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sabato 28 maggio 2016

Brigit la Dea Serpente della Trasformazione e del Mutamento, della Conoscenza e della Fortuna



                                                          
                                                 

Uno dei simboli della Dea Brigit è il Serpente bianco, che si avvolge a spirale attorno ad una bacchetta e incarna i molteplici aspetti della sua natura. Simbolo di Trasformazione, Conoscenza, Ricchezza, il Serpente è anche portatore di Fortuna.

Tra il 1860 e il 1903, lo studioso Alexander Carmichael (1832-1912) raccolse un’ampia selezione di preghiere, invocazioni, incantesimi, poemi, aneddoti e racconti della tradizione popolare scozzese negli Ortha Nan Gàidheal, noti anche come Carmina Gadelica. Questi testi sono giunti fino a noi grazie alla trasmissione orale. Da questa raccolta emerge una breve poesia.

Presto nel mattino di Bride

Il Serpente verrà fuori dal buco

Non disturberò il Serpente 

Ne il Serpente disturberà me


Early on Bride's morn

The Serpent shall come from the hole

I will not molest the Serpent 

Nor will the Serpent molest me


(Carmichael, 1900) 


A questo proposito, la mia attenzione si sofferma su una storia, brevemente narrata nel video che segue, raccontata da una delle maggiori ricercatrici, antropologhe ed etnologhe del Sudtirolo.

Bruna Maria Dal Lago Veneri, classe 1935, traduttrice e studiosa, vive e lavora a Bolzano e ha dedicato oltre sessant’anni alla ricerca sulle Antiche Culture che un tempo abitarono queste Terre. Sebbene comunemente definiti Celtici per semplicità, questi Popoli appartenevano a una Tradizione Autoctona ancora più antica, unita dal Culto della Grande Madre Primigenia.

« È la storia di una memoria mitica. C'era un Serpente con la Corona in testa, che era la Divinità più grande dei Popoli Celtici. Questo Serpente portava fortuna e portava tutto. E la storia è la seguente. In un paese della Bassa, c'è una donna poverissima che ha un bambino. Con lui vive in una piccola casetta. Mentre cucina il latte per il suo bambino e svolge altre faccende domestiche, si rende conto che il latte non c'è più. Questo succede una, due, tre volte. Guardando bene si accorge che il Serpente con la Corona in testa, scende dal camino e va a bere il latte. Questo era il segno della massima fortuna. Ma la donna non riconoscendo la Divinità, chiama il vicino, e con una scure tagliano la testa del Serpente, prendono la Corona e la vanno a vendere all'orafo del paese. È la fine di ogni mitologia. »









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* Tratta da internet. Autore sconosciuto. Se sei l'autore dell’immagine pubblicata e desideri che venga aggiunto un credito o che l'immagine venga rimossa, ti invito a contattarmi.

Sitografia

* Cfr. Anagantios e il Tempo celtico di Febbraio e del Fuoco Sacro di Brigit, la Triplice

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/02/anagantios-il-tempo-celtico-di-febbraio.html

* http://www.druidry.org/library/gods-goddesses/brigit

* http://www.sacred-texts.com/neu/celt/cg1/ 


venerdì 20 maggio 2016

La Sorgente del Tempo Ritrovato, Bad Bergfall in Geiselsberg—Bagni di Pervalle a Sorafurcia (Olang—Valdaora, BZ)

 


Vi è un momento dell’anno in cui la natura si rinnova con delicatezza e vigore. I sempreverdi si adornano di nuovi aghi, e sottili pennellate di tonalità verde chiaro risaltano sullo sfondo intenso del bosco. I prati, che si distendono lungo i pendii e fino a valle, si accendono per pochi giorni di una luminosa sfumatura, un breve incanto che si compie tra la fine di aprile e l’inizio di maggio. È il tempo di Beltane, quando la primavera sboccia nel giallo vivace dei tarassachi, distesi come un tappeto dorato sotto il Sole, che sembrano giocare a nascondino: basta che le nubi oscurino il cielo perché i loro petali si chiudano, quasi a celare il segreto di questa stagione di passaggio.

1. Olanger See — Lago di Valdaora (BZ)

2. Vista di Olang—Valdaora ai piedi di Kronplatz—Plan de Corones. La frazione di Geiselsberg—Sorafurcia è l'agglomerato di case sulla sinistra, situato sul versante che sale a Kronplatz. Poco più in basso, sempre tra i boschi sull’estrema sinistra, si trova la località di Bad Bergfall—Bagni di Pervalle.



È così che Jana, quella domenica, decise di recarsi nella frazione di Geiselsberg—Sorafurcia, in località Bad Bergfall—Bagni di Pervalle, nel comune di Olang—Valdaora. La zona, situata tra la Pustertal—Val Pusteria e la Gadertal—Val Badia, si trovava al limite estremo di un’area a lei molto cara: quella del Parco Naturale di Fanes—Sennes— Prags, Fanes—Sennes—Braies.

Da tempo desiderava fare quell’escursione, dal significato particolare. I suoi studi inerenti le Divinità dell’Acqua in epoca celtica e preceltica l’avevano portata a indagare un antico Culto legato alle sorgenti, diffuso in un’ampia regione di cui faceva parte il Cadore, il Sudtirolo e il Tirolo. Si trattava di una tradizione salutifera, testimoniata da numerosi reperti archeologici, che parlavano chiaramente di Numi Acquatici venerati per la guarigione del corpo e la purificazione dello spirito.

Il cielo era coperto e l’aria fredda: quella primavera tardava a stabilizzarsi, come spesso accade in montagna, alternando piogge, nevicate fuori stagione e improvvisi abbassamenti di temperatura. Il sentiero era deserto, e Jana si ritrovò sola con i propri pensieri, che l’accompagnarono passo dopo passo lungo la salita. Raggiunto il parcheggio dell’hotel, poco sotto la sorgente, lasciò dietro di sé l’edificio isolato nel bosco, con la sua piccola cappella dedicata a San Teobaldo.


La chiesetta sorgeva sulla sinistra, accanto ai Bagni adiacenti all’albergo. Un dipinto sull’altare raffigurava malati di varia natura che si recavano in quel luogo per chiedere guarigione e grazia, sotto lo sguardo di San Sebastiano e San Rocco, Santi cristiani ai quali, nei tempi antichi, la popolazione si affidava per ottenere protezione dalle epidemie.

Sebbene il dipinto risalisse circa al 1700, Jana pensò che riuscisse a evocare con sorprendente efficacia l’andirivieni che doveva animare quella zona in epoche ben più remote. Il pensiero di camminare su sentieri battuti per millenni da uomini e donne in cerca di guarigione le trasmise un’emozione intensa. Ogni passo le sembrava impregnato del sentimento di attesa di chi, nel passato, aveva riposto la propria speranza in una manifestazione del sacro attraverso le acque che sgorgavano da quella fonte montana.


Il sentiero, piuttosto agevole lungo la forestale, seguiva il corso del Furkel Bach—Rio Furcia, che scorreva alla sua destra. Sulla sinistra, il bosco alternava zone d’ombra, ancora avvolte da un velo di neve, a radure punteggiate di piccoli fiori e teneri germogli sugli alberi. Jana osservava quel contrasto e pensava a come la montagna svelasse lentamente la propria vitalità, custodendo con cura la nuova vita e proteggendola dagli sbalzi climatici così frequenti a quelle altitudini.


4.5. Teneri germogli primaverili e fiori colorati spiccano con la loro vivacità, a ricordare che la primavera, mentre altrove è già avanzata, in montagna si svela con dolce lentezza.


Giunta a un certo punto della salita, Jana notò sulla sinistra una panchina in legno accanto a una fontana, la cui acqua sgorgava dentro un tronco scavato. Poco più in là, un cartello di legno segnalava che aveva raggiunto i 1300 metri circa, indicando la presenza della fonte sulfurea e le patologie per cui era ritenuta benefica.


 




6.7.8. Il sito della sorgente come appare arrivando dalla strada


 

Si guardò intorno e, poco più in alto rispetto alla punto dove la sorgente affiorava naturalmente, notò un pianoro. Gli alberi, disposti in un ampio semicerchio, disegnavano una radura perfetta, un luogo che sembrava aprirsi per accoglierla e lasciarsi comprendere. 


9. Dove la sorgente affiora e viene custodita 



Un silenzio insolito la accompagnava. Non era un silenzio vuoto, ma denso, quasi palpabile, come se qualcosa — o qualcuno — la stesse osservando. Jana si fermò. Tolse gli scarponi e le calze: sentiva il bisogno di stabilire un contatto con la terra, ancora bagnata dallo scioglimento delle recenti nevicate, sotto cui scorreva l’ultimo tratto della sorgente che sgorgava poco più in basso. Fece qualche passo sul terreno umido, percependo l’erba fresca sotto i piedi nudi. Dopo pochi passi, comprese che quello era il luogo che cercava. Perfetto per celebrare la sua Beltane, passata da pochi giorni e ancora carica della sua energia. Tracciò un cerchio e accese una piccola fiamma al centro. Fu in quel momento che il silenzio si trasformò.

Ai margini della radura, accanto a una collina rivolta a sud, una figura alta e slanciata la osservava. Immobile. Pallida. Il volto, incorniciato da lunghi capelli neri, era privo di espressione. Avvolta in un abito lungo e scuro che sembrava assorbire la luce del giorno. Nessuna mano emergeva dalle maniche. Nessun piede spuntava dall’orlo della veste. Jana rimase concentrata sui suoi intenti. Continuò il suo rito, ma la visione la colpì profondamente. Quella Creatura le era familiare. Era identica a quelle che aveva già incontrato in un luogo a lei caro: Lagole di Calalzo, dove il Culto di Trumusiate, la Divinità Salutifera delle Acque, era testimoniato da innumerevoli reperti, accanto a quello delle Anguane, Ninfe temute per i loro presunti poteri nefasti.

Forse, pensò, non era una coincidenza. Quei luoghi, seppur appartenessero a zone regionali, oggi diverse, erano accomunati da un’identità antica. A livello culturale e archeologico, si sapeva da tempo che gli stessi Culti e le stesse Divinità salutifere li legavano da millenni. A Lagole aveva già avuto modo di entrare in contatto con quelle misteriose figure, per ben due volte. Tentò, però, di concentrarsi sul rito, cercando di ignorare quella presenza che continuava a osservarne i movimenti, come se volesse comprenderne le intenzioni. Forse quella Donna non era solo una guardiana di quel luogo, ma la sua vera protettrice.

L’emozione la pervase. Era la prima volta. La prima volta in cui celebrava consapevolmente la propria connessione con la vibrazione della primavera inoltrata, con l’unione del Principio Femminile e del Maschile, il fiorire della Vita dentro e intorno a lei.





Quando invocò la benedizione del falco, un falco tra i rami a est rispose con il suo acuto grido. Due volte. Jana trattenne il fiato. Era un momento surreale: il dialogo sacro prendeva vita. La Donna comunicava con il falco, e proprio nella direzione a lui consacrata, riceveva la sua risposta, proveniente da poco più in là. Una lacrima le scivolò sul viso. L’emozione si era fatta respiro, manifestazione, realtà.

A sud, la Presenza femminile continuava a osservarla. I suoi occhi seguivano ogni gesto con un’attenzione antica, come se, dopo innumerevoli stagioni, stesse assistendo di nuovo a qualcosa di conosciuto. La cerimonia proseguì fino alla fine. Jana uscì dal cerchio custodendo la sacralità dei momenti appena vissuti, portando dentro di sé il battito della selva. Il bosco non era stato un semplice spettatore, ma un intimo partecipante di quella danza che celebrava la Stagione della Primavera. Si chinò per raccogliere le sue cose. Poi si voltò. Lo Spirito di Donna era lì, davanti a lei. Vicina. Troppo vicina. Jana sentì un sussulto. Non sapeva cosa sarebbe accaduto. La Creatura la fissò ancora un istante. Poi, con voce flebile, sussurrò: «Grazie», e si allontanò, scomparendo nella collina.



11. La collina non lontana dalla sorgente


Nel suo movimento rotatorio, l’abito lungo e irregolare si sollevò appena, lasciando intravedere un arto. Jana si bloccò. Quelle gambe terminavano con uno zoccolo, o forse con una forma indefinibile, che certo non era un piede ma assomigliava più a una zampa. Eppure, il suo pensiero non si fermò lì. Quel grazie. Dentro di lei risuonò come un eco profondo, colmo di significato. Era un ringraziamento antico, una riconoscenza per aver onorato il Movimento Eterno della Vita, per aver sfiorato quell’equilibrio sottile che da esso nasce. Chiuse gli occhi per un istante. Poi ringraziò a sua volta. Ringraziò la radura che l’aveva accolta, Ringraziò la terra sotto i piedi.

Quindi ridiscese di pochi passi, verso la fonte.

Fu allora che, da un gruppo di fiorellini, spuntarono due minuscole figure. Non erano semplici creature eteree, né apparizioni casuali: erano spiriti del bosco, essenze arcaiche e vibranti, nate dal respiro stesso della Natura. Dalla corolla facevano capolino, osservandola con occhi che sembravano racchiudere un tempo senza inizio né fine. Si sollevarono leggere nell’aria, senza fretta, danzando in cerchi lenti intorno a lei. I loro movimenti non erano casuali, ma parte di un ritmo più grande, il battito stesso del bosco. Poi, con voci sottili, appena un soffio tra le foglie, le sussurrarono parole che sembravano intrecciate al vento: «Il bosco e i suoi abitanti sono grati per ciò a cui abbiamo partecipato. I tuoi intenti erano puri, così come la celebrazione che hai onorato.»

Jana restò immobile. Non era preparata a quel momento. Abbozzò un sorriso, quasi incredula. In quella cerimonia si era sentita così incerta, così impacciata. Eppure, aveva risvegliato qualcosa. Aveva toccato il cuore stesso del bosco sacro di Bad Bergfall. Mentre scendeva a valle, il cuore le traboccava di emozione. Fu allora che comprese. 

Da secoli, la Natura attendeva quel momento. In un tempo sospeso, dove nulla che è unito può essere separato. Dove nulla finisce mai davvero.



12.13. Prati come tappeti di luminosi fiori di tarassaco pronti a chiudersi al primo arrivo di nubi minacciose 


Mentre rientrava a casa, le nuvole si addensavano sopra di lei, scure e minacciose. Ma ad attenderla c’era un’esplosione dorata: i fiori di tarassaco si aprivano ovunque, vibranti sotto la luce opaca del cielo.

Jana rallentò il passo. Nel Medioevo, ricordò, le Hagzissa — le Streghe, le Donne di Saggezza — usavano l’unguento ricavato da quei fiori per farsi accettare dalla gente, per placarne l’ostilità, e realizzare i propri desideri. I tarassachi sembravano rivolgersi a lei. Jana li osservò, e all’improvviso capì: in ognuno di quei fiori viveva ancora l’anima delle Hagzissa, della loro Cultura, della loro Sapienza. Mai erano state distrutte. Perché la Conoscenza non può essere cancellata. Le corolle aperte erano un sorriso. Il più bello che potesse ricevere. Un abbraccio dorato, caldo come il Sole.

E nell’aria, chiara come un respiro, arrivò una voce: «Bentornata a casa, tra noi.»






Nota

L’antico nome di Olang — Valdaora era Olaga, un toponimo di origine celtica, a testimonianza della presenza dei Celti, che abitavano nel fondovalle. La prima menzione scritta del paese risale al 985, quando il Vescovo di Bressanone, Albuino, la citò in un contratto vescovile. Ma le sue radici affondano in un passato molto più remoto. Le tracce più antiche di vita in questa zona risalgono a circa 200 milioni di anni fa, come dimostrano le orme di dinosauri ritrovate nei pressi dell’Hochalpensee—Lago dei Colli Alti. È inoltre documentato che i soldati romani rendessero omaggio alla Ninfa della sorgente sulfurea di Bad Bergfall—Bagni di Pervalle, offrendole sacrifici in segno di devozione.

Questa fonte condivide le proprietà salutifere con quelle di Lagole di Calalzo (BL) e di Gurina, in Austria. Si legga, a tal proposito, il testo dedicato al Santuario di Trumusiate in Cadore. 






Immagini

* Tratte dall'archivio personale laddove con firma filigrana

* 10. Tratta da internet. Autore sconosciuto. Se sei l'autore dell'immagine pubblicata e desideri che venga aggiunto un credito o che l'immagine venga rimossa, ti invito a contattarmi.

Sitografia

* Cfr. Prologo e toponimi

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/05/prologo-e-toponimi.html

* Cfr. Introduzione ai Racconti dell'Anima

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/05/introduzione-ai-racconti-dellanima.html

* Cfr. Trumusiate Sainate, la Divinità del Santuario di Lagole (Calalzo di Cadore, BL)

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/03/trumusiate-sainate-la-divinita-del.html

* http://www.gemeinde.olang.bz.it








martedì 17 maggio 2016

Prologo e toponimi






Racconti dell’Anima nascono da esperienze vissute nei luoghi in cui abito e che, in qualche modo, mi hanno chiamata. Non è la bellezza paesaggistica a guidare le mie scelte, né il desiderio di esplorazione, ma un sottile filo che lega le località in un intreccio invisibile. Quando questo legame vibra dentro di me, so che è il momento di partire: non solo per visitare quei posti, ma per riceverli.

Sono narrazioni che vedranno protagoniste figure sempre diverse, ma di cui emergeranno pochi tratti distintivi: il fulcro della storia, infatti, non sarà mai il personaggio, bensì l’esperienza, il susseguirsi degli eventi narrati. I veri protagonisti saranno i territori, lo scambio tra il visibile e l’invisibile, tra il paesaggio e chi lo attraversa. Ciò che accade dentro l’anima dei protagonisti non verrà raccontato, perché appartiene a una dimensione più profonda, che le parole non possono catturare. Le mie storie possono essere lette in modi diversi: come semplici racconti, come finestre su un altrove, come cornici per le immagini che includerò. Spetterà alla lettrice o al lettore scegliere se immergersi nella narrazione, interpretarla come una realtà o cogliere entrambi gli aspetti come inscindibili.

Nei racconti troverete spesso riferimenti a siti, parchi, fiumi e castelli. I nomi locali verranno riportati in tedesco prima che in italiano, per due ragioni fondamentali. La prima è il rispetto per la loro origine: molti nomi, tradotti, hanno perso la loro essenza, svuotati della loro connessione con il territorio e della loro energia originaria. Ogni nome locale sia esso geografico o meno, compresi i toponimi, racconta una storia e cancellarlo equivale a spezzare il legame tra il luogo e la sua memoria. Per questo, nel mio narrare, ho scelto di restituire ai fiumi, alle montagne e ai villaggi i loro nomi autentici. La seconda ragione è il desiderio di onorare questa Terra e la sua profonda impronta celto — germanica, affinché i lettori possano sentirla ancora viva nella grafia così come nel suono antico dei suoi nomi.






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* Tratta dall'archivio personale. Scorci di maggio tra nuvole e neve. Taisten — Tesido, Gsiesertal — Valle di Casies (BZ)

Sitografia

* Cfr. Introduzione ai Racconti dell'Anima

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2016/05/introduzione-ai-racconti-dellanima.html








Introduzione ai Racconti dell'Anima






Viandante, che incroci questo sentiero, vorrei chiederti di inoltrarti in esso senza pregiudizi. Concediti di ascoltare ciò che risuona dentro di te, di riannodare i fili dei tuoi ricordi ancestrali e delle tue verità archetipiche. Lascia alle spalle ciò che la storia ha riscritto nei millenni, modellandolo secondo fini che non sempre hanno rispettato la sua autenticità. Addentrati nel bosco, ascolta le creature di cui ti parlerò, ma avvicinati con il tuo sguardo, senza attribuire loro colpe che, forse, non hanno mai avuto. Spegni dentro di te i roghi che ti hanno allontanato da tradizioni e saperi antichissimi. Se vuoi davvero entrare, leggi con occhi nuovi, con rispettoso interesse, e porta con te ciò che scoprirai, lascialo risuonare nei tuoi passi, lungo le vie che percorrerai.
Permetti che ciò che ascolti riecheggi nei tuoi luoghi e che in te sia accoglienza. Percepirai sussurri e presenze, carezze invisibili, dialoghi sottili. Le Entità della Terra accompagneranno i tuoi passi tra selve e foreste; quelle dell’Aria danzeranno intorno a te nel vento e nelle brezze; quelle dell’Acqua si mostreranno nello scorrere dei rii e nei riflessi dei laghi, guidandoti nei tuoi recessi inesplorati. Le Entità del Fuoco arderanno nel cuore di profondità insondabili, brilleranno nello scintillio del Sole e nella Fiamma che scalda e illumina l'oscurità, mentre le Entità del Ghiaccio custodiranno il silenzio delle vette e l’eterno respiro delle nevi. 
Attraverso queste parole potrai ricongiungerti a ciò che il tempo ha diviso, ma che è in realtà inseparabile: l’Essere e la Natura. E a te, viandante che cerchi nel bosco la tua libertà, svestiti dai condizionamenti acquisiti ed entra in sintonia con la Saggezza Antica del territorio che ti accoglie. Essa potrà raccontarti più di quanto io possa narrarti.





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*Tratta dall'archivio personale. Schloss — Castel Welsberg, dalla frazione di Taisten—Tesido, Gsiesertal — Valle di Casies (BZ)