capofila (talvolta anche più di
una) detta la Kranzkhu-vacca dalla
ghirlanda o Moarkhu- mucca capo o
anche Prodlerin verrà abbellita con l’ornamento preparato precedentemente, pronta
a rientrare nella sua comunità di appartenenza. Mentre a valle le famiglie si
apprestano a ricevere il festoso corteo che magari ha dovuto anche percorrere
due giorni di viaggio, come quando si rientra dagli Hohe Tauern-Alti Tauri
austriaci per esempio. La mucca guidaiola con il suo malgaro tracciano il
sentiero che gli altri animali seguiranno, mucche e i vitelli, se troppo
piccoli per coprire il percorso di rientro vengono portati a valle su trattori,
seguono poi vitelloni, tori, pecore, capre, cavalli. La Kranzkhu è riconosciuta come l'animale che ha prodotto più latte e
per essere la più bella della mandria (vi è un apposito registro per questo
dove ogni giorno viene segnata la produzione al fine di monitorare quantità e
qualità del latte), viene onorata per tutto questo portando in testa la
ghirlanda precedentemente assemblata a cui vengono aggiunti nastri, lustrini,
specchietti, perline di vetro, pigne,piume. E’ agghindata e coloratissima quando
rientra nella sua residenza invernale, la stalla di valle, fra applausi e
musiche che si protraggono per l’intera giornata oltre alla condivisione di
prelibatezze locali, fra cui la frittella piatta e salata dalle grandi
dimensioni di un palmo di mano, ripiena di ricotta, spinaci, o crauti; è tipica
della Pustertal-Val Pusteria, ed è chiamata Tirtlan generalmente viene servita
insieme alla Gerstensuppe-minestra d’orzo.
Al collo ogni mucca ha un grosso campanaccio, e mentre
l’utilizzo della corona appartiene al secolo XVIII e XIX, i primi campanacci per bestiame risalgono, come
attestato da documenti archeologici alla preistoria. L’ornamento floreale in
tempi passati divenne non solo l’abbellimento per i propri capi di bestiame ma
anche la rappresentazione di uno status sociale e soprattutto economico, in
quanto alcune decorazioni costarono ingenti somme, talvolta anche
più di un vacca. Giunti a valle comunque la corona viene tolta, verrà appesa
nella stube della casa del malgaro. Una particolarità è rappresentata dagli
specchietti presenti sulla corona, che servono ad allontanare eventuali entità
che possano rendere la mucca più produttiva invece arida di latte. Inoltre se
durante i mesi estivi uno dei padroni più anziani del maso è morto, l’addobbo
vedrà, anche in segno di compartecipazione, l’aggiunta di un velo nero in
foggia di lutto, vissuto e condiviso anche dal bestiame, rendendolo a pieno
titolo parte della famiglia e della collettività.
Tutto questo evidenzia come il rapporto fra l’essere
umano e l’animale sia antico e fatto di imprese ardue come il passaggio dai
ghiacciai, un legame arcaico e potente, nella condivisione di insidie, e del suo
fascino che oggi come allora si ripete nel lento movimento di un filo ideale,
che nel paesaggio montano tesse anno dopo anno una tradizione continua che
scandisce la ciclicità del tempo degli alpeggi, una tradizione protetta dalle
stesse montagne che assistono ogni estate a questo passaggio rituale che segna
la stagionalità, che permette ancora oggi come in un tempo molto lontano la
vita in quota, dove la neve ed il ghiaccio coprono il territorio per la maggior
parte dell’anno, uno scambio che ancora significa sopravvivenza.
Note :
1)
‘Un uomo senza grembiule blu è vestito a
metà’ questo detto spiega brevemente quanto sia importante nell’abbigliamento
contadino in grembiule blu, tanto che il primo giorno di scuola viene regalato
il primo ai bambini. La tonalità varia così come il nome che è tipico per ogni
valle. Prima del 1880 il grembiule da lavoro era di colore bianco ma per
distinguere i giorni festivi da quelli lavorativi si optò per la scelta di
variare in blu il capo di abbigliamento che già contestualizzava la classe
lavoratrice. Può essere senza pettorina come nelle valli ladine o con pettorina
come in Pustertal-Pusteria, il cui colore è in un blu cobalto, spesso ornato da
fiori, scritte ricamate o disegni. Il grembiule con pettorina viene definito
‘alla tedesca’ ed in Vinschgau-Val Venosta viene indossato solo fino a
Burgeis-Burgusio oltre in direzione Svizzera ed Austria il grembiule è
sostituito da una camicia da lavoro anch’essa blu e anch’essa di origine
germanica.
Immagini
Tratte dal Web
*1,2 ©Valsenales.com
*3 Byalfred.net
*4 Kronplatz.com
*5 Alto Adige 7 Settembre 2018
Didascalia
*1,2,3,6 Transumanza in Schnalstal-Val Senales
*4 Transumanza in Gsiesertal-Val di Casies
*5
Transumanza in Sudtirolo
Bibliografia
*Brunamaria Dal Lago Veneri Alto Adige Terra di feste,
riti e tradizioni Giunti 2002 Pag. 45,46,57
*Guido Mangold-Hans Grießmair Usi e costumi del
Sudtirolo Athesia
2001 Pag. 220,221,222,223,224,225
*AA. VV. Alto Adige, Val Pusteria e Val Venosta un
oriente e un occidente a confronto Giunti
2009 Pag.82,83,84,85,86,87
Sitografia
*Mio articolo 2018 Roghi Votivi . Il Sonnenburger Kopf
, il colle fra ritualità e celebrazioni. https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2018/04/roghi-votivi-il-sonnenburger-kopf-il.html
* www.unesco.at
* www.merano-suedtirol.it
* www.journals.plose.org
* www.nationalgeographic.it
Nessun commento:
Posta un commento