Un tempo, nelle case povere di montagna, impregnate di fumo e legno vecchio si dormiva come si poteva. I letti non erano che costruzioni improvvisate: quattro pali conficcati nel terreno per sollevare il giaciglio dall’umidità, qualche asse inchiodata alla bell’e meglio per formare una base, e sopra, un pagliericcio riempito di foglie secche che scricchiolavano a ogni movimento.
La notte entrava dalle fessure, insinuandosi con il suo freddo nelle ossa; e con la notte, a volte, arrivavano creature che nessuno avrebbe voluto incontrare. Fra tutte, la più temuta era il Pesarol, che giungeva mentre tutti dormivano. Impalpabile come fumo, entrava nel silenzio più assoluto, si sedeva sull’addome del dormiente e iniziava a premere, sino a diventare un macigno da cui il poveretto non riusciva a liberarsi. Così il respiro si faceva sempre più corto e la paura cresceva, sino a trasformarsi in angoscia, un terrore che diventava il suo nutrimento.
L’unico modo per allontanare il Pesarol era riuscire a svegliarsi e dargliele di santa ragione. La cosa diventava particolarmente difficile poiché chi ne cadeva vittima non era solo oppresso, veniva trascinato in un vuoto senza fondo, un abisso nero in cui corpo e mente precipitavano. La sensazione di cadere e quella di soffocare si univano in un incubo che paralizzava ogni volontà.
Una sera un pastore decise di attenderne l’arrivo, intenzionato a non tollerare più il suo comportamento. Si sistemò per non cedere alla stanchezza e non addormentarsi; il suo gregge era illuminato da una luna che lo rendeva un mucchio di ombre che sembravano pronte ad animarsi da un momento all’altro.
Era
davvero difficile, con il passare delle ore, tenere gli occhi aperti,
tanto che la spossatezza prese il sopravvento e lentamente gli occhi
si chiusero. Era passata da poco la mezzanotte quando ebbe un
sussulto che lo ridestò. Vide un berrettino rosso ondeggiare nel
buio, che indicava l’arrivo dell'Entità. Rimase immobile
attendendo che manifestasse le sue intenzioni e, non appena il
Pesarol si
posò sullo stomaco, il pastore gli sferrò un malrovescio così
potente da scaraventarlo ai piedi del letto.
A quel punto lo cercò
nel buio illuminato solo dalla luce lunare: cominciò a rovistare
sotto le coperte, affinò l’udito per cogliere un qualche fruscio,
segno di presenza, ma nulla, non udì nulla. Il Pesarol
era scomparso, inghiottito dalla stessa notte che lo aveva condotto
all’abitazione dell’uomo. E da allora, si dice, non fece più
ritorno in quella casa.
Note
Lo stato emotivo come nutrimento
Nella prospettiva folklorica della Tradizione alpina e, più in generale, nel folklore europeo, gli spiriti notturni non sono semplici agenti di disturbo, ma entità che interagiscono con il “campo vitale” dell’individuo. L’oppressione esercitata dal Pesarol, infatti, non è soltanto fisica: la Creatura si nutre dello stato emotivo provocato dalla sua stessa presenza. In questa visione, tipica dei sistemi demologici, la paura non è una reazione passiva del dormiente, ma una vera e propria energia di cui l’Entità si appropria, accrescendo la propria forza mentre quella della vittima si affievolisce. Tale modello interpretativo — diffuso, con varianti, nelle Tradizioni germaniche, slave e romanze — concepisce l’Incubo come uno scambio energetico inversamente proporzionale, in cui l’essere soprannaturale trae vigore dal turbamento umano, rendendosi progressivamente più pesante e più difficile da scacciare. In questo ambito specifico, si tratta di un elemento ricorrente anche nelle altre leggende prese in esame che, pur variando nei nomi attribuiti all’Incubo notturno, ne sottolineano sempre questo tratto peculiare, costantemente capace di incutere angoscia.
La scomparsa nella notte
Nella Tradizione alpina, la notte non è soltanto uno sfondo narrativo o un’ambientazione carica di mistero, ma un vero e proprio luogo simbolico da cui le entità soprannaturali emergono e nel quale fanno ritorno. La scomparsa del Pesarol dopo essere stato colpito — dissolto, inghiottito o riassorbito dall’oscurità — rientra in un modello ricorrente della narrativa orale montana e non equivale dunque a un semplice dissolversi nel nulla. In questo immaginario, la notte rappresenta al tempo stesso la matrice e il rifugio delle presenze ultraterrene: è da essa che provengono e ad essa ritornano. La formula narrativa del “ritorno alla notte” va quindi interpretata in un orizzonte più ampio, come il modo attraverso cui la Cultura alpina descrive la ricollocazione dello Spirito nel proprio ambito naturale, lo spazio simbolico che gli appartiene
Immagine
* Generata con l’A.I.
Bibliografia
* Coltro Dino, Leggende e racconti popolari del Veneto, Newton Compton Edizioni 1982
Sitografia
* Cfr. La Trude catturata (Dolomiti, Trentino-Alto Adige)
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2025/12/la-trude-catturata-dolomiti-trentino.html
* Cfr. La Tròta e i Neonati (Val dei Mocheni-Bersntol, Trentino)
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2025/12/la-trota-e-i-neonati-val-dei-mocheni.html
* Cfr. La Trud e il Fabbro
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2025/12/la-trud-e-il-fabbro-val-di-fassa.html
* Cfr. La Tròta (Val di Fiemme, Trentino)
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2025/12/la-trota-val-di-fiemme-trentino.html
* Cfr. Malvina, la Donna che conosceva la Morte (Val di Fassa, Trentino)
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2025/12/malvina-la-donna-che-conosceva-la-morte.html
* Cfr. La Smara e i molti nomi della Trude: un'analisi del Tormento Notturno tra le Alpi e alcune aree orientali d'Italia.
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2025/12/la-smara-e-i-molti-nomi-della-trude.html
* Cfr.Frau Drude-Trude
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2018/12/frau-drude-trude.html
* Cfr. L'Alp
https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2018/12/l-alp.html
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