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martedì 2 febbraio 2016

Anagantios e il Tempo celtico di Febbraio e del Fuoco Sacro di Brigit, la Triplice

                                                 


      

Anagantios, il quarto mese dell'anno nel calendario celtico, cadeva tra gennaio e febbraio, un periodo nel quale si celebrava anche Imbolc, la festività dedicata a Brigit. Il ciclo dell'anno celtico aveva inizio con Samonios, il mese corrispondente al nostro novembre, che segnava il Capodanno secondo questa Tradizione.

Scoperto nel 1897 nel sud della Francia, più precisamente in Alvernia (Auvergne), il Calendario di Coligny è costituito da una targa bronzea — o meglio, dai suoi frammenti — che riportano una sequenza di giorni chiaramente riconducibile a un calendario di origine celtica.

Febbraio si apre con una festa sacra che, attraverso secoli di stratificazioni religioso—culturali, è oggi nota come Lichtmess (per esteso Maria Lichtmesse) nel mondo germanico, Candelora in Italia, Chandeleur in Francia e Candlemas nel mondo anglosassone. Ma alle sue radici più antiche troviamo la celebrazione della Dea Brigit, dal triplice aspetto, il cui culto arcaico è stato progressivamente trasformato dalla Chiesa in nuove forme rituali.

Febbraio, nell’Antica Roma, era considerato il mese della purificazione. Il termine latino februarius deriva da februa, che letteralmente significa “mezzi di purificazione”. I februa comprendevano, in generale, tutto ciò che serviva alla purificazione e da essi non solo origina il nome del mese, ma anche il verbo februare, con il significato di “purificare”. Ancora oggi possiamo osservare un'eco di questo concetto nella febbre, considerata un mezzo di purificazione del corpo e il cui nome stesso deriva da quella radice remota.

Nel calendario arcaico attribuito a Romolo, febbraio, considerato l’ultimo mese dell’anno, segnava la conclusione del ciclo annuale, destinato a ricominciare con marzo. Le purificazioni si svolgevano attraverso una serie di rituali, tra cui anche le comunicazioni con i parenti defunti nei nove giorni dei Parentalia.

La celebrazione del 2 febbraio, nota come Candelora, fu istituita dall’Imperatore Giustiniano a Costantinopoli nel 542 d.C. In origine, era dedicata alla Presentazione al Tempio di Gesù, che poteva avvenire solo dopo quaranta giorni dalla nascita. Questo periodo corrispondeva al tempo di impurità della donna dopo il parto, secondo un'antica usanza ebraica riportata nel Vecchio Testamento.

Per sostituire una festività più antica, la celebrazione assunse successivamente il nome di “Purificazione della Beata Maria”, in modo da contrastare il culto della “falsa” Dea Februa, riconducibile alla figura di Giunone, chiamata anche Lucina, Dea della Luce e protettrice delle partorienti. A Lei, infatti, erano dedicate processioni con fiaccole accese, simbolo di luce e di purificazione.

Ma a questo rituale se ne affiancava un altro.

Lupercali a Roma erano una celebrazione praticata dai gentili (dal latino, plurale di gentes), coloro che seguivano culti pagani, distinti dal cristianesimo, nei giorni più nefasti del mese, tra il 13 e il 15 febbraio. Plutarco ne fornisce un’accurata descrizione.

La festività era dedicata al Dio Fauno, nella sua manifestazione di Lupercus, protettore del bestiame ovino e caprino dagli attacchi dei lupi. I Luperci, sacerdoti di Fauno, percorrevano le strade vestiti solo di una pelle di capra e brandendo una frusta, anch’essa ricavata da strisce di pelle caprina, con la quale colpivano le giovani donne desiderose di propiziare la propria fertilità.

Per contrastare queste usanze, la Chiesa introdusse le processioni con le candele e, solo dall’XI secolo, su richiesta del clero franco—germanico, aggiunse la benedizione delle candele, che venivano poi portate a casa. Queste erano impiegate sugli altari domestici come protezione contro i fulmini, la grandine e le malattie del bestiame, ma anche nei momenti di pericolo: per chi era scomparso, per chi si trovava in fin di vita, durante le epidemie o nei parti difficili.

Ciò che un tempo era considerato superstizioso e pagano venne dunque semplicemente rielaborato con un nuovo nome. Ma il suo nome e il suo significato più antico, radicati nella cultura celtica, erano ben diversi.





Imbolc, celebrata il primo febbraio, è la Festa di Mezzo Inverno dedicata alla Dea Brigit. È il tempo della soglia aperta, in cui il gelo domina ancora la natura, ma al tempo stesso le dona la forza per prepararsi alla rinascita primaverile. Con la cristianizzazione, si verificò una profonda assimilazione dei culti pagani, che portò alla progressiva demitizzazione di una cultura millenaria, intrisa di religiosità e spiritualità. 

Imbolc, di origine irlandese, è conosciuta anche come Oimelc o ImbolgL’origine del termine non è certa: potrebbe derivare da Imbfolc, “grande pioggia”, nome con cui in molte località celtiche questa celebrazione è ancora nota. La pioggia può riferirsi sia al mutamento climatico di questo periodo sia alla sua funzione purificatrice, che lava via le impurità dell’inverno. Tuttavia, l’interpretazione più diffusa associa il nome a Imbolg, “nel ventre, nel grembo”, richiamando il concetto di rinascita e fertilità della Madre. In alternativa, Oimelc significa “lattazione delle pecore”.

Questo era il periodo più critico dell’anno: le scorte invernali erano ormai esaurite e la lattazione degli ovini e caprini garantiva la sopravvivenza attraverso latte, burro e formaggi, risorse fondamentali fino al ritorno dei raccolti. Imbolc rappresenta il tempo in cui la Dea, ormai vecchia e spossata dopo la discesa nel mondo sotterraneo, si rigenera per tornare in superficie, incontrare il Dio Kernunnos, innamorarsene e unirsi a lui in matrimonio a Litha.

La Dea Brigit, il cui nome deriva dalla radice indoeuropea Birgh, betulla, è associata all’albero che, secondo il calendario celtico arboreo, rappresenta il mese di febbraio. Figlia di Dagda, potente Re del Sole, aveva due sorelle omonime, manifestandosi così nella sua natura triplice. È la Dea fanciulla che succede all’oscura Cerridwen, Crona o Perchta. Protettrice del fuoco sacro e del Sole che si ridesta, è anche l’Antica Madre che, nel suo aspetto invernale, aveva dato rifugio agli animali durante i mesi freddi e che si manifesta come Frau Percht o Holle. È soprattutto custode del fuoco dell’ispirazione e della trasformazione.

Patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori, era strettamente legata alla poesia, che per i Celti rappresentava ispirazione, memoria ancestrale, magia e rito. Anche la lavorazione dei metalli era considerata un’arte sacra, e i fabbri, spesso di origine semidivina, popolano le mitologie di molte tradizioni europee. L’ultima grande espressione della sacra metallurgia è l’alchimia medievale.

Brigit è anche Signora delle acque e delle fonti, protettrice dei Druidi, delle ostetriche, delle levatrici e delle partorienti, umane e animali. Con l’arrivo della primavera, il calore scioglie i laghi e i corsi d’acqua ghiacciati, rimettendo in circolo la linfa vitale nelle piante così come la passione negli esseri umani. È la Dea del fluire, del rinnovarsi e del mutamento.

In alcune credenze irlandesi, Brigit aveva il volto diviso in due metà: una bellissima, l’altra spaventosa, capace di donare la guarigione o infliggere malattie. A Lei si attribuisce l’invenzione del fischio, usato per radunare i suoi amici, e del lamento funebre, nato quando pianse la morte di suo figlio Ruadan. Si narra che Excalibur, la spada di Re Artù, sia stata forgiata dalla Signora del Lago, figura talvolta associata a questa Divinità. Brigit è anche Regina delle Fate.

Tra gli oggetti sacri e gli animali legati a Brigit si annoverano: la coppa, emblema di abbondanza e simbolo del grembo primordiale; la ruota del filatoio, che rappresenta il Cosmo, il filo delle nostre vite e la Ruota dell'Anno; lo specchio, strumento di divinazione che riflette l’immagine dell’Altro Mondo, accessibile agli eroi e agli iniziati.

Il serpente è uno degli animali totemici di Brigit. In molte tradizioni, il serpente e il drago incarnano lo spirito della Terra e le forze naturali che attraversano crescita, decadimento e rinascita. La sua muta era vista come il simbolo del rinnovamento della natura, un processo che rispecchia la trasformazione della Madre Arcaica nei suoi diversi aspetti: la vecchia e la nuova Dea sono due manifestazioni della stessa essenza. Altri animali sacri a Brigit sono: il gallo, araldo del nuovo giorno; la mucca, simbolo della fertilità; nonché pecore, capre, cervi, orsi e lupi.

Il simbolo delle fiaccole, prima romane e poi delle candele cristiane, colloca sia Imbolc che Candelora tra le grandi feste del fuoco. Il messaggio insito in questo rituale è evidente, portare la luce sulla terra per esorcizzare l’inverno. Il principio del comportamento imitativo è chiaro: il fuoco riscalda gli uomini, così come il Sole deve tornare a riscaldare la terra. Il fuoco diventa quindi propiziatore della bella stagione, simbolo di purificazione e di rinnovata fertilità. È il fuoco del cambiamento.

Le tradizioni legate al fuoco sono molte, sia nelle pratiche antiche sia in quelle ancora vive oggi. In passato, le donne, quelle mestruate, versavano il loro sangue nelle fenditure della terra e lo coprivano con latte: questi due liquidi, entrambi simboli di vita, impastati con la terra donavano vigore e forza spirituale.

Oggi molti riti legati a questo periodo si conservano ancora, soprattutto nelle tradizioni austriache e locali. Come già accennato, il primo gesto propiziatorio è affidare al fuoco rigeneratore gli addobbi natalizi appena smantellati (evitando materiali sintetici). In Stiria, per purificare la casa e la stalla, si porta una candela bianca accesa in giro per gli ambienti, seguendo un percorso in senso orario. In Carinzia, invece, si fanno colare tre gocce di cera su un pezzo di pane, che verrà custodito per tutto l’anno come protezione.

Nel mondo contadino locale, resiste l’usanza di scuotere alberi e arnie per annunciare che la luce sta tornando e che presto arriverà il caldo. Chi vive vicino a un lago o a un torrente può affidare all’acqua piccole candele, che nella notte illumineranno il corso d’acqua e accompagneranno, in un gesto simbolico, il nuovo scorrere della vita.

I vaticini animali rappresentano una delle tradizioni più antiche ancora oggi rievocate in alcune celebrazioni di questi giorni, soprattutto nel nord Italia. Tra questi, vi è la tradizione dell’orso, animale cui si legano numerosi proverbi. Durante questa festa si cerca anche di interpretare i segni del tempo: osservando il comportamento dell’animale, si tenta di prevedere il clima per i successivi quaranta giorni. Le origini di questa pratica, tuttavia, rimangono sconosciute.

Nella tradizione alpina, anche altri animali sono stati considerati indicatori meteorologici, come la lontra, la marmotta e il lupo, mentre in Austria si guarda al tasso e alla volpe.

La Fiera di Sant’Orso ad Aosta è ancora oggi la più grande manifestazione di artigianato e produzione locale del nord Italia. Anche in questo caso, un antico nume della vegetazione è stato sostituito da un Santo dalla dubbia esistenza.

Ma torniamo a Brigit. Il culto della Triplice Dea era sicuramente diffuso in tutto il territorio celtico europeo, come dimostrano i toponimi ancora esistenti in Francia, in Italia e nelle terre germaniche. Bordeaux, in Francia; Breganze, in provincia di Vicenza, alle falde dell’Altopiano di Asiago; Briga, nel Canton Vallese, un'area che apparteneva all'antica Provincia della Rezia, abitata da popoli come gli Uberi, i Seduni, i Veragri e i Nantuates. Anche Bregenz, città austriaca sul lago di Costanza e capoluogo del Vorarlberg, conserva l’eredità di questo culto, essendo stata la patria dei Briganti, popolazione celtica che ritroviamo successivamente in Inghilterra e in Irlanda, dove il loro insediamento era noto con il nome di Brigantium.

La Candelora ha assunto nel tempo, a seconda delle regioni, diversi nomi, tra cui Candelaia, Ceriola, Siriola e ZariolaOltre ai bucaneve, che candidi sbocciano per primi in questo periodo, penso ad altri due fiori legati a questo momento dell'anno: la primula e, in queste zone, il croco, la cui fioritura dipende molto dall'altitudine. Tutti e tre raccontano di una forza che emerge nella fragilità, protesi verso il Sole, capaci di vincere il gelo per affacciarsi per primi alla luce.




Se ci soffermiamo sulla numerologia, scopriamo che nella tradizione della Candelora ricorre un elemento significativo: il numero 40, che condivide il simbolismo del 13, la morte rituale. Ma ciò che sembra giungere alla fine è solo apparenza, perché la morte non è che il varco verso una nuova primavera. E, infine, il mio pensiero si volge a questa Valle, alla Pustertal, la Val Pusteria, alle sue numerose fonti, ai suoi laghi, alle sue leggende. Cercherò Brigit anche qui, certa di incontrarla.






 

Immagini

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Bibliografia

* Cattabiani Alfredo, Lunario Dodici mesi di miti, feste, leggende e tradizioni popolari d’Italia, Arnoldo Mondadori Editore 1994

* Dal Lago Veneri Bruna Maria, Numina Rustica Santi nella tradizione popolare della terra delle montagne, Alphabeta Verlag 2014

* Fattore Roberto, Feste Pagane, Macro Edizioni 2004

Sitografia

* http://www.acam.it/candelora-origini-e-tradizioni-popolari-e-pagane/ La festa del Fuoco Andrea Romanazzi

* www.treccani.it

* http://www.materterra.it/

* http://www.lasoffittadellestreghe.it

* http://www.memoriapopolare.it

* http://www.cronacheesoteriche.com

* http://www.celticworld.it

* http://www.ilcalderonemagico.it

* http://www.brauchtumsseiten.de

* http://www.mdr.de

* http://www.jahreskreis.info

* http://www.keltoi.ch

Altre Fonti

* La Chandeleur et la Saint Valentin en Savoi, Revue d'ethnographie et des traditiones populaires, Arnold Van Gennep, 1924

* Lunario Toscano, 1805






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