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sabato 23 novembre 2019

La Wilwis, la Veggente della radura dell'Hexenbödele (Langstein — Longostagno, BZ)





L'Hexenbödele è una radura nell'abitato di Langstein—Longostagno, da tempo immemore quel luogo è da sempre noto alla popolazione locale. Gli alti larici che lo abitano fungono da corona ad uno di essi di maggiori dimensioni, un albero che da sempre ispira grande rispetto agli abitanti del luogo, poiché quell'albero è la dimora della Wilwis

La Wilwis è anziana, molto anziana, incurvata dal passare del tempo. È una donna piccola, dai capelli color cenere, e la gente spesso la chiama strega. Non pensate, però, che sia cattiva: al contrario, le sue frasi, spesso espresse in rima o come proverbi, hanno sempre rappresentato una risposta alle questioni più disparate, sebbene quelle parole trovino il loro vero significato solo con il passare del tempo, per chi le ascolta. Lei vive della Conoscenza che non appartiene al Tempo: ha nozione di ciò che tutti chiamano passato e futuro. E quando un argomento richiede un approfondimento, consulta un grande volume, un libro magico.

Rispettata e temuta, i suoi sussurri, è vero, offrono risposte — quelle risposte che molti affermano di desiderare ardentemente. Tuttavia, quelle stesse risposte sono accolte con timore, poiché tutti sanno che le sue visioni si avverano sempre.

Il suo magico libro è nascosto tra le radici del grande larice che la ospita, e Lei non esita a sfogliarne le pagine ogni volta che se ne presenti il bisogno. Ma talvolta è accaduto che qualcuno le chiedesse da dove nascesse il mondo o quale ne fosse l'origine. Allora, con voce calma e profonda, ha spiegato:
"Vi furono Giganti che si presero cura di me fin dalla mia nascita. Conosco Nove Case, Nove Mondi e un Albero del Mondo, le cui radici affondano più in profondità di quanto chiunque possa immaginare. Alla fonte, sotto quelle radici, vivono Tre Donne: Colei che conosce ciò che fu, Colei che conosce ciò che è, e Colei che conosce ciò che sarà."

In inverno, la si può scorgere emergere dalla bruma del bosco, nelle giornate di ghiaccio pungente. In quei giorni di freddo intenso, al suo fidato larice preferisce le case altrui, e in particolare la Stube, tutta rivestita in legno. Quel luogo le ricorda la sua casa—albero, dall'odore resinoso a Lei tanto familiare, reso ancor più vivo dal calore del fuoco acceso. Arriva senza preavviso, quando nessuno se lo aspetta, e con la stessa imprevedibilità può svanire, tornando da dove è venuta.

Ma è di fronte alla brace, ipnotizzata dal movimento sinuoso del fuoco, che le sue parole sembrano danzare nella mente di chi l’ascolta. Si trattiene a lungo, farfugliando vocaboli in rima, spesso simili a indovinelli, gettati lì come per ingannare il passare delle ore. Eppure, quelle parole hanno una strana forza: si insinuano in chi le ascolta, e arriva sempre il momento in cui si trasformano in realtà vissuta, come un destino che prende forma.

In passato, accadeva talvolta che la padrona di casa le offrisse un piatto di minestra, un gesto che Lei accoglieva con genuina gratitudine. Ma col passare del tempo, quella presenza, un tempo benvoluta come portatrice di messaggi provenienti dai confini del mondo visibile, iniziò a diventare scomoda, persino invisa al villaggio.

Una mattina, dopo giorni passati nella Stube di un maso, dove sembrava essersi stabilita senza alcuna intenzione di andarsene, i bambini della famiglia, nel tentativo di stupirla e forse spingerla ad allontanarsi, presero dei gusci di uova bianche e li posarono sulla stufa.

Quando la vecchia Wilwis vide ciò, scuoté la testa e disse:

"Sono 'Colei che vede' 

Abito queste Montagne prima di ogni altro Spirito

Ho scorto ed udito cose che nessuno conosce

Nove volte bosco e nove volte prato

Lo Schlern come una noce

Il Rotwand come la mano di un bambino

Il Tschagerjoch come una gemma

Ma mai un focolare pieno di gusci di uova"

Da quel momento, si allontanò dalla casa, e nessuno mai più la vide nella radura dell'Hexenbödele.



Note

Attraverso questa lettura della leggenda della Willeweiß, scopriamo che i Germani la chiamavano Wilwis. Qui, l'antica figura assume i tratti della Veggente per antonomasia dei Popoli del Nord, Colei che vede, a cui è dedicato l'intenso volumetto della Vǫluspà.

La narrazione vuole che l’Antica Profetessa delle Montagne, quando il bel tempo la conduce a dimorare tra i rami del larice più possente nella radura dell’Hexenbödele, consulti un libro di Conoscenza che attinge da un non-Tempo. Nello scritto della Vǫluspà, la stessa Veggente, chiamata in Norreno Vǫlva, è essa stessa Conoscenza: Lei che sa del passato e del futuro, poiché custodisce in sé, simultaneamente, memoria ancestrale e visione profetica.

Nella reinterpretazione locale, l'Yggdrasil, il maestoso frassino cosmico della mitologia nordica, lascia il posto a un larice autoctono. Allo stesso modo, le Tre Norne, custodi del destino, trovano una nuova forma narrativa: tre donne misteriose, non esplicitamente definite, che vivono presso le radici del larice nella radura, legate al filo del tempo.

Un altro elemento ricorrente in tutte le versioni della Willeweiß è l’uso di un linguaggio criptico, che richiama l’ermetismo della Vǫlva della Vǫluspà.

La storia culmina in un epilogo che accomuna ogni variante fin qui esplorata. La Veggente delle Alpi scompare, invisibile agli occhi degli uomini. Presenza antica e venerata per millenni, legata alle comunità di queste montagne, diventa infine una figura scomoda, forse per il peso di una cultura emergente che la esclude. Ma la sua scomparsa non è definitiva: la Veggente è un’entità fuori dal Tempo, che trascende le dimensioni del Vivere e del Morire, un simbolo che persiste oltre il visibile.






Immagine

*La Sorcière 1835, Jacques-Raymond Brascassat, Musée des Augustins Toulouse

Bibliografia

*Geshleier Kathrin, Meine Südtiroler Sagenwelt. Ein Sagenbuch für die ganze Familie, Verlag A. Weger 2019

*Polia Mario, Vǫluspà "I detti di colei che vede", Ed. Il Cerchio-Il Corallo 1983

*Meli Marcello, Vǫluspà. Un'apocalisse norrena, Carrocci Editore 2008

Sitografia

*Cfr. La Willeweiß, l'Antica Signora delle Profezie delle montagne (Schlern-Rosengarten/Sciliar-Catinaccio BZ)

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2017/12/la-willewei-lantica-signora-delle.html

*Cfr. La Vecchia dei boschi dell'Oberpurstein (Tauferertal-Valle di Tures BZ)

https://ilblogdilujanta.blogspot.com/2019/11/la-vecchia-dei-boschi-delloberpurstein.html

domenica 10 novembre 2019

La Vecchia dei Boschi dell'Oberpurstein (Tauferertal — Valle di Tures, BZ)





Si percorre un ripido versante della montagna per arrivare all'Oberpursteinhof, luogo da cui si gode da sempre una splendida vista sulla valle sottostante. Un autunno come tanti, molto, molto tempo fa, al calare del sole, mentre l'aria fuori era già fredda e le nuvole si stavano abbassando a cingere la montagna, nella piccola borgata comparve Lei. 

Nessuno l'aveva mai vista prima, e non si conosceva l'esatta provenienza di quella figura. Era vecchia, vecchissima, e per alcuni aveva addirittura millenni. La sua presenza era inquietante: il viso, segnato da un pallore mortale, sembrava raccontare storie di tempi remoti. Il gelo del bosco, da cui sembrava sorgere, pareva permeare il suo corpo. 

Quando arrivava al maso, entrava nella Stube senza dire una parola, si sedeva di fronte al fuoco e si lasciava avvolgere dal calore. Il crepitio dei ciocchi di abete che ardevano nel focolare accompagnava il suo sguardo fisso, perso nelle fiamme. Era come se si nutrisse di quel calore, come se il fuoco fosse l’unico legame tra Lei e la vita.

Ma la gente della piccola comunità decise che non la voleva più vedere nella Stube del maso. La sua presenza era un monito costante, un’ombra che sapeva di morte pur essendo viva. Era silente, ma tutti temevano che potesse parlare, perché sapevano che le sue parole, seppur rade e apparentemente insensate, trovavano sempre conferma. Ed era proprio quella veggenza a incutere timore.

Pensa e ripensa, si chiesero come allontanare quella Vecchia che non apparteneva al loro tempo. Decisero di agire la notte di San Silvestro, l’ultima dell’anno. Cosparsero il focolare di gusci d'uova svuotati — bianchi come il pallore delle sue ossa — e li disposero numerosi. 

Lei arrivò come sempre, trascinando il suo fragile corpo. Quando sollevò lo sguardo verso il fuoco e vide i gusci d’uova, il suo volto si corrugò. Fu allora che parlò. La sua voce, solitamente simile a un sussurro, si fece nitida, chiara, e tutti poterono udirla:

"Sono così vecchia, che il Tempo non mi appartiene

Ho visto l'inconoscibile ed udito ciò che nessuno ha mai udito

Sono l'Antica Donna della Selva

Conosco bene la Tauferertal e tutta quest'area

Nove volte campo e nove volte foresta

Weissenbach come varco

Rauchkofel come un gigante

Ma mai avevo visto così tanti gusci di uova bianche su un focolare"

Detto questo si allontanò nella notte e mai più fu rivista. 



Note

Nel 2017, per la prima volta, narrai di una figura che nelle mie ricerche non avevo mai incontrato prima: la Willeweiß. Questa veggente, che si aggira in inverno fra le case, è una figura selvaggia e boschiva, rispettata ma anche temuta per le sue visioni, da sempre riconosciute come attendibili. L’unica scrittrice di cui, sino a quel momento, avevo letto e che trattava di questa Donna a cavallo fra questo e l’Oltremondo, era Brunamaria Dal Lago Veneri. Come accade per molte figure leggendarie, la Willeweiß sembrava essere tipica di una certa area geografica. Scoprii che la Signora della Profezia, almeno in quella narrazione, era legata al Parco Naturale Schlern—Rosengarten/Sciliar—Catinaccio e al Ritten—Renon.

Il tema della mostra tenutasi nel 2018 presso Burg—Castel Taufers, dal titolo Sagenhaft! Südtiroler Sagen auf Burg Taufers—Mitico! Leggende del Sudtirolo a Castel Taufers, si sviluppò in concomitanza con l’Anno del Patrimonio Culturale Europeo, di cui leggende, racconti e mitologia sono parte integrante. Le prime storie tramandate su carta — e non più solo oralmente — risalgono al XVII secolo, in quel 1600 che vide numerosi roghi per stregoneria, con esempi eclatanti anche in Tirolo. In quel periodo, nel tentativo di “cristianizzare” la narrazione, si introdusse spesso o rafforzò  una declinazione cattolica dei racconti. Solo nel XIX secolo si assistette, però, a una raccolta sistematica della tradizione locale, con l’intento di trasferire ai posteri questo patrimonio letterario folcloristico. In questo senso, l’opera di Johann Adolf Heil, Volkssagen, Bräuche und Meinungen aus Tirol, è considerata, ancora oggi, il testo cardine della narrazione più autentica. Molti scrittori contemporanei hanno attinto a questa fonte per tramandare un’eredità di ancestrali simbolismi, incarnati da figure che affondano le loro radici in un Tempo fuori dal tempo. 

Proprio leggendo le numerose versioni di storie antiche, sui pannelli che costituivano l’esposizione, la mia attenzione fu rapita da un racconto che, sia nella trama che nella protagonista, parlava di una Presenza dell’Inverno. Questa figura, già oggetto della mia ricerca del 2017, era la Donna dalle bianche ossa, la Willeweiß. Nel mio studio, la sua figura era risultata peculiare di un’area ben precisa: il gruppo montuoso occidentale della Provincia di Bolzano. Tuttavia, la narrazione che incontrai alla mostra mi sorprendeva: molte delle storie favorivano infatti le leggende legate alla Tauferertal—Ahrntal/Valli di Tures e Aurina. 

La Willeweiß di questa leggenda, sebbene mai ne venga menzionato il nome, risultava identica alla figura analizzata l’anno prima, una presenza legata al "Tempo della Decadenza e del Gelo", visibile solo nella parte invernale dell’anno, quando la luce cede il passo all’oscurità, alla nebbia e al freddo pungente. Tuttavia, qui si trovava in una valle diametralmente opposta rispetto alla mia prima analisi. I racconti sembravano specchiarsi l’uno nell’altro: così come a ovest la Willeweiß era collegata al Gaigenhof a est la ritrovavo associata a un altro maso, l’Oberpursteinhof.

In entrambe le versioni, la figura manteneva le stesse caratteristiche di comportamento, suscitando identiche reazioni in chi la incontrava. Persino il metodo per allontanarla per sempre era lo stesso. L’unica differenza rilevante era che, nella vallata orientale, la figura non aveva un nome preciso: veniva definita più genericamente Donna Selvaggia/Selvatica (legata comunque alla selva, al bosco).

Oltre a quanto visto nella mostra, di Lei ho trovato un'unica traccia, dalla quale con quasi certezza la stessa esposizione ha attinto, scritta dal ricercatore locale Konrad Steger che dichiara di aver raccolto la storia da testimonianze orali in Valle.






Immagine

* Tratta da Pinterest.it

Fonti locali

*Mostra 2018 Burg—Castel Taufers: Sagenhaft! Südtiroler Sagen auf Burg Taufers — Mitico! Leggende del Sudtirolo a Castel Taufers

*Konrad Steger, Raccolta fonti orali di Valle Aurina

*Hans Fink, Sul leggendario mondo della Valle Aurina, Contributi storici locali

*Ed. Speciale Der Schlern n°7/8 1978, Qui raccontiamo storie della Valle Aurina, Opuscolo della classe 3E della M.S. St. Johann 1989/1990

Sitografia

*cfr. La Willeweiß, l'Antica Signora delle Profezie delle Montagne
(Schlern — Rosengarten/Sciliar — Catinaccio, BZ)