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venerdì 7 gennaio 2022

Ajdovska Deklika, la Vergine Etena del Monte Prisank-Prisani (Slovenia)





Molto tempo fa, fra le alte rocce del Monte Prisank-Prisani viveva insieme a due sorelle una fanciulla; da tutti era conosciuta come Aidovska Deklika-La Vergine Etena (1). Era grande, grandissima, quasi come le vette fra le quali viveva, dotata di buon cuore si prendeva cura di tutti i viaggiatori, che principalmente per questioni di trasporto erano costretti ad oltrepassare il passo del Vršič-della Moistrocca. La strada che conduceva al colle era tortuosa ed il clima spesso mostrava il suo aspetto più pericoloso. In inverno la neve ed il ghiaccio, rendevano malagevole il percorso ed in estate improvvise nebbie si alzavano - anche nelle giornate più calde ed apparentemente serene - togliendo completamente visibilità e trasformando di fatto la strada in un luogo cieco ed estremamente rischioso. 

In quei momenti Ajdovska Deklika non esitava a lasciare la sua dimora, poiché il suo fine udito le permetteva di rilevare anche la più piccola situazione di insicurezza, disagio, paura e le grida che chiamavano il suo nome in aiuto. Giungeva in un battito di ciglia sul luogo dove i trasportatori di merci affaticati dal lungo tragitto si bloccavano, creando varchi tra le nebbie o tra la neve e permettendo così la continuazione del viaggio. La Gigantessa oltre ad essere un punto di riferimento per tutti, era molto amata, tanto che quando gli stessi trasportatori erano di ritorno, liberi dai loro carichi di merci, non dimenticavano mai di lasciare pane e vino lungo la strada che conduceva al monte Prisank-Prisani, perché era loro cura assicurarsi che quella Regina delle Vette non avesse mai da patire la fame o la sete. Ma la Dama Bianca – anche così era chiamata con le sue sorelle – oltre ad essere una guida fra gli impervi tornanti, era anche una Fata Madrina. Per ogni nuovo nato del villaggio, lei si dirigeva a casa della famiglia, si disponeva di fronte alla culla della bambina o del bambino e poi profetizzava il suo futuro. 

Fu così che fece una notte in cui ad una pastora era nato un bel bambino paffuto. Si recò presso la casa, la madre si era assopita dopo le fatiche del parto, non distante da lei una culla in legno, all'interno un fagottino nato da pochissime ore, dormiva serenamente avvolto in coperte di lana, che dovevano coprirne il piccolo corpo nella fredda notte montana. La Vergine Etena si chinò dolcemente sulla culla, lo guardò ben bene, poi si sedette accanto al fuoco e profetizzò "Quando sarai un uomo adulto diventerai un abile cacciatore, come questo villaggio e questa valle non hanno mai conosciuto, ma un giorno ahimé ucciderai Zlatorog, il bianco camoscio dalle corna dorate." Non appena le sorelle della Gigantessa vennero a conoscenza della profezia, la maledissero. Così Ajdovska Deklika come rientrò a casa nel Monte Prisank-Prisani, si trasformò in roccia e purtroppo non fu più in grado di offrire il suo prezioso aiuto ai viaggiatori, attraverso i tortuosi e spesso difficili tracciati montani. Il tempo però le diede ragione, poiché il suo atto di veggenza si verificò a distanza di qualche decennio, esattamente come lei aveva visto. Oggi il suo volto emerge ancora dalla pietra a guardia della Valle che abitò ed amò, a ricordo della sua storia.





 Note 

 1) La versione slovena si riferisce a questa Gigantessa con il termine Ajdovska Deklika che viene tradotto in Inglese con Heathen Maiden. Si può leggere un articolo completamente dedicato al lessema (origine ed utilizzo linguistico) il cui link è nelle fonti. 

 2) La leggenda porta con sé diversi elementi comuni anche ad altre mitologie europee, in primis a quella alpino-dolomitica; i Giganti connessi alle montagne, dove in questo caso abbiamo una o meglio tre Gigantesse protagoniste, Triade composta da Fate Madrine. Riguardo l'argomento fata si apre un tema che meriterà un articolo a sé stante, in un'analisi di tipo fondamentalmente antropologico, e che quindi non affronterò in questa sede. Possiamo intanto ricordare la fiaba dei Grimm La Bella Addormentata, che è forse il più famoso riferimento, quando si parla di queste Antiche Signore del Fato, protettrici delle donne incinte e delle puerpere. Dame del Fato che erano quindi capaci di predire con assoluta accuratezza il destino, e che soprattutto lo facevano vicino al fuoco della casa in cui si svolgeva l'atto di veggenza. In Slovenia sono conosciute come Sojenice o Rojenice, ma sono riconosciute in area balcanica quanto baltica. E' interessante vedere come uno studio con riferimenti culturali di fine 1800 (Copeland 1931) riporti che queste Donne del Destino sono anche legate alla credenza delle anime dei morti, proprio perché tessono il destino del nascituro, ma ne tagliano anche il filo legato all'ultimo respiro. Ne decidono quindi la sorte, la durata, come le peculiarità della vita e la modalità della morte, assomigliando così alle Norne germaniche. 

3) L'aspetto interessante e che distingue la versione odierna da quella più datata e risalente al XIX secolo, è che nel lavoro di approfondimento del mito sloveno a cui sopra ho fatto riferimento, viene evidenziato che a volte queste Signore del Destino vengono comunemente confuse con le fate o dame bianche, ma in origine erano sicuramente distinte da esse. 

4) Della versione più originale di cui si dispone, abbiamo dunque elementi che riportano a connessioni della Montagna Sacra con queste Gigantesse (come anche avviene con i Nani), che erano Filatrici del Destino, capaci di filare la sorte e di atti di veggenza, che veniva manifestata accanto al fuoco della casa; questo rimanda anche alle veggenti alpine di questa Provincia come la Willeweiss, La Wilwis dell'Hexenbödele o la Vecchia dell'Oberpurstein che profetizzavano nelle stube dei masi.

5) Per quanto concerne la Triade di Vergini del Destino, troviamo anche richiami alla figura Tre Vergini di Meransen-Maranza, meglio conosciute, in ambito sia locale sia riferito alle aree di appartenenza germanofona dove erano venerate, con il nome de le Tre Bethen, sebbene vi siano anche peculiarità specifiche e diverse a connotarle. 

6) Viene manifestato anche l'aspetto della maledizione, lanciata da due delle sorelle. Dunque esseri fatati sì, ma non necessariamente con la prerogativa esclusivamente benevola con cui dall' 800 in poi si è abituati ad associare la figura della Fata, nei racconti sia fiabeschi che leggendari, rendendo infantile ciò che un tempo non era di certo tale. Sappiamo infatti che laddove qualcuno avesse osato entrare nella Valle dei Laghi - di cui erano custodi - senza il loro permesso, avrebbero scatenato frane e smottamenti. Siamo quindi, in una lettura adeguata al contesto primordiale, oltre la scissione duale del bene e del male.

7) La gratitudine verso di loro veniva manifestata con offerte (pane e vino) che rimandano a offerte rituali di più antica matrice, dato che questo racconto, già arrivato a noi con differenze dalla versione più antica di cui ci parla Copeland, rimane comunque di matrice arcaica.

8) Il Camoscio dalle Corna d'Oro rappresenta invece la figura mitologica teriomorfa, che come spesso narrano racconti di origine ancestrale è la chiave per accedere ad un tesoro dal valore inestimabile custodito nella montagna. 






Immagine

*kraji.eu slovenija vrsic 


Bibliografia 

*AA.VV. Slovenian Folktales. 12 slovenskih ljudskih 

pripovedi Imprimo Ljubljana 2012 


*Dušica Kunaver – Brigita Lipovšek 

Slovenia in Folk Tales. Zlatorog in mith and reality

Kunaver 


Sitografia

*cfr. Il concetto di etenismo analisi dell'origine del termine e suoi utilizzi in ambito europeo

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2022/01/il-concetto-di-etenismo-analisi-dell.html


*cfr. La Willeweiß, l'Antica Signora delle Profezie delle montagne (Schlern-Rosengarten/Sciliar-Catinaccio BZ)

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2017/12/la-willewei-lantica-signora-delle.html


*cfr. La Vecchia dei boschi dell'Oberpurstein (Tauferertal-Valle di Tures BZ)

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2019/11/la-vecchia-dei-boschi-delloberpurstein.html


*cfr. La Wilwis, la Veggente della radura dell'Hexenbödele (Langstein-Longostagno BZ)

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2019/11/la-wilwis-la-veggente-della-radura.html


*cfr. Wielenberg, nel nome di Wielbeth, la Dea lunare, una delle Tre Bethen, la Triade di Dee celtiche delle Dolomiti pusteresi

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/11/wielenberg-nel-nome-di-wielbeth-la-dea.html Articoli e Monografie on line *F.S. Copeland Slovene Folklore (1931)


Articoli e Monografie on line

*F.S. Copeland

Slovene Folklore (1931)


 

giovedì 6 gennaio 2022

Il concetto di etenismo, analisi dell' origine del termine e suoi utilizzi in ambito europeo





Introduzione

L'indagine di questo articolo riguardo il termine eteno, intende dare informazione non solo inerente il significato etimologico, ma anche riguardo le fonti documentali ed i suoi utilizzi nei secoli.

Nasce non solo da un interesse scaturito verso il vocabolo, da quando diversi anni fa ne lessi l'etimologia - in un post che mi fece scoprire un termine a me ignoto - ma anche all'interno di un maggiore fermento scaturito in seguito ad un mio viaggio in Slovenia ed all'incontro con il folklore, quando mi sono imbattuta nuovamente nella voce, in quanto parte del titolo di una leggenda, che fondamentale nella narrazione locale, apre ed introduce al mito sloveno per eccellenza quello dello Zlatorog, il Camoscio dalle Corna d'Oro.

La Slovenia, stato slavo con cui ad est confina l'Italia, pur all'interno delle sue piccolissime dimensioni è una perla culturale, archeologica, storica e folklorica di rara bellezza. Il mito fondamentale ruota intorno alla morte del Camoscio dalle Corna d'Oro e di come la sua morte diventi maledizione per l'area del Monte Triglav- Tricorno rendendola rocciosa ed arida come oggi la conosciamo.

Un tempo l'animale viveva invece, fra cime innevate dove se cadeva una goccia del suo sangue nascevano rose profumatissime. A causa di chi aveva tentato di ucciderlo, decise di distruggere tutto intorno a sé, lasciando i versanti montuosi di nuda roccia e di scomparire. 

Da tempo immemore, con lo Zlatorog vivevano fra quei monti in quella che oggi è la Valle dei Laghi, Tre Dame Bianche, ed è da una di queste che verrete introdotti al mito di questa montagna considerata in qualche modo sacra. Ma è soprattutto dal titolo inglese di questa iniziale leggenda che nasce la necessità di questo scritto. La leggenda di Ajdovska Deklica viene tradotta in Inglese con The Heathen Maiden. L'incontro con il termine heathen all'interno della narrazione popolare slovena, ha reso utile dal mio punto di vista, un approfondimento sul tema, anche per chi ne leggerà il racconto.


Primi utilizzi del lessema eteno

Devo dire che per quanto si possa fare ricerca sulla parola, vi è veramente poco che descriva in maniera dettagliata attraverso forme e rimandi storico-linguistici, quanto culturali e cultuali, atti a circostanziare un lessema che va senza dubbio conosciuto, soprattutto per chi oggi segue le Antiche Divinità autoctone europee. All'interno di questo lavoro affiancherò l'analisi etimologica di diverse parole create dai Cristiani per scindere ciò che non apparteneva al loro Credo. Conoscere l'origine fondamentale (a livello almeno greco e latino) di alcuni vocaboli dedicati – definiamoli così - ci permette di conferire loro il valore che avevano per i nostri Avi all'interno dei contesti in cui sorsero secoli fa, prima di attribuzioni secondarie, in uso oggi, che non permettono però di analizzare le questioni correttamente poiché lette con una visione odierna.

Per indicare chi seguiva gli Antichi Culti indigeni, noi oggi usiamo termini come politeista o pagano, ma c'è un preciso termine con cui i circoli di matrice accademica etichettarono i popoli dell'Europa occidentale e centro settentrionale, a partire sin dal Medioevo, quel termine è eteno o etheno laddove se ne voglia mantenere un richiamo grafico all'anglosassone heathen. Questa parola oggi è usata in special modo da persone impegnate nella ricostruzione delle Tradizioni Germaniche di matrice pre-cristiana.

Il vocabolo apparve per la prima volta nella traduzione in lingua gotica dei libri del Nuovo Testamento, ad opera del Vescovo Wulfila (o Ulfila 310-383). La prima menzione assoluta del termine compare nel capitolo sette del Libro di Marco, ed è riferita ad una donna greca, nata nella Siria Fenicia e che supplicò Gesù di scacciare un demone che albergava nel corpo della figlia.


Etimologia del termine

Riguardo l'origine e l'etimologia della voce esistono due teorie contrastanti che la riguardano.

La prima e ampiamente accettata è che il lessema heathen tragga origine dal vocabolo heath (brughiera), la cui radice indoeuropea è kait con il significato di foresta incolta. Tale definizione è variata poco e la si ritrova nel gotico femminile haiþi, nel genitivo haiþjōs con significato di pascolo, campo, aperta campagna, terra incolta. Lo stesso significato hanno: l'Antico Inglese hǽð, il Medio Basso Tedesco hêde, così come il Medio Olandese hêde, heide, l'Olandese heide, hei, l' Antico Alto Tedesco, il Medio Alto Tedesco, ed il Tedesco heide oltre all'Antico Norreno heiðr. Un eteno quindi è letteralmente una persona che vive in terre desolate e selvagge.

Si presume che Wulfila abbia scelto una parola gotica che fosse sinonimo del latino dotto paganus con il significato di infedele. Che si tratti di una trasposizione di significato dei Cristiani di lingua latina da paganus – utilizzato sia come aggettivo che come sostantivo – tratto da pagus con valore di villaggio e quindi con accezione di abitante del villaggio sin dai tempi di Cicerone non vi è dubbio. La trasformazione del significato da abitante del villaggio a non cristiano, avvenne con probabilità a seguito del fatto che nei villaggi coloro che seguivano gli Antichi Culti erano di gran lunga maggiori che non nelle città, essendo la Tradizione più saldamente radicata; una seconda ipotesi è data anche dal fatto che i primi cristiani si definivano miles cioè militi di Cristo, facenti parte cioè della grande Militia Christi, in antitesi a coloro che definivano in maniera alquanto dispregiativa borghesi. La parola che deriva dal Tardo Latino burgu(m), ben prima di indicare gli appartenenti ad una classe sociale (chi non indossava uniformi ecclesiastiche o militari come ultimo significato in ordine di tempo), in origine definiva gli abitanti del borgo, come sobborgo fuori dalle mura cittadine. Quindi venivano definiti pagani i borghesi perché separati dalla città e di fatto separati dal cristianesimo. 

La stessa parola latina burgu(m) (185 d.C) originò dal greco pyrgos con il significato di torre, a sua volta influenzata dal germanico da cui - come si può evincere dalla stessa pronuncia dura della g - derivò dall'Antico Alto Tedesco Burg (gotico Baurgs – celtico Borg) con il significato di qualcosa di chiuso e protetto sebbene fuori appunto dalle mura urbane. Ma il borgo non è mai stato un luogo fortificato, a maggior ragione derivabile da un'antica torre. Erano invece luoghi popolari ed aperti seppur radicati nella tradizione, per questo l'origine della parola borgo così come dei suoi derivati è parallela al latino vulgus, con significato di volgo e popolo, e questo è ancora presente con passaggi fonetici, ben presenti nei dialetti della Toscana e dell'Italia centrale con trasformazioni letterali del tipo v > b e lg>rg. Si pensi appunto al Toscano boce per voce, bacca per vacca, balle per valle ecc.

Riguardo la seconda teoria non mi dilungherò molto proprio perché lacunosa di una base etimologica a suo supporto. Nacque ad opera di Sophus Bugge nel 1896 che tentò di fondarla su una presunta attinenza fra fonti bibliche e termini norreni. Per questo studioso tutto derivava dal mondo classico o cristiano ed il termine in questione era solo il prodotto del mondo classico mediterraneo e di una derivazione dall'Armeno het'anos. Nella sua visione pensava che le persone di origine germanica non avessero né un sistema mitologico né uno religioso proprio. Il suo pregiudizio e la mancanza di un fondamento linguistico però lasciarono che la prima definizione trovasse il suo giusto riconoscimento. Del resto le parole portate a supporto della sua tesi linguistica, per comparare le origini del lessema eteno, non manifestarono nessuna correlazione con le peculiarità semantiche insite nel vocabolo stesso e che abbiamo visto più sopra.


Breve sintesi dell'utilizzo del vocabolo all'interno di fonti storiche dal IV secolo in avanti

Dopo il IV secolo e l'utilizzo che ne fece Wulfila, la presenza del termine eteno scomparve dall'uso di documenti per alcune centinaia di anni, ad eccezione dell'utilizzo fatto in riproduzioni di Bibbie gotiche. Non sappiamo se perché registrato su supporti deteriorabili o se non fosse stato utilizzato all'interno di documenti ufficiali, da parte di genti germaniche che vivevano all'interno o alla periferia dei territori romani. Ad esempio se prendiamo in considerazione la popolazione dei Goti - di cui lo stesso Wulfila faceva parte – vediamo come diventò parte del tessuto romano e le cui testimonianze sono in Latino, anche perché lo stesso lavoro degli scrittori di origine germanica subiva l'influsso quasi esclusivo di altre tribù fortemente romanizzate.

Ritroviamo di nuovo il vocabolo in uso nel 616 all'interno delle Cronache Anglosassoni, in riferimento alla morte del primo re cristiano del Kent Æthelbert. La voce si rifà all' Historiam Ecclesiasticam Gentis Anglorum: Liber Secundus (Ecclesiastical History of the English People, Book Two), scritto da Beda il Venerabile, essendo la voce della cronaca una glossa della sua opera al cui interno il vocabolo eteno, lo utilizza due volte nella traduzione dal Latino all'Anglosassone. Dopo aver narrato della morte di Æthelbert, entrambi i testi, pongono l'attenzione sul fatto che suo figlio Eadbald non volesse convertirsi al monoteismo cristiano. Mentre Beda si riferisce a Eadbald come a chi viveva in maniera peccaminosa e di essere così tanto corrotto da non essere nemmeno ascoltato dalle Gentes (i Gentili). Il passo all'interno delle Cronache Anglosassoni riferisce semplicemente che viveva in hæðenum (heathendom). Merita un'analisi etimologica anche la parola Gentile dal Latino Gens-Gentis che nella terminologia cristiana antica indicava chiunque non fosse Ebreo o Cristiano, originario dall'aggettivo greco ethnikos da ethnos razza/gente ed utilizzato in maniera propria dall'ebraismo con il significato di popolo paganoGentile indicava perciò chi appartenesse alla stessa stirpe, alla stessa famiglia, da qui il comportamento amichevole fra i propri simili che diede poi luogo al significato ultimo che oggi usiamo ancora quando indichiamo una persona gentile.

Beda continua poi nella narrazione della partenza dei Vescovi Mellito e Giusto, dai Barbaros (Barbari) del Kent che avevano rifiutato di convertirsi. Usò Barbari dal latino Barbaru(m) a sua volta dal greco Barbaros, voce che alludeva alla lingua di coloro che appartenevano ad altra stirpe e che secondo i Greci ed i Romani sembrava un balbettio. Non usò quindi il termine Gentes in questo contesto e descrisse le loro pratiche come quelle di Daemonicis Cultibus (culto demoniaco). Il traduttore anglosassone che tradusse Beda scelse di non differenziare tra il termine Gentis e Daemonicis Cultibus ed usò il termine eteno per la seconda volta. La spiegazione di ciò nasce dal fatto che Beda scelse il termine per riferirsi alla Gente di Eadbald come ad un Popolo che era parte estranea di una nazione dove il Cristianesimo era religione istituita, e la definizione Daemonic Cultibus fu usato con l'intento di condannare la venerazione di Deità che nella visione di Beda erano chiaramente maligne.

Il metafraste anglosassone fece confluire così le due visioni nello stesso soprannome di hæðen. Il termine assunse in questo modo non più la valenza di straniero o abitante della brughiera, ma di chi si poneva al di fuori di uno stato cristiano ed aveva una condotta religiosa condannabile raggruppando questi due significati in un unico nuovo e più ghettizzante vocabolo.

Alla fine dell' VIII secolo il termine vide un aumento del suo utilizzo in vari documenti, con significato di estraneo sia al paese anglosassone che alla religiosità cristiana, tale definizione nacque fondamentalmente in relazione ai Danesi che minacciavano con continue incursioni l'isola anglica, terra sulla quale i re locali avevano provato a porre fine alle pratiche autoctone, non solo vietandole ma rendendole illegali a tutti gli effetti e definendole hæðenum.

I reggenti anglosassoni mano a mano che si cristianizzarono iniziarono una vera e propria azione volta ad estinguere pratiche religiose lontane dal cristianesimo. Le cronache e gli annali di questo periodo riportano come gli eteni praticassero stregoneria, effettuassero sacrifici, lanciassero maledizioni contro pozzi, pietre e alberi, ed anche effettuassero incanti di vario genere. Erano state istituite anche multe per chi facesse offerte a demoni. Questo in visione di misure sempre più restrittive e coercitive volte a bloccare l'adorazione di pietre, di pozzi, alberi o idoli. Tutto ciò confluì nella denominazione hæðenðom. Siamo intorno all'anno 1000 quando con la definizione di Cnut/ Canute I (altri titoli Canute II, Canute the Great, Knut den Mektige, Knut den Store - Canuto il Grande) Re d'Inghilterra, Danimarca e Norvegia e Governatore di Schleswig e Pomerania, l'etenismo evolvette da pratica indigena religiosa propria dei Danesi a quella delle persone dell'Europa del Nord che dovevano ancora essere cristianizzate. Il significato originale del termine come straniero fu pressoché perso e diventò più specialistico e riferito alla religione di genti germaniche. Questa prerogativa venne mantenuta e rafforzata all'interno degli scritti attraverso l'Europa del Nord e della Scandinavia, nei quali la parola eteno è sempre relata all'Antica Religione.


La ricchezza di un antico termine

Da ciò si evince riguardo la parola heath (brughiera) - nelle sue variazioni linguistiche in tutte le lingue germaniche - non solo l'antichità della parola stessa ma anche il fatto che al suo interno è contenuto uno dei concetti germanici innati. Così si definisce eteno colei o colui che vive nella brughiera, intendendo con questa parola terreni alluvionali quindi paludosi e poveri di humus, che non permettono vegetazione se non quella di arbusti e graminacee. Troviamo come sinonimo landa o steppa, quindi grandi appezzamenti appartenenti per lo più al nord Europa, ma tipici anche di zone per lo più pianeggianti, nelle quali è difficile la coltivazione di qualsivoglia pianta, vasti terreni brulli e selvaggi.

Il periodo di letteratura indagato da Rood (2008) termina con il corpus di opere relative all'Islanda del XIII secolo. Quella letteratura procura la più fine produzione letteraria all'interno della quale il termine eteno viene usato per descrivere specifiche genti e le loro pratiche religiose.

L. Heid (2015) nella sua opera prima, evidenzia come in secoli più recenti il movimento eteno abbia avuto radici nel Romanticismo, cioè verso la fine del XVIII secolo, quando la ricerca di molti che avevano volto il loro sguardo verso le Antiche Vie pre-cristiane portò ad una crescita della ricerca e rivivificazione delle antiche Tradizioni germaniche. Molti nomi noti di scrittori ed esoteristi quali – in ordine cronologico - Madame Blavatsky, Guido Von List, Aleister Corowley e Dion Fortune fecero parte di questo movimento. Movimento che in Inghilterra vide anche la nascita della Wicca.

L'etenismo manifesta così di avere numerose e variegate ramificazioni, con differenziazioni venutesi a creare in base al luogo di origine, alla Tradizione a cui si annette piuttosto che ad evoluzioni della stessa. Questo non deve fare pensare però ad un tutto uguale a tutto, perché se le comparazioni e le osservazioni anche di Divinità talvolta condivise di pantheon pur diversi, evidenzia proprio questa fase comune e primigenia dell'origine del termine, non si può fare un pastone che appiattisca le ramificazioni del Grande Albero dell'Etenismo.


Conclusioni

Il termine eteno o etheno che trova la sua espressione sinonimica in pagano, ha la sua prima assoluta attestazione, a partire dal IV secolo nelle traduzioni del Nuovo Testamento in gotico del Vescovo Wulfila, con riferimento al Libro di Marco ed a una donna etena di origine greca che chiede aiuto al Cristo per liberare la figlia da un demone che albergava nel suo corpo. Il vocabolo trova poi attestazioni successive prima in maniera meno uniforme e continuativa, sino ai tempi più recenti con una rivivicazione del termine e soprattutto del suo significato profondo. Il lessema vide risemantizzazioni successive che si avvicendarono nei secoli, partendo dal suo significato originario di straniero con valenza di infedele, a comunità rurali che stavano fuori dalle mura cittadine, portando una separazione di fatto fra il Cristianesimo espanso all'interno di mura cittadine ed un Ethenismo sviluppato ma soprattutto radicato in aree verdi e rurali. Abbiamo così una transizione dal significato di chi è straniero a chi vive in ampi spazi desolati e selvaggi. L'ampiezza, il respiro dello spazio ed il suo essere selvaggio ha forgiato, quanto è diventato insito al termine stesso. Intorno al 1000 designò prevalentemente Genti di Tradizione germanica. Essere eteni assunse così il valore non meramente di credo personale o dell' essere questione di centralità religiosa. Era molto più un aspetto legato alle comunità che praticavano. Poiché il concetto germanico di religione fu inseparabile da terra, legge, comunità e poteva essere compreso soprattutto in termini di frontiere concettuali.

Un'abitante delle lande per un membro di una prima tribù germanica o filo-germanica non sarebbe soltanto un individuo che vive nella sua area. Quell'individuo sarebbe un' estraneo, al di fuori della propria identità culturale, dei propri costumi, delle proprie leggi e della propria morale. Perché nulla è più vicino al Vero della Radice di una Stirpe, che siamo chiamati a recuperare attraverso ciò che abbiamo di disponibile in termini scritti e se ciò non c'è a cercare e a studiare, ad esempio attraverso l'archeologia ed attraverso ciò di cui ci parla tramite i suoi reperti, ma anche attraverso il folklore che non narra, a differenza della storia, quella esclusiva dei vincitori, ma quella di tutti. Il Culto delle Antenate e degli Antenati che io sento particolarmente, si lega inscindibilmente a quello di Stirpe perché prima di significare l'origine di una famiglia o discendenza, il termine latino stirpem, nella sua veste dotta, significava proprio famiglia di vegetali e radice come anche il suo allotropo sterpum.

Guardare quindi alla Stirpe significa guardare al Fondamento, all'Origine Primaria del Politeismo Autoctono Europeo, alle origini dell'Etenismo, scisso e protetto da qualsiasi concezione monoteistica












Immagine

*Tratta dall'archivio personale


Articoli e monografie on line

*Federico Pizzileo Vanatrù Italia

Sacro ed Etenismo la Custodia del Fuoco

*Joshua Rood

Heathen: Linguistic Origins and Early Context, 2008


Bibliografia

*Laugrith Heid

La Stregoneria dei Vani

Anael Sas Edizioni 2015

*Alinei Mario Benozzo Francesco

DESLI Dizionario etimologico-semantico della lingua italiana

Pendragon 2015

*Cortellazzo Manlio Zolli Paolo

DELI Dizionario Etimologico della Lingua Italiana

Zanichelli 2021

*AA.VV.

Lo Zingarelli 2022

Zanichelli 2021


Sitografia

*tommaseobellini.it

*etimo.it

*treccani.it