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giovedì 31 marzo 2016

Trumusiate Sainate, la Divinità del Santuario di Lagole di Calalzo (BL)





Lagole di Calalzo, sorge sulla riva destra del Piave. Ci si arriva allontanandosi dall’ abitato e scendendo verso un’ area boschiva di conifere a ridosso di bacini lacustri. Fu un luogo di culto sicuramente fra il VI sec. a.C. ed il IV sec. d.C.  
E’ la zona archeologica più interessante dell’Alto Bellunese e viene definita La fonte della Civiltà del Cadore. Stiamo parlando di uno dei siti più importanti dell’ Antica Civiltà Veneta, secondo dopo quello di Este, che invece si trova nei pressi di Padova. Considerato dall’ archeologia contemporanea un unicum, in quanto  rappresentò il punto d' incontro fra Venetici, Celti e Romani.

1.Laghetto delle Tose, Lagole di Calalzo

Catubrium (l’ antico toponimo del Cadore), nome di origine celtica, indica un’ area popolata da Genti paleovenete, che abitavano in maniera stabile la zona e che parlavano la lingua che sta alla base del nome del luogo, da Celti e quindi da Romani.  
L’ area è ricca di acque solforose che furono usate dalla popolazione locale per curare le patologie dermatologiche e per rimarginare ferite sino al IV sec. d.C. quando i culti definiti pagani vennero vietati. Giovanni Pais Becher ricercatore auronzano nel suo libro Il Cadore degli Emigranti evidenzia come coloro che lui definisce Catubrinos, fossero una Popolazione che aveva cultura e tradizioni proprie, simili a quelle delle altre popolazioni di montagna del mondo. 


2. Riproduzione di panoplia celtica


I Celti per Polibio, antico storico greco, come asserì nelle sue Storie II  17, differivano poco per gli usi ed i costumi dai Veneti, ma parlavano un’ altra lingua. I contatti stabili fra Veneti e Celti sono confermati da testimonianze archeologiche. Gli ultimi ritrovamenti e le ultime scoperte portate alla luce attraverso la mostra Venetkens–Viaggio nella Terra dei Veneti Antichi, che si è tenuta nel 2013 al Palazzo della Ragione a Padova, ci raccontano di Antichi Veneti nella zona pianeggiante e collinare della regione, alleati dei Romani a tutela del territorio di confine dove si trovavano alcuni gruppi di Celti appunto che premevano da nord. Fu proprio verso nord che una parte dei Paleoveneti già nel VI sec. a.C. decise di spostarsi andando in cerca di minerali, per la pastorizia, ed anche per scambi commerciali e culturali. Ma la storia della zona di confine, narrata da differenti ricercatori e storici locali ci parla anche di altro. 

Giuseppe Ciani  nell’edizione del 1940 del suo Storie del Popolo Cadorino scrive che i Catubrinos  staccatisi dai Reti, scesero lungo l’Adige e la Valsugana, Feltre e Belluno, seguirono il corso del fiume Piave e si insediarono sotto le Marmarole e l’Antelao mescolandosi con tribù precedenti come Embrodunci ed Aurunci. Una leggenda invece di cui ci narra Gianni Pais Becher, riguarda un antico popolo che al comando di re Ebrod, fuggì dall’Asia  e seguendo il corso del Danubio, della Drava e della Rienza si stanziò a Landro (Alto Adige), Misurina (Veneto), Valle dell’Ansiei (Veneto). Un popolo che conosceva bene l’arte di forgiare i metalli, che conosceva la scrittura e che si fermò tra le crode del Cadore, perché ricche di selvaggina e di minerali oltre che di grande bellezza. Inoltre era l’unico ambiente tranquillo incontrato fra il Caucaso e le Alpi. Tornando alle risposte storiche, dagli Atti del Convegno a Isola della Scala (VR) del 2005 inerenti i Venetici abbiamo conferma attraverso l’onomastica delle iscrizioni di Lagole, che la frequentazione più forte fosse costituita dai Celti.


3. Riproduzione di guerriero celtico a cavallo
                                      

E’ chiaro che i Celti esportarono modelli  artigianali e culturali, verso un mondo, quello venetico che fu estremamente ricettivo agli stimoli esterni. Abbiamo esempi di fibule che trassero ispirazione e foggia da fibule Tardo Halstattiane o dalla Cultura di La Tène Antica. La mobilità delle genti fece sì che si amalgamassero gusti e stili di lavorazione. Anche i famosi Tre Ciottoloni Padovani - pietre di forma ovoidale con iscrizione, ritrovati sia in zone funerarie che non funerarie - le cui scritte ci mostrano come nel tessuto sociale Celti immigrati avessero dato luogo a nuove generazioni di Venetkens originando così nuove linee di discendenza. 



4. Mostra - Venetkens Viaggio nella Terra dei Veneti Antichi 2013. Due dei tre Ciottoloni


Più a nord invece, tornando all’ Alto Bellunese, sempre i Celti fra il IV ed il III sec. a.C. discesero sulla zona cadorina. Come ci testimoniano le necropoli di Lozzo, gli oggetti ritrovati si riferiscono addirittura all’ VIII secolo a.C. (periodo Halstattiano), mentre le sepolture più recenti sono riportabili al periodo La Tène (III a.C.- I d.C.) a Pozzale (frazione di Pieve di Cadore), oltre al deposito votivo di Vallesella di Domegge e nel santuario appunto di Lagole di Calalzo.



  5. e 6. Particolari di riproduzione di spada ed elmo celtico 


L’inizio delle scoperte archeologiche fu fra il 1949 ed il 1952, a Lagole fu riportata alla luce una stipe votiva, ricca di materiale sia figurativo che epigrafico, ad opera di Giovan Battista Frescura, operaio di un’ occhialeria di Calalzo, che lavorò poi come assistente della Soprintendenza. I reperti, più di 600, oggi sono visibili al MARC Museo Archeologico Cadorino, ospitati presso il Palazzo della Magnifica Comunità di Cadore a Pieve di Cadore. Lo studio portato avanti da Enrico De Lotto, che aiutò il Frescura in prima battuta, e poi da Giulia Fogolari, massima studiosa della Civiltà dei Veneti Antichi, oltre che da Giovanni Gambacurta della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, ha permesso di collocare il santuario all’interno di un sistema di relazioni culturali fra la zona padano-adriatica ed il versante alpino orientale. Inoltre sempre negli anni ’50 Alessio De Bon, libero studioso di topografia antica, dedicò un particolare studio alla sua terra, scoprendo che Lagole si trova lungo un asse viario che correva da Feltre all’Alta Pusteria (uno dei punti di riferimento fu l’antica Littamum, oggi San Candido) sino al Norico. Le prime testimonianze votive, che risalgono alla seconda metà del VI sec. a.C. sono costituite da un gruppo di oggetti della Cultura di Hallstatt, che erano comuni in tutta la zona alpina orientale e che ebbero modo di diffondersi anche in area venetica. Ma anche panoplie sempre di foggia celtica, relative ad un periodo fra il IV ed il II sec. a.C. segnalano una presenza celtica di probabile provenienza carnica. Questa ipotesi supportata dalla presenza di numerosi nomi celtici nelle dediche votive e nello stesso toponimo Cadore che secondo il linguista Giovan Battista Pellegrini deriva dal Gallico identificato come il colle della battaglia, insediamento celtico fortificato sul Monte Ricco a Pieve de Cadore, nome poi esteso a tutta la zona. Lagole fu non solo santuario ma anche luogo di aggregazione come testimoniano le parecchie dediche pubbliche che parlano di una Teuta ovvero una comunità organizzata istituzionalmente, mostrando che il luogo fu anche fervente ritrovo per la vita politica locale.



7. Acque rosse solforose


Trumusiate (o Tribusiate in Latino) Sainate è la Divinità celebrata a Lagole, ed al potere salutifero delle sue acque, confermato anche da analisi medico-chimiche. Il tutto in una località disegnata fra torrentelli, polle, e sorgenti. Le sue acque provengono dal bacino meridionale del Monte Antelao. Troviamo tre laghetti, fra cui il più grande è  il laghetto delle Tose (delle ragazze, in dialetto veneto). L’odore dello zolfo è subito percepibile e la vegetazione è rigogliosa e accogliente. Il Santuario si trova lungo la Via che collegava il nord alla pianura e i monti al mare. Era quindi frequentato dalla popolazione locale, ma anche da militari come abbiamo visto sopra, oltre che da pastori e mercanti. Il luogo di culto come in tutta la Cultura Venetica era scelto con grande attenzione dalla comunità e doveva avere requisiti ben precisi, era sempre situato in un bosco e vicino a corsi d’acqua, delimitato da mura o cippi iscritti in Venetico che ne disegnavano il perimetro (l’alfabeto della zona di Calalzo utilizzava sia lettere vicine all’alfabeto di Este che a quello di Bolzano). Fra i rituali venivano anche sacrificati animali (ovini, caprini e suini) di cui poi venivano usate le ossa come offerte, insieme ad altri oggetti rituali. Il nome di Trumusiate ha nella radice il numero tre -tr- ed anche l’unità -mus- descrive il legame con l’umidità e con l’acqua di quest’area. Indicata come la Triforme, la Triplice o la Tre volte invocata. Alla Divinità ci si rivolgeva per grazie e favori, per sanare le ferite dei soldati di ritorno dalla battaglia e anche per propiziare una nascita. La stipe votiva ritrovata attraverso i suoi numerosi reperti ci parla di offerte di vario tipo, a cominciare dai simpula o simpuli, mestoli rituali di origine etrusca, che trovarono ampia diffusione nelle Alpi Centrali ed Orientali nell’Epoca del Ferro, e per le libagioni, e con cui si beveva l’acqua guaritrice e con cui ci si bagnava il corpo partendo dalla testa, l’acqua veniva raccolta in situle o situli, tipici contenitori a secchio in bronzo che caratterizzavano la produzione venetica. Le donazioni alle Divinità dell’acqua erano fatte anche perché l’acqua era portatrice di vita ma anche di morte. Le sortes erano piccole ossa di maiale o piccole monetine che venivano usate per l’attività divinatoria. Le donne chiedevano quanti figli avrebbero avuto, gli uomini se fossero tornati vittoriosi da una guerra. Le offerte votive come i simpuli appunto o spade ed armi venivano incise con iscrizioni di dedica alla Divinità e prima di essere affidate all’acqua sacra, defunzionalizzate, cioè spezzate, affinché non potessero essere utilizzate da altri.  Ma l’acqua sanante di Lagole non era solo per guarire il corpo e lo spirito delle persone e per gli intenti di vita o di battaglia, ma anche per l’animale che rappresentò l’antica Civiltà Paleoveneta: il cavallo. Animale totemico, in particolare quello veneto era robusto e veloce. Veniva venduto in tutta la zona del Mediterraneo e conosciuto ovunque per le sue caratteristiche peculiari che lo rendevano estremamente apprezzato. Per cui un animale che era anche fulcro dell’economia, oltre che mezzo di trasporto e compagno di imprese guerresche, non poteva che meritare anch’ esso di ricevere cura e guarigione. Per questo fra le offerte troviamo lamine con dediche per cavalli, le stesse lamine però potevano anche essere sostituite al sacrificio del cavallo. 



8. Riproduzione della lamina che ritrae un cavallo con iscrizione venetiche, entrata del Santuario di Trumusiate


Ma Trumusiate Triplice, chiaramente ci riporta al culto di un’altra Divinità venetica, la principale: Reitia, chiaramente femminile nota anche Lei, con gli appellativi di Sainate quindi sanante e Pora, cioè delle fonti delle acque. Governatrice dell’Acqua quindi, ma anche della Terra e del Cielo, definita anche Potnia Theron (Greco) cioè Signora degli animali. Le affinità quindi fanno presumere ad un’ omogeneità di culto, con nomi della Divinità diversi ma dallo stesso significato, anche se ad oggi non abbiamo assoluta certezza che Trumusiate fosse una divinità femminile, sebbene la Cultura dalla quale venne essendo di chiara matrice matriarcale, fa desumere questo anche in merito ad una rara lamina che reca al centro una decorazione a sbalzo con tre teste. Nelle primissime battute delle ricerche, fu associata ad Ecate ed ai suoi tre poteri, vita, salute e morte, ma ben presto questa tesi non trovò conferma. In epoca romana alla Dea sanante però subentrò il Culto di Apollo, anche lui Dio della Medicina che andò a sostituirsi anche nelle dediche dei pellegrini. Del resto la romanizzazione del comparto alpino orientale, iniziata con la fondazione della colonia di Aquileia nel 181 a. C. e terminata nel I sec. d.C. fece sì che i Romani integrassero pacificamente le genti locali e con loro i culti che assimilati vennero poi sostituiti anche nelle Divinità a cui offrire dediche. In merito abbiamo già testimonianza di culti variati dal femminile al maschile, basti pensare Delfi, che inizialmente dedicato a culto di una Dea fu poi dedicato, anche in quel caso,  al culto di Apollo. Ed a coloro che contestarono che a Lagole non si trovò statua dedicata alla divinità in forma femminile, salvo la placchetta a tre teste, si ribatté che con forte probabilità gli abitanti del luogo trassero il mito da forze della natura che vennero personalizzate e  divinizzate. 

Comunque sia, anche in epoca romana, il simpulum venne mantenuto e considerato come oggetto più rappresentativo dei riti offertori. Un’altra tesi invece asserisce che il culto legato a Trumusiate, fosse quello di un Dio verso il quale i numerosi ritrovamenti offertori di statuette legate a soldati, ma anche arti singoli come braccia e gambe, confermerebbero come tali oggetti fossero deposti a ricordare alla Divinità il problema per cui si donava. Ma visto che i Romani sono arrivati per ultimi nella zona e le genti Paleovenete erano legate a Reitia, come già scritto, propendo personalmente per la prima ipotesi, di una Divinità Sanante Femminile, ipotesi confermata anche dalla guida del Museo Archeologico del Cadore. Un’altra richiesta che veniva fatta a Trumusiate era la fertilità, numerose statuine itifalliche, e di corni di montone e cervo ci confermano questo tipo di ritualità, in quanto il corno era assimilato al fallo in erezione, ed anche in questo caso Reitia aveva le stesse prerogative.


9. Riproduzione di spade defunzionalizzate ed affidate all'acqua

10. Particolare di riproduzione di incisione


11. Riproduzione di simpuli


Il Culto della Divinità Sanante, con le stesse caratteristiche di Lagole lo troviamo anche in altri due Santuari: ai (Bad) Bergfall-(Bagni di) Pervalle, a Geiselsberg-Sorafurcia,, frazione di Olang-Valdaora in Alta Val Pusteria in provincia di Bolzano e nella Valle della Gail in Carinzia, a Gurina. I Bagni di Pervalle sono ricchi di solfati, sali minerali, calcio e magnesio. Nel 1840 sono stati trovati i resti di una piscina termale oltre a numerose offerte votive agli Dei risanatori ed alle ninfe delle acque, a titolo di ringraziamento per la guarigione di disturbi di tipo reumatico e sciatico, malattie femminili, della pelle e delle vie respiratorie.

I Fanes, mitologica popolazione, di cui Karl Felix Wolf, rinarrò agli inizi del 1900 le ultime memorie, affonda le proprie radici e le nutre di un immaginario narrativo che sorse a cavallo di un’ampia zona che include il confine dolomitico  ma anche la zona pianeggiante che digrada verso il mare Adriatico. Perché se c’è stato un territorio che è stato crocevia di culture e di genti differenti  è stato proprio quello fra i Monti Pallidi ed il bacino del Mediterraneo dove troviamo Venetici, Euganei, Istriani insieme ad i Celti ed in particolar  modo quelli insediati lungo il bacino della Drava. E quell’ insieme di Popoli, Culture, Tradizioni ed idiomi risulta rappresentato benissimo presso Lagole, ed indica appunto parentele di Culto e di Divinità fra l’attuale Este nel padovano e la Carinzia austriaca.

  12. Polla d'acqua
                             

Le Anguane o Longane rappresentano un altro mito di Lagole insieme a Trumusiate.  Sono creature legate all’ acqua, che si incontrano nella leggenda che va dalla Lombardia, al Trentino, all’ Alto Adige, al Friuli, ma anche in Lessinia ed in Romagna ed in Europa centro-orientale. Conoscitrici del futuro, e delle condizioni del tempo, talvolta bellissime ed ammaliatrici, altre volte madri dai lunghi seni che facevano ricadere all’ indietro per allattare i bambini nelle gerle, vivevano in luoghi isolati e difficili da raggiungere vicini a fonti, ed avevano varie attività che svolgevano prevalentemente di notte, come quella di lavandaie. Ed è in questa veste che fanno parte della Cultura Cadorina. Le Anguane erano lavandaie notturne appunto, ma aiutavano anche per la filatura, come narrato in alcune leggende. Mentre in altre assumono un significato negativo e divengono  invidiose, ladre ed assassine. Ma questa variazione in negativo sia storici che antropologi la assocerebbero all’ arrivo del Cristianesimo che rilesse la mitologia appartenuta alle culture precedenti, sradicandola dal contesto socio-culturale in cui era nata e attribuendole una connotazione densa di pregiudizio. Importante è vedere come queste figure femminili acquisiscano uno dei tratti principali legato al Male cristiano cioè gli zoccoli di capra, al posto dei piedi. Abbiamo anche un esempio di un grande cadorino, il pittore Tiziano, che in uno dei suoi disegni illustrò un’ Anguana come in effetti veniva descritta e rappresentata ai suoi tempi nel 1500, frutto della demonizzazione cattolica.  Così nei secoli, mille e forse più anni di culto di acque salutifere, fu passato alla Madonna della Salute, chiesetta antica nelle vicinanze di Lagole, all’interno della chiesa un altare è dedicato a Santa Lucia (protettrice dei malati di occhi) ed a Santa Apollonia (protettrice dei malati di denti). Sicuramente legato sempre al culto di questa zona dedicata alla salute abbiamo anche nella frazione di Rizzios una chiesa dedicata a Sant’ Anna protettrice delle donne incinte e dei neonati; e non da ultimo ricordiamo che il Santo patrono di Calalzo è  San Biagio, protettore dei malati di gola.


13. Riproduzione disegno Anguane Tiziano


Dal 2014, il Comune di Calalzo di Cadore, ad opera del Sindaco Luca De Carlo e della sua Giunta ha ripreso una serie di scavi fatti nell’ ottica di esplorare un terreno ed una storia che sicuramente lì come altrove in Terra Cadorina ha ancora molto da rivelare, oltre a valorizzare un territorio. Sono stati istituiti due sentieri tematici con tanto di schede illustrative ed esplicative, una storica ed una leggendaria. Un interessante lavoro fatto per coinvolgere non solo paesaggisticamente il turista, ma per condurlo nella storia e nella mitologia locale, in un percorso del Tempo. Unico neo ad un’iniziativa dal mio punto di vista estremamente pregevole, anche per alcune riproduzioni fedeli e particolareggiate di ritrovamenti storici come: statuine, simpuli, elmi, scudi, lance e spade, il fatto di definire Trumusiate esclusivamente come un Dio. Vista la mole di documenti storici, archeologici, e la conoscenza della Cultura del tempo, quando le acque e la guarigione erano tutelate da numi femminili, forse si sarebbe potuto usare il termine Divinità in maniera neutra e a cura (per rimanere in tema) della Cultura originaria di Lagole, prima dell’Apollo romano di cui ben sappiamo.
Andate comunque a Lagole, oltre ad attendervi un luogo incantevole ed adatto anche alle famiglie, troverete non solo un pezzo di storia, di conoscenza e di tradizione, ma incontrerete passeggiando o sedendovi su una panchina ancora una volta, oggi come allora, Trumusiate e le Anguane a darvi il benvenuto.

Articolo aggiornato al 30 maggio 2020








Immagini


*1,2,3,5,6,7,8,9,10,11,12,13 Tratte dall'archivio personale

*4 Fonte web, non individuabile


Bibliografia

*Nicola De Falco-Ulrike Kindl, Miti ladini delle Dolomiti, Ey de Net e Dolasila, Istitut Ladin Micura de Rü, 2012

*Enrico De Lotto, Una Divinità Sanante a Lagole (Calalzo di Cadore) nel III Sec. a.C. Comune Calalzo di Cadore, 2002

*Gianni Pais Becher, Il Cadore degli Emigranti, Comunità Europea attraverso il Comune di Auronzo di Cadore, 2000


Sitografia

*https://issuu.com/musei-cadore-dolomiti/docs/lagole_av_168

*http://www.academia.edu/19941385/Poco_differenti_per_usi_e_costumi_Veneti_e_Celti

*http://www.magicoveneto.it/cadore/Calalzo/Calalzo-Lagole.htm

*http://www.magnificacomunitadicadore.it/cadore/museo-archeologico-cadorino.php



lunedì 28 marzo 2016

Presa per mano lungo antichi sentieri.....



Negli anni ho spesso provato a domandarmi cosa mi spinse quel venerdì del 20 novembre 2009,  in una giornata uggiosa , che non invogliava certo l’uscita a decidere di andare a visitare un santuario molto particolare, nessuna chiesa o cappella, un santuario a cielo aperto. Io che abitavo da un mese esatto sulle Dolomiti, in quel Cadore che fu la mia porta di accesso ai Monti Pallidi, fui presa per mano e condotta lungo antichi sentieri vivissimi non solo di storia, ma di cultura, civiltà, energia, sacro. Da quel momento, da quel che sentii, nacque una ricerca, che ancor oggi continua e che mi ha portato a vivere nella Terra che vide le ultime scene dei Fanes, leggendaria popolazione dolomitica, che sviluppa la propria storia  in valli magiche a cavallo fra l’attuale Veneto, Trentino e Sudtirolo.  Nel 1911 Karl Felix Wolff, colui che riporto’ in vita il ciclo narrativo che racconta del tramonto della terra di Fanis e dell’epopea della sua popolazione nella sua prefazione al noto ‘Dolomiten Sagen’ , indico’ come già un vecchio autore (di cui non cita il nome) pur senza conoscere le leggende avesse definito la zona fra la val di Landro e la valle di Marebbe come una città incantata. Perché di questo si tratta, di puro incanto e chi leggerà troverà il risultato di un lavoro che iniziato circa sette anni fa è stato ed è di incontro con il territorio attraverso escursioni divenute poi lettura, studio, analisi, raccolta di informazioni ed appunti, che aprirono ed aprono varchi continui su altro , come in una matrioska della storia, della leggenda,  della mitologia,  del simbolismo. Ed allora l’ ascolto chiama ricerca. Nasce così questa sezione del blog dedicata a questo ‘sentiero dolomitico e non solo’ perché spazierà fra in Veneto ed il Trentino, fra il Sudtirolo e l’Austria , in un’analisi che va oltre i confini come attualmente li conosciamo, e attraverso cui condurre il lettore, in approfondimenti di cio' che è stato, è , e sarà legato  in merito a questa materia così varia e vasta. Gli antichi disponevano di una comunicazione piu’ profonda fatta di simboli ed archetipi, alla quale oggi noi non siamo piu’ abituati, perché come dice Ulrike Kindl, docente di germanistica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, noi siamo figli dell’Illuminismo e non piu’ abituati a decifrare le immagini ed il loro potere evocativo. Troverete così  in scritti singoli, anche questi simboli mano a mano che sorgeranno nelle leggende e nelle loro analisi.  Sarete presi per mano e condotti non solo attraverso  la storia, approccio inscindibile per comprendere la cultura e le tradizioni, ma anche e soprattutto attraverso la mitologia, le divinità, le forme evocative appunto ed anche attraverso brani narrati da me in cui vi portero’ in passeggiate, in escursioni, che poseranno sguardi  su quell’Incanto che continua ad essere Incontro con qualcosa che non smette mai di esistere, l’impronta energetica dei luoghi.


Lujanta

Monte Antelao dal rifugio Larin – San Vito di Cadore (BL)
 Immagine tratta dal web

lunedì 21 marzo 2016

Le ragioni di una scelta : il Druidismo



Ostara 2016- 20 Marzo h. 5.30 a.m.





Ci sono tradizioni millenarie dalle radici profonde ed ancora ben salde. Questa è la storia di un richiamo che si perde fra le pagine di piu’ esistenze. Inutile dire che quando nasce una pianta è perché vi è stato un seme a dare quella vita. Ed allora la prima domanda che mi sono posta è stata per capire il seme di questa nuova forma da dove venisse. 

Potrei iniziare col narrare di un incontro datato estate 2014, con una donna che ha cura di una pietra legata ai Solstizi , in un bosco ai piedi di Plan de Corones. Da lì in poi si sono susseguiti tutta una serie di tasselli che oggi danno forma e significato, all’ennesimo puzzle della mia vita e di cui l’immagine mi emoziona ed onora allo stesso tempo. Gli indizi, esattamente come nella scoperta di un tesoro, si sono susseguiti nell’arco di questi quasi due anni attraverso varie altre figure. L’incontro con Laura , Sacerdotessa del Goddess Temple di Glastonbury,  ha aperto un’altra porta importantissima,  il dono di un cristallo di rocca, ‘arrivato’ in una meditazione e trovato poi dopo qualche mese, insieme a visualizzazioni ripetute ma anche diverse nel tempo, mi hanno parlato di un apparente passato. 


Immagine tratta dall’archivio personale

Altre presenze hanno fatto la differenza: Déodat Roché, il Barone Sigmund Von Zois Von Edelstein,  Nikolaus Von Kues , la Sacerdotessa Katinka sempre del Goddess Temple. E poi ancora visualizzazioni ed intuizioni. Ho vissuto come tutti molte vite, e ricoperto ruoli diversi , spesso in chiave rituale, in tempi in cui la differenza che viene evidenziata oggi fra materialità e spiritualità non esisteva, perché lo Spirito tutto pervadeva e la materialità dell’agire e del fare erano solo una manifestazione in cui mai vi era scissione, perché erano la pienezza della vita. Nel luglio 2003 in un incontro pubblico, legato al dialogo interreligioso, nel Monastero di San Biagio a Mondovì nel cuneese, dedicato alla Madonna della Fiducia,  Lama Lobsang Sanghye mi parlo’ di una mia vita sulle vette piu’ alte del mondo. Molte mie vite passate ed anche questa mia hanno un comune denominatore: ritualità e guarigione.  Su di queste emerge un’ulteriore peculiarità che è fondamento e corona, la tutela e lo sguardo volto al Sacro Femminino come asse portante dell’esperienza intima piu’ profonda.

L’accensione della Fiamma  della  Grande Madre delle Dolomiti, sei mesi or sono proprio oggi, così come ultimi ma non meno importanti i Druidi Paolo e Giuseppe dell’OBOD-Ordine dei Bardi, Ovati e Druidi  conosciuti in questa occasione, si sono inseriti in questo mio disegno che intanto prendeva forza , anche se in maniera latente. 

Sicuramente, inoltre,  il fatto di abitare in un paese che ha origini antichissime , e che successivamente è diventato parte della cultura che fu la culla del Celtismo, la Cultura di Hallstatt, ha anche svolto un ruolo di primaria importanza, nel permettermi di entrare in risonanza con tutta una serie di dinamiche e situazioni. Così come in un vaso interiore, tutti queste parti, si sono mescolate fondendosi e dando luogo ad un intreccio profondo  che è passato poi per alambicco, in un’attenta e ponderata analisi.
Il 9 marzo ho scritto un pensiero su questo blog, rispetto ad un movimento interno che stavo osservando, ma di cui non immaginavo gli esiti che invece ho realizzato solo nelle ultime ore. Oggi dopo 11 giorni da quella riflessione, in Cerchio si è chiuso, ed al contempo si è aperto. La mia scelta, il Druidismo. 
 
Del resto a chi mi ha chiesto nel tempo di etichettarmi, rispetto a cio’ in cui credo, mi sono sempre definita una non-credente lontana da qualsiasi dogma, ma una sperimentatrice interiore fortemente legata alla Natura e quindi una donna di Dharma–pagana o una pagana-buddhista. Ancora oggi il lavoro compiuto dal Dharma sulla comprensione della Mente lo ritengo insuperabile, ma ho anche sempre detto  che in merito a molti di coloro che furono definiti pagani, non mi sarei stupita se un giorno avessi scoperto la stessa affine e forte non solo filosofia ma psicologia, perché avere consapevolezza della Natura e degli equilibri che la regolano nei suoi flussi e nei suoi cicli, richiede equilibri dove il dentro ed il fuori non esistono. Se guardare al passato puo’ portare consapevolezze, è giusto non vivere in esso, ma essere ben saldi nel presente, ed il mio presente mi chiede di integrare, qualcosa che con forte probabilità è già integrato di suo.
Quando una manifestazione interiore diventa lucida e consapevole, e quindi si manifesta anche esternamente, ed il passato non si separa dal presente, ma semplicemente è, si crea un oltre, e lì nasce la scelta, non scissa, ma anzi estremamente armonica, ed in quell’Armonia che è sorta la Primavera, Oltre.

Lujanta












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