Follower

sabato 23 novembre 2019

La Wilwis, la Veggente della radura dell'Hexenbödele (Langstein — Longostagno, BZ)





L'Hexenbödele è una radura nell'abitato di Langstein—Longostagno, da tempo immemore quel luogo è da sempre noto alla popolazione locale. Gli alti larici che lo abitano fungono da corona ad uno di essi di maggiori dimensioni, un albero che da sempre ispira grande rispetto agli abitanti del luogo, poiché quell'albero è la dimora della Wilwis

La Wilwis è anziana, molto anziana, incurvata dal passare del tempo. È una donna piccola, dai capelli color cenere, e la gente spesso la chiama strega. Non pensate, però, che sia cattiva: al contrario, le sue frasi, spesso espresse in rima o come proverbi, hanno sempre rappresentato una risposta alle questioni più disparate, sebbene quelle parole trovino il loro vero significato solo con il passare del tempo, per chi le ascolta. Lei vive della Conoscenza che non appartiene al Tempo: ha nozione di ciò che tutti chiamano passato e futuro. E quando un argomento richiede un approfondimento, consulta un grande volume, un libro magico.

Rispettata e temuta, i suoi sussurri, è vero, offrono risposte — quelle risposte che molti affermano di desiderare ardentemente. Tuttavia, quelle stesse risposte sono accolte con timore, poiché tutti sanno che le sue visioni si avverano sempre.

Il suo magico libro è nascosto tra le radici del grande larice che la ospita, e Lei non esita a sfogliarne le pagine ogni volta che se ne presenti il bisogno. Ma talvolta è accaduto che qualcuno le chiedesse da dove nascesse il mondo o quale ne fosse l'origine. Allora, con voce calma e profonda, ha spiegato:
"Vi furono Giganti che si presero cura di me fin dalla mia nascita. Conosco Nove Case, Nove Mondi e un Albero del Mondo, le cui radici affondano più in profondità di quanto chiunque possa immaginare. Alla fonte, sotto quelle radici, vivono Tre Donne: Colei che conosce ciò che fu, Colei che conosce ciò che è, e Colei che conosce ciò che sarà."

In inverno, la si può scorgere emergere dalla bruma del bosco, nelle giornate di ghiaccio pungente. In quei giorni di freddo intenso, al suo fidato larice preferisce le case altrui, e in particolare la Stube, tutta rivestita in legno. Quel luogo le ricorda la sua casa—albero, dall'odore resinoso a Lei tanto familiare, reso ancor più vivo dal calore del fuoco acceso. Arriva senza preavviso, quando nessuno se lo aspetta, e con la stessa imprevedibilità può svanire, tornando da dove è venuta.

Ma è di fronte alla brace, ipnotizzata dal movimento sinuoso del fuoco, che le sue parole sembrano danzare nella mente di chi l’ascolta. Si trattiene a lungo, farfugliando vocaboli in rima, spesso simili a indovinelli, gettati lì come per ingannare il passare delle ore. Eppure, quelle parole hanno una strana forza: si insinuano in chi le ascolta, e arriva sempre il momento in cui si trasformano in realtà vissuta, come un destino che prende forma.

In passato, accadeva talvolta che la padrona di casa le offrisse un piatto di minestra, un gesto che Lei accoglieva con genuina gratitudine. Ma col passare del tempo, quella presenza, un tempo benvoluta come portatrice di messaggi provenienti dai confini del mondo visibile, iniziò a diventare scomoda, persino invisa al villaggio.

Una mattina, dopo giorni passati nella Stube di un maso, dove sembrava essersi stabilita senza alcuna intenzione di andarsene, i bambini della famiglia, nel tentativo di stupirla e forse spingerla ad allontanarsi, presero dei gusci di uova bianche e li posarono sulla stufa.

Quando la vecchia Wilwis vide ciò, scuoté la testa e disse:

"Sono 'Colei che vede' 

Abito queste Montagne prima di ogni altro Spirito

Ho scorto ed udito cose che nessuno conosce

Nove volte bosco e nove volte prato

Lo Schlern come una noce

Il Rotwand come la mano di un bambino

Il Tschagerjoch come una gemma

Ma mai un focolare pieno di gusci di uova"

Da quel momento, si allontanò dalla casa, e nessuno mai più la vide nella radura dell'Hexenbödele.



Note

Attraverso questa lettura della leggenda della Willeweiß, scopriamo che i Germani la chiamavano Wilwis. Qui, l'antica figura assume i tratti della Veggente per antonomasia dei Popoli del Nord, Colei che vede, a cui è dedicato l'intenso volumetto della Vǫluspà.

La narrazione vuole che l’Antica Profetessa delle Montagne, quando il bel tempo la conduce a dimorare tra i rami del larice più possente nella radura dell’Hexenbödele, consulti un libro di Conoscenza che attinge da un non-Tempo. Nello scritto della Vǫluspà, la stessa Veggente, chiamata in Norreno Vǫlva, è essa stessa Conoscenza: Lei che sa del passato e del futuro, poiché custodisce in sé, simultaneamente, memoria ancestrale e visione profetica.

Nella reinterpretazione locale, l'Yggdrasil, il maestoso frassino cosmico della mitologia nordica, lascia il posto a un larice autoctono. Allo stesso modo, le Tre Norne, custodi del destino, trovano una nuova forma narrativa: tre donne misteriose, non esplicitamente definite, che vivono presso le radici del larice nella radura, legate al filo del tempo.

Un altro elemento ricorrente in tutte le versioni della Willeweiß è l’uso di un linguaggio criptico, che richiama l’ermetismo della Vǫlva della Vǫluspà.

La storia culmina in un epilogo che accomuna ogni variante fin qui esplorata. La Veggente delle Alpi scompare, invisibile agli occhi degli uomini. Presenza antica e venerata per millenni, legata alle comunità di queste montagne, diventa infine una figura scomoda, forse per il peso di una cultura emergente che la esclude. Ma la sua scomparsa non è definitiva: la Veggente è un’entità fuori dal Tempo, che trascende le dimensioni del Vivere e del Morire, un simbolo che persiste oltre il visibile.






Immagine

*La Sorcière 1835, Jacques-Raymond Brascassat, Musée des Augustins Toulouse

Bibliografia

*Geshleier Kathrin, Meine Südtiroler Sagenwelt. Ein Sagenbuch für die ganze Familie, Verlag A. Weger 2019

*Polia Mario, Vǫluspà "I detti di colei che vede", Ed. Il Cerchio-Il Corallo 1983

*Meli Marcello, Vǫluspà. Un'apocalisse norrena, Carrocci Editore 2008

Sitografia

*Cfr. La Willeweiß, l'Antica Signora delle Profezie delle montagne (Schlern-Rosengarten/Sciliar-Catinaccio BZ)

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2017/12/la-willewei-lantica-signora-delle.html

*Cfr. La Vecchia dei boschi dell'Oberpurstein (Tauferertal-Valle di Tures BZ)

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2019/11/la-vecchia-dei-boschi-delloberpurstein.html

domenica 10 novembre 2019

La Vecchia dei Boschi dell'Oberpurstein (Tauferertal — Valle di Tures, BZ)





Si percorre un ripido versante della montagna per arrivare all'Oberpursteinhof, luogo da cui si gode da sempre una splendida vista sulla valle sottostante. Un autunno come tanti, molto, molto tempo fa, al calare del sole, mentre l'aria fuori era già fredda e le nuvole si stavano abbassando a cingere la montagna, nella piccola borgata comparve Lei. 

Nessuno l'aveva mai vista prima, e non si conosceva l'esatta provenienza di quella figura. Era vecchia, vecchissima, e per alcuni aveva addirittura millenni. La sua presenza era inquietante: il viso, segnato da un pallore mortale, sembrava raccontare storie di tempi remoti. Il gelo del bosco, da cui sembrava sorgere, pareva permeare il suo corpo. 

Quando arrivava al maso, entrava nella Stube senza dire una parola, si sedeva di fronte al fuoco e si lasciava avvolgere dal calore. Il crepitio dei ciocchi di abete che ardevano nel focolare accompagnava il suo sguardo fisso, perso nelle fiamme. Era come se si nutrisse di quel calore, come se il fuoco fosse l’unico legame tra Lei e la vita.

Ma la gente della piccola comunità decise che non la voleva più vedere nella Stube del maso. La sua presenza era un monito costante, un’ombra che sapeva di morte pur essendo viva. Era silente, ma tutti temevano che potesse parlare, perché sapevano che le sue parole, seppur rade e apparentemente insensate, trovavano sempre conferma. Ed era proprio quella veggenza a incutere timore.

Pensa e ripensa, si chiesero come allontanare quella Vecchia che non apparteneva al loro tempo. Decisero di agire la notte di San Silvestro, l’ultima dell’anno. Cosparsero il focolare di gusci d'uova svuotati — bianchi come il pallore delle sue ossa — e li disposero numerosi. 

Lei arrivò come sempre, trascinando il suo fragile corpo. Quando sollevò lo sguardo verso il fuoco e vide i gusci d’uova, il suo volto si corrugò. Fu allora che parlò. La sua voce, solitamente simile a un sussurro, si fece nitida, chiara, e tutti poterono udirla:

"Sono così vecchia, che il Tempo non mi appartiene

Ho visto l'inconoscibile ed udito ciò che nessuno ha mai udito

Sono l'Antica Donna della Selva

Conosco bene la Tauferertal e tutta quest'area

Nove volte campo e nove volte foresta

Weissenbach come varco

Rauchkofel come un gigante

Ma mai avevo visto così tanti gusci di uova bianche su un focolare"

Detto questo si allontanò nella notte e mai più fu rivista. 



Note

Nel 2017, per la prima volta, narrai di una figura che nelle mie ricerche non avevo mai incontrato prima: la Willeweiß. Questa veggente, che si aggira in inverno fra le case, è una figura selvaggia e boschiva, rispettata ma anche temuta per le sue visioni, da sempre riconosciute come attendibili. L’unica scrittrice di cui, sino a quel momento, avevo letto e che trattava di questa Donna a cavallo fra questo e l’Oltremondo, era Brunamaria Dal Lago Veneri. Come accade per molte figure leggendarie, la Willeweiß sembrava essere tipica di una certa area geografica. Scoprii che la Signora della Profezia, almeno in quella narrazione, era legata al Parco Naturale Schlern—Rosengarten/Sciliar—Catinaccio e al Ritten—Renon.

Il tema della mostra tenutasi nel 2018 presso Burg—Castel Taufers, dal titolo Sagenhaft! Südtiroler Sagen auf Burg Taufers—Mitico! Leggende del Sudtirolo a Castel Taufers, si sviluppò in concomitanza con l’Anno del Patrimonio Culturale Europeo, di cui leggende, racconti e mitologia sono parte integrante. Le prime storie tramandate su carta — e non più solo oralmente — risalgono al XVII secolo, in quel 1600 che vide numerosi roghi per stregoneria, con esempi eclatanti anche in Tirolo. In quel periodo, nel tentativo di “cristianizzare” la narrazione, si introdusse spesso o rafforzò  una declinazione cattolica dei racconti. Solo nel XIX secolo si assistette, però, a una raccolta sistematica della tradizione locale, con l’intento di trasferire ai posteri questo patrimonio letterario folcloristico. In questo senso, l’opera di Johann Adolf Heil, Volkssagen, Bräuche und Meinungen aus Tirol, è considerata, ancora oggi, il testo cardine della narrazione più autentica. Molti scrittori contemporanei hanno attinto a questa fonte per tramandare un’eredità di ancestrali simbolismi, incarnati da figure che affondano le loro radici in un Tempo fuori dal tempo. 

Proprio leggendo le numerose versioni di storie antiche, sui pannelli che costituivano l’esposizione, la mia attenzione fu rapita da un racconto che, sia nella trama che nella protagonista, parlava di una Presenza dell’Inverno. Questa figura, già oggetto della mia ricerca del 2017, era la Donna dalle bianche ossa, la Willeweiß. Nel mio studio, la sua figura era risultata peculiare di un’area ben precisa: il gruppo montuoso occidentale della Provincia di Bolzano. Tuttavia, la narrazione che incontrai alla mostra mi sorprendeva: molte delle storie favorivano infatti le leggende legate alla Tauferertal—Ahrntal/Valli di Tures e Aurina. 

La Willeweiß di questa leggenda, sebbene mai ne venga menzionato il nome, risultava identica alla figura analizzata l’anno prima, una presenza legata al "Tempo della Decadenza e del Gelo", visibile solo nella parte invernale dell’anno, quando la luce cede il passo all’oscurità, alla nebbia e al freddo pungente. Tuttavia, qui si trovava in una valle diametralmente opposta rispetto alla mia prima analisi. I racconti sembravano specchiarsi l’uno nell’altro: così come a ovest la Willeweiß era collegata al Gaigenhof a est la ritrovavo associata a un altro maso, l’Oberpursteinhof.

In entrambe le versioni, la figura manteneva le stesse caratteristiche di comportamento, suscitando identiche reazioni in chi la incontrava. Persino il metodo per allontanarla per sempre era lo stesso. L’unica differenza rilevante era che, nella vallata orientale, la figura non aveva un nome preciso: veniva definita più genericamente Donna Selvaggia/Selvatica (legata comunque alla selva, al bosco).

Oltre a quanto visto nella mostra, di Lei ho trovato un'unica traccia, dalla quale con quasi certezza la stessa esposizione ha attinto, scritta dal ricercatore locale Konrad Steger che dichiara di aver raccolto la storia da testimonianze orali in Valle.






Immagine

* Tratta da Pinterest.it

Fonti locali

*Mostra 2018 Burg—Castel Taufers: Sagenhaft! Südtiroler Sagen auf Burg Taufers — Mitico! Leggende del Sudtirolo a Castel Taufers

*Konrad Steger, Raccolta fonti orali di Valle Aurina

*Hans Fink, Sul leggendario mondo della Valle Aurina, Contributi storici locali

*Ed. Speciale Der Schlern n°7/8 1978, Qui raccontiamo storie della Valle Aurina, Opuscolo della classe 3E della M.S. St. Johann 1989/1990

Sitografia

*cfr. La Willeweiß, l'Antica Signora delle Profezie delle Montagne
(Schlern — Rosengarten/Sciliar — Catinaccio, BZ)


 

martedì 20 agosto 2019

La chiesetta di Santa Maria am Rain e la leggenda di Emerenziana (Welsberg-Monguelfo BZ)



1


La storia della chiesetta e della Necropoli vicina


L’area di Hochrain si estende su un pianoro sopraelevato rispetto al resto del nucleo abitato e ad est del Comune di Welsberg-Monguelfo. Nell’ultimo decennio si è sviluppata come zona residenziale intorno e non lontano dalla chiesetta che svetta sulla porzione più prospiciente la strada statale e con sullo sfondo le cime dell’Alta Valle, oggi è conosciuta come Rainkirche-Santa Maria, sebbene il suo nome originario sia Unsere Liebe Frau am Rain-Nostra Amata Signora am Rain.


2


E’ la chiesa del piccolo cimitero del paese, che le si sviluppa intorno e si eleva non lontano da un’area pianeggiante, per la maggior parte ancora prato da fieno inesplorato sebbene ritenuto a rischio archeologico, ma soprattutto da quella stessa zona che ha reso reperti preistorici, protostorici e romani ed attestata come necropoli. La datazione più antica è comprovata da oggetti del Tardo Bronzo, riemersi anche nel 1905, durante la costruzione della Villa del Conte Thun zu Hohenstein und Welsperg, padrone del Castello sito più in alto in paese e di altre residenze nobiliari. I ritrovamenti oggi sono conservati al Museo Civico di Bolzano.



3


Area sepolcrale la Necropoli, compresa fra i due luoghi di culto della Borgata: Santa Maria appunto e la parrocchia St. Margarethen-Santa Margherita in centro paese. Sull’origine di Rainkirche-Santa Maria invece non vi sono dati certi, se non un documento che la cita come chiesetta votiva nel 1339. Fu ampliata nel 1551. Nel 1635 le finestre venero arrotondate ed i tre altari rifatti secondo il gusto del tempo.


4


Salendo dalla sottostante Via Maria am Rain, attraverso una strada che si mostra abbastanza ripida e sinuosa fin da subito, incontriamo sulla sinistra un capitello con un Cristo. Avevamo già visto in altri articoli, come tali strutture indichino la vicinanza di antichi luoghi di culto precristiano ed in effetti l’opera lignea, costeggia proprio la Necropoli. Giunti di fronte alla chiesa, si può notare come lungo il suo muro di cinta si trovino tre entrate. La principale quella che dà accesso all'edificio è costituita da una gradinata interrotta da un cancello in ferro battuto (ferro battuto che ritroviamo anche negli altri  due varchi) che delimita l’area cimiteriale, una breve ulteriore gradinata porta alla porta d’ingresso, scolpita con un pregevole lavoro di tralci intrecciati, intrecci che si ritrovano anche nelle maniglie. La chiesa non è accessibile ed è visibile attraverso una parete graticolata anch’essa in ferro.


5



6



7



8


In un unico giorno dell’anno in cui viene celebrata la messa, la struttura viene aperta al pubblico ed è il 15 agosto, quando una grande festa segna ufficialmente, almeno già a questa quota la fine dell’estate con, nella stessa area una manifestazione di tipo profano (di chiara origine arcaica) che si chiama Kirchtagsmichl,  che celebra, fra mangiate e bevute, musica e canti,  il ringraziamento per il raccolto. In entrambi gli eventi si segna il tempo di ciò che è stato mietuto. All’uscita dalla messa infatti vengono offerti mazzolini di fiorellini recisi che generalmente si fanno seccare e si tengono fino all’anno successivo ed alla nuova celebrazione.


9


Tutt’intorno si estende il cimitero, con le tipiche tombe che sono piccoli giardini, qui non si usano pietre o graniti orizzontali, ogni piccolo pezzo di terra è addobbato a seconda dei periodi dell’anno con piante o ornamenti peculiari per la stagione o celebrazione, mentre la struttura verticale tendenzialmente è composta da un croce di più o meno semplice fattura, rigorosamente in ferro battuto con una lapide per lo più laterale che ospita la foto e le date del defunto, rari esempi di lapidi verticali sono in pregiato marmo bianco di Laas-Lasa, mentre le tombe più ricche e datate risalenti all’800 sono alloggiate sotto il porticato, oltre che impreziosite da iscrizioni in caratteri gotici.


10


11


12


Ogni tomba ha davanti a sé una ciotola con dell’acqua ed un ramo di abete dentro (dove non portato via dal vento) per aspergerla, quando si va in visita ad un parente o un amico. Il gesto richiama l’ultimo saluto effettuato durante il funerale, quando in fila, parenti amici e conoscenti aspettano il loro turno per spruzzare il feretro, appunto con un rametto di sempreverde intinto in acqua benedetta, come ultimo saluto al defunto che sta per essere interrato. Anche qui è chiara la valenza arcaica dell’elemento acqua e dell’abete poi cristianizzati e mantenuti nel contesto rituale cattolico locale.


13



14


Vi è  una leggenda di ambito storico legata a questa chiesa, che ne porrebbe la sua costruzione per come la conosciamo a tempi precedenti a quelli attestati storicamente dai dati disponibili, in entrambi i casi comunque l’edificio risulta di tipo votivo.


15


Per rendere più comprensibile l’individuazione dei luoghi, della loro posizione e peculiarità nell’ambito archeo-storico ho pensato di avvalermi di uno strumento della Provincia di Bolzano molto utile e disponibile in rete, che offre una visione e descrizione di qualsiasi sito presente sul territorio provinciale, utilizzando dei colori e delle rispettive corrispondenze archeologiche. I siti vengono divisi fra quelli attestati da ritrovamenti ed altri con forte probabilità archeologici, tali aree vengono poi catalogate per periodo con la seguente sequenza: preistoria, protostoria, età romana, medioevo, età moderna.

Le foto che seguono sono appunto ingrandimenti della scansione territoriale della Provincia, attraverso le quali voglio darvi uno sguardo d’insieme del Comune con la prima, mentre la seconda permette una visione più approfondita sul doppio terrazzamento su cui sorge la chiesa, oltre alla Necropoli posta a pochi metri.


16

17




18

19




La leggenda di Emerenziana e della Chiesa di Nostra Signora am Rain a Welsberg-Monguelfo


Il Conte di Gorizia Alberto II quando morì nel Castello di Lienz nel 1304, lasciò il suo patrimonio in eredità ai due figli maschi ed all’unica femmina, la Contessina Emerenziana. I due fratelli però manifestarono ben presto la loro avidità, decisero che la sorella sarebbe stata tagliata fuori dalla successione di tutto quello che era il patrimonio paterno e scelsero quello che appariva il metodo migliore per attuare il loro piano, cioè quello di rinchiuderla in un convento lontano, addirittura a Firenze.

Organizzarono così il viaggio, a cui la giovane ragazza non aveva modo di opporsi, e fu scelto come accompagnatore e scorta un tal nobiluomo dal nome di Baldassarre di Welsperg.

Il viaggio iniziò fra le lacrime ed una tristezza infinita, la giornata era solatia e lo scintillio dei raggi del sole sottolineava ancora di più la bellezza dell’amato Tirolo che la fanciulla vedeva allontanarsi alle sue spalle. Il corteo lasciò Schloss-Castel Bruck, abbandonò le montagne e poi le zone collinari per arrivare a zone pianeggianti del Veneto, per dirigersi poi verso la Toscana. Quanti paesaggi diversi avevano incontrato gli occhi di Emerenziana. 

Nonostante lo stato d’animo, l’andamento cadenzato dei cavalli era diventato il sottofondo di un dialogo che fin da subito era iniziato fra colei che a breve sarebbe divenuta monaca ed il suo cavaliere protettore. Lungo quel tragitto spesso sconnesso, quella lunga interminabile chiacchierata mista ai singhiozzi fece domandare ad Emerenziana “Ma cosa mi serve vedere che ci sono tanti luoghi belli su questa Terra, se poi il mio futuro fra poche ore terminerà in un convento da dove non uscirò per il resto dei miei giorni?”. Baldassarre la ascoltava mestamente, non aveva risposte, ma sentiva dentro di sé un sentimento che si alimentava  sempre più. I lunghi giorni passati nel viaggio con la ragazza affranta e bellissima, avevano parlato al suo cuore e fu durante una sosta, poco lontano dal convento fiorentino che avrebbe accolto la contessa per sempre che decise di dichiararsi. 

Si inginocchiò di fronte a lei,  triste e provata dal lungo viaggio e le confessò il suo amore. La ragazza provò dopo giorni di desolazione un tuffo al cuore, anche lei si era resa conto di amare quel giovane aitante e gentile che durante il tragitto le aveva offerto mille premure. Poco dopo quella dichiarazione trovarono una piccola chiesetta, lì decisero di unirsi in matrimonio; a celebrare la messa, un cappellano che faceva parte del seguito nobiliare e che doveva offrire conforto spirituale ad Emerenziana, di fronte all’amore della quale però non poté nulla.

Il corteo fece immediatamente dietrofront ed i paesaggi che avevano dato tanta pena nella loro bellezza alla fanciulla, ora riempivano di sorrisi e speranza il rientro della giovane sposa. Rientrati in Tirolo si fermarono a Toblach-Dobbiaco chiedendo ospitalità presso una modesta casa di contadini locali, mentre i cocchieri riportavano la carrozza verso il Maniero dei Conti di Gorizia, per avvertirli soprattutto dello svolgersi degli ultimi eventi e del matrimonio di Emerenziana con Baldassarre.

I Conti intimarono di fare annullare il matrimonio rivolgendosi ad un alto prelato per inficiarne la validità, ma i giovani sposi chiesero l’aiuto del prete della Collegiata di Innichen-San Candido, che si adoperò per portare finalmente pace fra le due Casate.

Fu quindi organizzato un grande ricevimento al Castello dei Welsperg, per festeggiare il matrimonio e la quiete ritrovata.

Si dice che Baldassarre quando apprese la notiza della pace rinnovata tra le due Famiglie esclamò ‘Engel, oes is die G'far vorbei!’ cioè ‘Angelo mio, per noi il pericolo è passato!’

Nel 1305, Emerenziana fece così edificare per grazia ricevuta, una chiesetta votiva in area am Rain. Sul soffitto fece dipingere gli stemmi dei Conti di Welsperg e Gorizia che rimasero visibili fino ad una ristrutturazione della chiesa avvenuta nel 1832. La semplice casa di Toblach-Dobbiaco che li aveva accolti, fu elevata, dopo un’ampia ristrutturazione, a dimora gentilizia.
Ancora oggi i Baroni Winkelhofen proprietari della Dimora portano come attributo nel cognome Von Englös, ed un angelo è parte del loro stemma nobiliare.  








Immagini

* 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15 Tratte dal mio archivio personale

* 16,18 provincia.bz.it


Didascalie

*1. Veduta della chiesa dalla stazione
*2. Veduta del cimitero dal lato nord con lo sfondo dell’Alta Valle
*3. Veduta campanile dall'area Necropoli
*4. Salendo dalla Via Maria am Rain Strasse il capitello che costeggia l’area della Necropoli
*5. Sulla curva si intravede la chiesa
*6. L’entrata principale con la scalinata
*7. La porta di accesso con la pregevole scultura di tralci intrecciati
*8. Particolare della maniglia che riprende lo stesso motivo della porta
*9. Uno dei tipici mazzolini di fiori che vengono distribuiti fuori dalla chiesa al termine della celebrazione, l’unico giorno dell’anno in cui viene celebrata la messa, il 15 agosto.
*10, 11,12. Vista del cimitero
*13. Esempio di tomba in marmo bianco di Laas-Lasa
*14. Esempio di ciotola per l’acqua posta davanti la tomba, qui con un corvo in ferro battuto ad abbeverarsi.
*15. Veduta della Chiesa lato est
*16,18. Immagini provincia.bz.it


Bibliografia

*Brunamaria Dal Lago Veneri, Alto Adige Sudtirol. Una guida curiosa, Edition Raetia 2016


Sitografia

*http://www.provincia.bz.it/it/default.asp

*www.sudtirol.com

martedì 13 agosto 2019

Cronaca di uno scempio annunciato





Mancano pochi giorni ad un evento che qui, abitanti, turisti ed organizzatori attendono da mesi e che lascia l’amaro in bocca, sembra solo alla sottoscritta, ben prima del suo verificarsi; sto parlando del Jova Beach Party 2019, che si terrà a Kronplatz-Plan de Corones il prossimo 24 agosto. Sono stati venduti 25.000 biglietti, un numero inimmaginabile di persone che verrà anche da fuori Provincia per assistere ad un evento unico, fra le date di questa serie di concerti estivi di Jovanotti tenuti sulle spiagge italiane, con l’unica eccezione montana del tour.




Kronplatz-Plan de Corones è un monte Sacro, con la maiuscola, di quel Sacro che se comune a tutta la Natura, connota però alcuni luoghi come speciali e di cui molti organizzatori per primi non sembrano curarsi, in nome del business e del guadagno facile e di massa.




Il 17 marzo di questo 2019, la serie di concerti in quota è iniziato con Tom Walker, che radunò 10.000 fans e per il quale pensavo ad un approccio soft in uno dei luoghi più belli delle Dolomiti. Per approccio soft intendo ad esempio, quello che da trentanove anni porta il giorno di Ferragosto l’Orchestra Bruni di Cuneo, sulle montagne cuneesi, in un concerto atteso da molti appassionati di musica classica e montagna, evento trasmesso anche dalla Rai che permette di condividere un evento ad alta quota, anche per chi non abita nella Provincia piemontese; o come nella rassegna dolomitica trentina, I Suoni delle Dolomiti, che dal 1995 porta in tour attraverso le Valli della Provincia di Trento, musicisti e cantanti che si esibiscono in paesi, piazze, presso malghe e rifugi, in maniera semplice ed essenziale, come semplice ed essenziale è la montagna.




I concerti su Kronplatz non sono una novità in effetti, i 2275 metri della famosa cima pusterese ne ha già visti alcuni sparsi negli anni, a partire dal 1995, e che portarono anche Zucchero nel 1996 con un seguito di 23.000 fans e tanto di riprese con elicottero. I concerti del 1995, 1996, 1998, 2018 ed in ultimo quello di Tom Walker hanno però un comune denominatore, si sono tenuti in pieno inverno (marzo in alta montagna significa ancora gelo e neve). La data di Jovanotti quindi crea un precedente nella stagione estiva, quando tutti gli animali abitano i boschi e molti non sono certo in letargo come nella stagione fredda.

Non seguo il cantante romano, e non so su quale base siano stati scelti i luoghi di questa serie di concerti, ma una cosa è certa, su un pianeta fragilissimo e vulnerabile, che registra giornalmente eventi distruttivi in Italia ed in Europa, eleggere come palco esclusivo, un’area che è tutelata come Patrimonio dell’Umanità, crea un divario insanabile fra ciò che la montagna è, i Valori di cui si nutre e questo nuovo di cui penso il peggio possibile.




Il primo ad insorgere contro questo concerto, salvo fare un passo indietro solo in questi ultimi giorni fu proprio Reinhold Messner, che ad aprile denunciò come portare un evento di queste dimensioni potesse essere solo lesivo della montagna, e che non aveva il potere di impedirlo ma se lo avesse avuto, sarebbe intervenuto, asserendo in controtendenza solo pochi giorni fa, che Jovanotti è un grande e spera di potergli stringere la mano.




Mi sorgono quindi domande, la questione non nasce dalla musica, ma dalla scelta di organizzare un concerto da stadio, in un luogo che tutto è meno che uno stadio.

E’ vero che su quel Monte convergono molte cabinovie, che fa parte di uno dei più grandi comprensori sciistici al mondo, che passano milioni di sciatori all’ anno, ma per quanto rumore possa esserci e per quante persone possano salire in cima, durante il tempo invernale, non sarà mai paragonabile alla follia rumorosa di un concerto che aggreghi migliaia di persone a cantare, ballare e saltare.

L’organizzazione ha ricevuto anche il sostegno, sempre a partire da aprile, del WWF che sul suo sito offre una pagina a sponsorizzazione dei concerti del musicista, in quanto dice che userebbe gli eventi per sensibilizzare il pubblico contro l’uso della plastica.
Già di fronte a tale affermazione sorgono tutte una serie di perplessità, che mi fanno interrogare su come il WWF possa affiancarsi ad un avvenimento che può solo creare immondizia ed inquinamento, titolando una pagina ‘Insieme a Jovanotti contro l'inquinamento da plastica’ che già pare una contraddizione in termini. Se da un punto di vista fisico, quanto gettato in terra potrà essere rimosso, da un punto di vista acustico e sonoro no. Penso ai boschi rigogliosi che si stendono lungo i versanti di quella montagna, ed a tutte le vette delle vallate intorno, agli animali che li popolano, alla violenza che subiranno.
Nei mesi scorsi Jovanotti ha risposto a Messner tramite Facebook, attraverso un post in cui asseriva "Quando dico che stiamo tenendo insieme un evento rock con l’equilibrio ambientale non lo dico tanto per dire, si tratta di mettere in campo tutte le conoscenze in questo ambito ed è quello che stiamo facendo, per mostrare un modo nuovo di fare le cose, non quello solito che giustamente preoccupa Messner. Il futuro non lo si affronta negandoci le esperienze ma immaginandone di nuove con nuovi mezzi".




In riferimento ad altre date del tour, mi sento solo di segnalare che l’uso di un simbolo come la Venere di Willendorf, che svettava dal palco di Praia a Mare, in provincia di Cosenza durante il concerto di pochi giorni fa, non va che ad aggiungersi ad una serie di incongruenze, che per chi in quel Sacro Femminino crede, non può che essere letto come un atto di oltraggiosa inconsapevolezza, la stessa che peraltro non fa tenere conto di ambienti naturali fragili, e che vengono valutati ed utilizzati solo per la loro bellezza paesaggistica.




Si potrà trovare qualsiasi modo o mezzo per realizzare nuove esperienze, per ritornare alle parole dell’artista, ma per quanto io in primis sia sempre stata una sostenitrice dell’esperire, credo ci siano dei limiti dettati dal buon senso, che troppo spesso vengono ignorati.  Gli eventi da stadio si devono tenere allo stadio, in arene,  in palazzetti o il luoghi preposti ad essi, e non in un Regno che si nutre di Silenzio, e che attraverso quello parla e comunica a chi ci si avvicina. Non c’è futuro ed esperienza che tenga dove la Natura ed i suoi abitanti vanno tutelati. Jovanotti, gli organizzatori, gli stessi abitanti locali che espongono striscioni inneggianti nell’attesa di quella serata, non sanno o forse hanno dimenticato che quel luogo, la Cima di Kronplatz, è un luogo denso di magia le cui radici si perdono in un tempo immemore; grazie ad un Mito importante e potente come quello dei Fanes, è arrivato sino a noi tramandandoci che quel luogo, che in Italiano suona come un comprensibilissimo Piano delle Corone, lega il suo nome alla figura della saggia Principessa Dolasilla, la Guerriera che lì fu incoronata, prima di cadere in battaglia e vedere la fine del suo Regno e del suo Popolo. E Lujanta la gemella che le sopravvisse e che una volta l’anno esce dalle viscere della Montagna nell’attesa che quel Regno di Saggezza e Pace ritorni, non può che assistere sgomenta a tutto ciò.













Immagini

* 1,2,3,4,5,6,8 Tratte dall’archivio personale

* 7 quotidianodelsud.it


Didascalie

* 1,2,3,4,5,6,8 Scorci da Kronplatz-Plan de Corones


* 7 La Venere di Willendorf appesa ai tubi verticali del palco del concerto di Praia a Mare (CS) tenutosi lo scorso 7 agosto.



Sitografia

*https://www.montagna.tv/139076/plan-de-corones-6-concerti-prima-di-jovanotti-lultimo-un-mese-fa/

*https://www.repubblica.it/cronaca/2019/04/07/news/messner_sfida_jovanotti_no_ai_concerti_sulla_vetta_-223461371/

*https://video.lastampa.it/spettacoli/l-alpinista-reinhold-messner-fa-pace-con-jovanotti-ci-stringeremo-la-mano-a-plan-de-corones-e-sara-tutto-a-posto/102119/102129

*https://www.adnkronos.com/intrattenimento/spettacolo/2019/04/08/jovanotti-risponde-messner_kUuqOE6fMBtFhS3Wm6fZGK.html?refresh_ce

*https://www.quotidianodelsud.it/calabria/spettacoli/2019/08/07/grande-festa-jova-beach-party-praia-mare-jovanotti-infiamma-fans?fbclid=IwAR0uk60Jmh7Jugweu00qSt-NZWzj5OM629X2bcdduVm4_7QpC9lQ4ofUpSE


*https://www.rainews.it/tgr/bolzano/video/2019/08/blz-Jovanotti-Beach-Party-Plan-De-Corones-25mila-persone-misure-sicurezza-a2d3a263-59d5-4bb2-954d-b02fc93a0a03.html?wt_mc=2.social.fb.redtgrtaabz_blz-Jovanotti-Beach-Party-Plan-De-Corones-25mila-persone-misure-sicurezza.&wt&fbclid=IwAR3_VjLBXI6L-Zx1vURb5Y6VGJvZjemgcBpXtoPE8vFQ5Xut3GMGyvmftDc