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lunedì 18 febbraio 2019

La serpe bianca





Ogni giorno lo stesso rituale, si svolgeva da sempre, nella sala da pranzo di un ricco e saggio signore. Al termine di ogni pasto, il padrone di casa si faceva portare, dal suo servitore più fedele, che veniva subito congedato affinché l’uomo rimanesse solo, un piatto di portata con tanto di campana a coprirlo. Guardingo il sovrano tagliava un boccone di cibo da sotto la cloche e lo portava alla bocca, nessuno sapeva cosa fosse e questo insospettiva tutti. Un giorno quando il servo personale del re fu richiamato a portare via il piatto di portata non seppe resistere, di nascosto lo portò nella propria stanza ed alzo il coperchio. L’uomo ebbe un sobbalzo di fronte a ciò che c’era sotto la cloche, una serpe, il piatto conteneva una serpe bianca. Fu incontenibile l’appetito che gli venne a quella vista, tanto che pensò di fare come il suo padrone, ne tagliò un pezzetto e lo mangiò. Appena la carne di quel serpente sfiorò le sue labbra, il servitore percepì cosa si dicevano gli uccelli fuori dalla finestra, così realizzò che aveva iniziato a capire il linguaggio degli animali.
Ma quello stesso giorno di meraviglia fu anche di tristezza. La regina perse uno dei suoi gioielli più importanti: uno stupendo anello ed il sospetto che attanagliò subito tutti ricadde sul servo più vicino ai sovrani. Il re lo fece subito chiamare, e con tono intimidatorio gli disse che se entro quel giorno non avesse rivelato chi fosse stato il ladro, sarebbe stato condannato.
Il servo in preda all’inquietudine più profonda, uscì in cortile e nei pressi di un ruscello ascoltò il dialogo di due anatre che chiacchieravano in un momento di riposo dalle loro nuotate nel rio. Una delle due disse “Ho un peso sullo stomaco, ho inghiottito il grosso anello della regina.” L’uomo a quella parole la afferrò per il collo e la portò subito nella cucina del castello, imponendo al cuoco di decapitarla prima di altri animali, visto che ben si prestava ad essere cucinata dato che era ben grassa.
Appena le fu aperto lo stomaco, l’anatra rivelò al suo interno l’anello della regina, che fu subito portato al marito. Il sovrano ne fu talmente felice, che per farsi perdonare del comportamento avuto solo poco prima nei confronti del servitore gli disse: “Chiedi cosa desideri, quale carica vorresti e che ti renderebbe felice a corte”. Ma il servitore non chiese nulla di ciò che il re gli aveva offerto, chiese invece un cavallo e del denaro, lui voleva girare il mondo.
Così se ne andò dal castello ed iniziò a girovagare per il mondo con il suo stallone. Ben presto si imbatté in tre pesci che boccheggiavano fuori dall’acqua poiché si erano impigliati in alcuni giunchi, e lamentavano che presto sarebbero morti. Così il servitore, oramai divenuto un uomo libero, capendo perfettamente le loro parole li soccorse rimettendoli in acqua. I pesci riconoscenti lo ringraziarono dicendogli “Ti ricorderemo e ti ricompenseremo!”.
Proseguì il suo viaggio e da lì a poco sentì il re delle formiche dire “Se quest’uomo stesse lontano da noi con la sua bestia, non morirebbero così tante formiche!” L’uomo guardò quindi per terra e vide che il suo cavallo stava affondando gli zoccoli in un formicaio, così lo allontanò subito da lì. Il re felice della scelta a dimostrazione del buon cuore dell’uomo lo ringraziò subito dicendogli esattamente come poco prima i pesci “Ti ricorderemo e ti ricompenseremo!”.
Sempre lungo il cammino si addentrò in un bosco, sopra un albero vide due corvi, madre e padre, che avevano fatto il nido fra quei rami e che da quelli cercavano di buttare giù i loro piccoli “Siete grandi abbastanza per procurarvi il cibo da soli”, ma i piccoli pur cercando di spiccare il volo sbattendo le loro piccole ali li imploravano “Questa è la nostra condanna a morte, non siamo in grado di badare a noi stessi da soli, non siamo ancora in grado di volare.” L’uomo a quella scena, scese da cavallo, estrasse la sua spada ed uccise l’animale per fornire cibo ai piccoli corvi, che saltellando gli andarono incontro intonando in coro, dopo essersi cibati, il loro ringraziamento, esattamente come nelle due volte precedenti che l’uomo era stato di aiuto, e così ancora una volta si sentì dire “Ti ricorderemo e ti ricompenseremo!”.
Il viaggio continuò, questa volta a piedi, e arrivò in una grande città. Si imbatté subito in un uomo a cavallo che cercava il pretendente giusto per la principessa di quel luogo. Ma chi si candidava doveva avere un bel coraggio, poiché avrebbe dovuto eseguire un compito che la principessa avrebbe assegnato, per ottenerne la mano, e se non vi fosse riuscito avrebbe perso la vita.
Nessuno voleva presentarsi, troppi avevano già perso la vita, e questa notizia si era sparsa per la città. L’uomo, invece pensò che non aveva nulla da perdere e si presentò al cospetto del re e della principessa come pretendente e subito gli venne assegnata la prova. Fu portato di fronte al mare, di fronte al quale fra le onde fu gettato un anello della principessa, che l’uomo avrebbe dovuto riportarle. Se fosse riemerso dalle acque senza anello, gli dissero, che lo avrebbero ributtato in acqua per affogarlo, quindi fu lasciato solo.
Mentre pensava a come poter recuperare l’anello, vide avvicinarsi i tre pesci che aveva salvato qualche giorno prima. Il pesce che viaggiava in mezzo, aveva in bocca una conchiglia, la depose ai piedi dell’uomo, che quando ne esplorò il contenuto vide che era l’anello della principessa.
L’uomo felice, si recò a palazzo e riportò l’anello alla principessa reclamandola come sposa, ma la giovane quando scoprì che lui non era un principe si negò e scappò in giardino, prese dieci sacchi pieni di miglio, e li rovesciò sull’erba poi si rivolse all’uomo e gli disse “Se vorrai davvero sposarmi, dovrai mostrarmi il tuo valore. Entro domattina dovrai aver raccolto tutti i chicchi di miglio che vedi, non deve mancarne nemmeno uno.” Detto questo si allontanò.
Come avrebbe fatto in quell’impresa che si manifestava ben più impegnativa dell’altra, ai limiti dell’impossibile, se non fosse stato per il re delle formiche che seguito da migliaia di formiche, lavorarono alacremente tutta la notte per riempire i dieci sacchi.
Ma la mattina, la principessa pur vedendo che i dieci sacchi erano stati tutti riempiti, non fu ancora soddisfatta e sottopose l’uomo ad una terza prova, doveva portarle una mela dall’albero della vita.
I corvi che aveva aiutato, non solo si erano salvati ma erano cresciuti ed ora erano in grado di volare alti e percorrere distanze inimmaginabili, fu così che uno di loro torno con nel becco una mela del mitico albero e la posò fra le mani dell’uomo che la offrì alla principessa, la quale a quel punto, dopo aver messo alla prova l’uomo con prove tanto ardue, acconsentì a sposarlo.
Alla morte del re, il giovane ne conquistò la corona che condivise con la moglie in anni di regno saggio e felice.


Note:

La Fiaba Grimm è la numero 17 sia nella prima versione delle Fiabe degli autori, datata 1812-1815  e che compare con il titolo Il serpente bianco,  che nella versione edita nel 1936 e rinarrata nel 2010 della Professoressa Dal Lago Veneri con la variante in La serpe bianca.

Il colore bianco accomuna molti racconti celto-germanici la cui protagonista è sempre una biscia, serpente o serpe, rendendo quindi narrazioni apparentemente lontane, affini a partire dal titolo e dal concetto centrale da cui si sviluppa la narrazione. Inoltre il serpente che dona conoscenza e facoltà magiche, dopo averne mangiato la carne, viene introdotto in questo racconto mutuandolo chiaramente da animali leggendario-mitologici come l’Haselwurm.


Una leggenda del tutto similare alla narrazione dell’Haselwurm è la leggenda inglese di probabile origine celtica di Farqhar. Narra appunto di un uomo che su indirizzo del proprio medico catturò e mangiò un serpente bianco, ma non uno qualunque bensì uno che abitasse fra le profonde radici di un albero di nocciolo. L’uomo riuscì nell’impresa e dopo averlo catturato e cucinato su un fuoco alimentato da rami dello stesso albero sacro, se ne cibò, acquisendo  cultura, conoscenza e coscienza infinita, divenendo lui stesso un medico di grande fama.






Immagine

*weheartit.com
 

Bibliografia

*Jacob e Wilhelm Grimm – Tutte le fiabe. Prima edizione integrale 1812-1815 a cura di Camilla Miglio- Donzelli Editore, 2015 

*Grimm - Tutte le Fiabe, a cura di Brunamaria Dal Lago Veneri Newton Compton Editori, 2010 

*Alberto Cattabiani Florario Mondadori 2017



Sitografia

Mio articolo 2019 

*Haselwurm, il Serpente del Nocciolo







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