Burg
Karneid- Castel Cornedo A partire dal 1973 è dimora privata della famiglia di origine
bavarese di Christoph Von Malaisé che lo ereditò da Friedrich Von Miller, ma il
maniero ha un storia articolata che si è sviluppata nei secoli, sin dalla sua
costruzione intorno al tardo 1200 (non se ne conosce la data esatta di edificazione)
ad opera, sembra, dei Signori Von Grafeinstein. A questi seguirono i Von
Liechtenstein (1378-1766) e dalla morte dell’ultimo erede di questa famiglia il
castello divenne di proprietà del Comune di Bozen-Bolzano. Acquisito
successivamente dai Signori Von Goldegg per poi passare ai Von Miller, sino
agli attuali proprietari. La sua struttura imponente è resa ancor più
importante dall’altezza da cui il castello domina il territorio sottostante,
infatti sorge sul lato sinistro della Eisacktal-Valle Isarco all’imbocco con la
Eggental-Val d’Ega su uno sperone roccioso circondato da dirupi ed orridi, che
lo rendono tanto isolato quanto rievocano sanguinosi assedi e perdite cruente
di uomini e guerrieri. La sua posizione lo pone a guardia di un incrocio
territoriale che fu importantissimo sia come baluardo difensivo che come
controllo di scambi e traffici, godendo dei diritti amministrativi che
permettevano di imporre dazi e tasse oltre ad essere distretto dell’autorità
giudiziaria della zona, che decideva delle pene pecuniarie quanto di quelle
corporali, sino ad arrivare alle decisioni in merito alle esecuzioni capitali, di
cui abbiamo testimonianza che furono eseguite intorno al 1500 in località
Gallpichl dove vi era il patibolo. Fra i distretti sui quali Burg Karneid aveva
giurisdizione vi erano quelli di Kardaun-Cardano, di Steinegg-Collepietra,
Blumau-Prato all’Isarco,
Gummer-San Valentino in Campo e Welschnofen-Nova Levante. Inizialmente nella
zona vi era anche un altro tribunale, che aveva sede presso il Castello di
Steinegg-Collepietra, e la cui autorità confluì in quello di Karneid-Cornedo,
lentamente e in maniera concomitante alla rovina del maniero, sino alla
formazione di un’unica autorità distrettuale giudiziaria a partire dal XVI°
secolo. Fu proprio nei secoli che Burg Karneid ha subito rimaneggiamenti ed
aggiunte, ma la sua struttura attuale si può far risalire ad una nuova famiglia
aristocratica i Von Miller ed
al 1838 quando furono iniziati grandi lavori di restauro dopo una distruzione
pressoché totale avvenuta nel 1766 anno in cui terminò di abitarvi la Stirpe dei Von Liechtenstein. Il Feudo era
stato concesso a partire dal 1387 a Giovanni Liechtenstein detto il Vecchio,
fratello di Guglielmo, dai Conti di Tirolo Alberto e Leopoldo d’Austria. Fu
Giovanni che combatté contro Federico IV Duca d’Austria detto il
Tascavuota (Ted. mit der leeren Tasche 1382-1439) a cui si arrese dopo un lungo
assedio e grazie si dice all’intermediazione di Oswald Von Wolkenstein. A
cinquant’anni da quella resa, i Signori di Lichtenstein rientrarono al castello
ristrutturandolo, abbellendolo e vivendoci appunto sino alla seconda metà del
1700. Ad oggi la struttura si manifesta formata da edifici di diversa altezza
tra le quali si evidenzia il mastio, probabilmente eretto fra la fine del XIII°
e l’inizio del XIV° secolo (a periodo successivo sono ascrivibili le feritoie
fuciliere), un cortile con pozzo, una scalinata con loggia a due piani. Il
ponte levatoio fu sostituito da uno in legno fisso, che però non è posizionato
nello stesso punto di quello originario. Sicuramente l’edificio più singolare è
la cappella di Sant’Anna, la cui base si incastra con quella del mastio, che
entra nella cappella stessa, separandola in due sezioni ad angolo acuto. Spicca
fra i dipinti uno risalente al XIV° secolo che rappresenta il Trionfo della
Morte. Esternamente una gigantesca figura di San Cristoforo completa la
struttura. Il maniero attraverso lavori strutturali nel 1500 vide quasi tutte
le sue parti elevate. Il castello divenne visitabile a partire dal 2006 e solo
da aprile ad ottobre. Apre i suoi battenti esclusivamente il venerdì ed in orario prestabilito, dalle 15 alle
16,30, con accesso garantito solo ad un minimo di dieci partecipanti
accompagnati da guida e previa prenotazione obbligatoria. Maggiori informazioni
e contatti sono disponibili sul sito del Comune.

Deutschnofen-Nova
Ponente. L’etimologia del toponimo deriva dal
neolatino nova con il significato di
un terreno messo da poco a coltura. Storicamente come comprensibile dal nome Deutsch fu abitato da genti madrelingua
tedesca, mentre Welschnofen-Nova Levante, paese posto ad est nella stessa area,
fu abitata da genti ladine come evidenzia l’antico aggettivo tedesco Welsch riferito a ciò che è di lingua
non germanica, come il retoromanzo Ladino. Il termine Welsch deriva dal Germanico antico Walholz
che
diviene poi in Alto Tedesco antico
Walisch, sino al nuovo Alto Tedesco Welsch
termine che derivava da una popolazione celtica, i Volci che abitavano dalla Turingia sino al Reno, area che
confinava con le popolazioni germaniche, così che per i Germani loro erano
semplicemente i Welschen, coloro che
parlavano un’altra lingua. Evidentemente le località presero il loro toponimo si
da un nuovo appezzamento di terreno messo a coltura, ma anche dall’origine
linguistica degli abitanti che vi erano insediati. Il termine Deutsch si
originò nel Medioevo quando la Germania non esisteva ancora come Stato, così
come siamo abituati a conoscerlo. In quel tempo i dotti, i religiosi, parlavano
il Latino, che in tutto il mondo europeo era la lingua degli eruditi, mente la
gente comune parlava il Theodische, una lingua popolare fatta di dialetti e di
cui troviamo la prima traccia storica nel 768 d.C. Quindi il Theodische non era
altro che la lingua del Popolo e da Teodiscus nacque quello che oggi
chiamiamo Tedesco. La prima testimonianza ci parla di Teutschnofen-Nova Teutonica come veniva chiamata nel 1209, ma al
1175 risalgono le prime attestazioni del toponimo che ci parlano di Noue-Nova. Antico insediamento
preistorico abitato sin tra il 5700 ed il 5000 a.C. oggi conta circa 4000
abitanti sparsi sul suo territorio di cui fanno parte anche le frazioni di
Petersberg- Monte San Pietro, Eggen-Ega e Obereggen ad un’altitudine che varia
dai circa 400 ai quasi 2800 m.s.l.m. Lo stemma araldico della località vede due
parti una bianca (che dal sito di Araldica Civica viene definito argenteo) ed
una rossa sovrastate da un ramo di colore nero, che significherebbero i colori della dolomite, che varia appunto
dal bianco all’argento al rosa, del porfido quarzifero (che nella Regione
Trentino Alto Adige copre una vasta area)
e dei rami data la ricchezza di boschi che caratterizza la zona.

Auf
der Alm da gibt keine Sünde, sulla Malga non c’è peccato si
usava dire, in quanto apparteneva alla memoria popolare una ritualità a sfondo
propiziatorio e quindi sessuale atta a favorire la fertilità del suolo, del
bestiame, delle popolazioni, ma non solo e che veniva celebrata con forte
probabilità nella zona dove oggi sorge Maria Weißenstein il Santuario della Madonna di
Pietralba. Interessanti notizie ci giungono in merito a questo luogo, che sorge
a 1520 metri di altitudine. Racconti certo di origine leggendaria, che ci fanno
però delineare un profilo chiaro del luogo e delle sue peculiarità in tempi in
cui il politeismo, i cicli della natura, e la connessione con entità e Divinità
regolavano lo scorrere del tempo degli abitanti di queste aree. Il detto
popolare di cui sopra, indica che i luoghi dove sorgevano le malghe erano non
solo luoghi ben esposti e solatii, ma soprattutto erano luoghi in cui le
popolazioni pagane che si avvicendarono nella storia ravvedevano determinate
caratteristiche di tipo energetico che li rendevano ricettivi ad offerte e
ritualità, proprio come quelle sessuali ad esempio. Siamo nella prima metà del
1500 quando si narra che proprio perché su quel pianoro si celebrava con orge e
piaceri sessuali, fosse apparsa la Madonna a lamentarsi con un contadino
malato, di tali pratiche, tanto che i pagani e le loro ritualità si spostarono
altrove e lì venne costruito un santuario dedicato al Culto mariano. Di questa
leggenda, di stampo cattolico, abbiamo rimaneggiamenti che offrono altre
varianti e più precisamente la versione che ad oggi viene definita quella ufficiale in cui è più facile imbattersi
che riporta alla data del 1547, quando si dice che la Vergine apparve a tal
Leonhard Weißensteiner,
titolare di un maso e proprietario di un podere omonimo che si estendeva dove
oggi sorge il Santuario di Deutchnofen-Nova Ponente. Leonhard veniva da
problemi di salute mentale seri, tanto che fu internato in manicomio. Nei
momenti di lucidità si sarebbe affidato alla fede ed in uno di questi momenti
avrebbe avuto la prima apparizione della Madonna, che offrendogli conforto gli
avrebbe chiesto in cambio la costruzione di una cappella, appena fosse
ritornato in libertà. Fu durante una crisi legata alla sua patologia che
Leonhard, si liberò dalle catene che lo costringevano per fuggire nel bosco
dove cadde in un burrone dal quale riuscì a tirarsi fuori non solo senza ferite
e traumi ma pure avendo riacquisito la completa sanità mentale. Ed era proprio
mentre Leonhard cercava di capire come tirarsi fuori dal burrone, che la nuova
apparizione della Vergine lo avvisò anche del fatto che i suoi parenti lo
avrebbero ritrovato vivo il nono giorno, sebbene non avesse da mangiare e da
bere. Leonhard effettivamente fu ritrovato dai familiari come predetto, al
termine del nono giorno di permanenza nel bosco. L’uomo così tornò a casa e
riprese la sua vita di tutti i giorni, dimenticandosi dei suoi dialoghi con la
Vergine e soprattutto dell’impegno preso. Ben presto si riammalò e da
quell’istante in un punto preciso del bosco a pochi passi da dove oggi sorge il
Santuario, si iniziarono a vedere delle luci di cui nessuno conosceva
l’origine. Leonhard ricordò all’improvviso il voto disatteso e rinnovò
l’impegno, in quell’istante la salute e la lucidità ritornarono e da lì a breve
iniziò i lavori per mantenere, finalmente fede alla promessa fatta settimane
prima. Scavando le fondamenta non lontano da dove era caduto nel burrone,
scoprì la statua di una Madonna raffigurante la Pietà e quando finì la cappella
ve la pose all’interno affinché il segno celeste fosse venerato. Arrivati a questo
punto della storia vi è una seconda variante che dice che poco lontano dal
burrone dove era caduto la prima volta Leonhard vi era un albero e fu su
quell’albero che la statuina taumaturgica fu trovata e si pensa che comunque
possa essere la versione più plausibile, in quanto in quell’epoca si usava
posizionare statue di Madonne o santi sugli alberi per richiamarne la
protezione. Sin da quel 1553 le invocazioni alla Madonna Addolorata
rappresentata in una miniatura in alabastro di circa venti centimetri, con la
Madre che tiene sulle gambe il Cristo deposto dalla croce, sarebbero state
portatrici di numerose grazie, testimoniate anche dalle centinaia di ex voto
esposti nel corridoio attiguo alla chiesa dell’attuale grande Santuario. Fu
proprio a causa del numero di pellegrini in rapido aumento che la cappella
fatta costruire da Leonhard non bastò più, rendendo necessaria la costruzione
di una nuova cappella che fu già visitabile dal 1561, e che nel 1638 lasciò
spazio alla struttura oggi esistente, terminata nel 1654 e consacrata il 1°
giugno del 1673 dal Principe Vescovo Sigmund Alfonso Von Thun. Indagini
ecclesiastiche a cavallo fra il 1629 ed il 1658 decretarono la miracolosa
origine del Santuario di Weißenstein-Pietralba.
Il Santuario acquisì l’aspetto attuale
fra il 1719 ed il 1722 quando ebbero luogo rimaneggiamenti ad opera di
Johann Martin Gump e del suo collega Agostino Maria Abfalterer, entrambi architetti
di corte ad Innsbruck. Sempre nel 1722 fu realizzato un convento annesso al
luogo di culto dando completamento all’assetto che vediamo ancor oggi. Ma
avvenne anche che il Santuario fu chiuso per un periodo di tempo, nonostante la
fama acquisita. Per volere dell’Imperatore d’Austria Giuseppe II che ne decretò
non solo la serrata completa fra il 1787 ed il 1836, ma anche la soppressione
del Culto. In quel periodo la statuina
devozionale fu trasferita nella chiesa di San Nicolò e Sant’Antonio Abate a
Laives dove è alloggiata ancora oggi, infatti dalla riapertura del 1885 del
Santuario quella della statua della Vergine sull’altare è solo una copia del
famoso e taumaturgico originale. Gli edifici del complesso furono venduti ad un
acquirente bolzanino, tale Johann Gugler che fece distruggere le tre torri
della chiesa così come gli eremi che erano stati costruiti nel secolo
precedente, intorno al luogo originario e più autentico dell’area del santuario
dove lo stesso Leonhard Weißensteiner
aveva deciso di passare la vita in eremitaggio e preghiera, affidando i suoi
averi ed i suoi possedimenti alla gestione e cura dei suoi figli. L’edificio
tutto fu adibito a stalle e fienili, ma la devozione popolare continuò con
pellegrini che arrivavano a venerare il luogo e la Vergine anche se a ritmo di
gran lunga ridotto. E’ interessante comprendere il perché di questo agire da
parte dell’Imperatore, poiché al di là della tutela degli interessi della
Corona, evidenzia un atteggiamento contro la fede che aveva trasformato ed
inglobato antiche venerazioni politeiste, che velate di Cristianesimo erano
sfruttate dalle autorità ecclesiastiche creando anche situazioni allarmanti e
riconosciute tali dall’autorità politica che in questo caso, (come in molti
altri a partire da dopo l’anno 1000), si opponeva a quella clericale e papale.
La credenza e la venerazione soprattutto cozzavano con le idee illuministe che
volsero ad eradicare qualsiasi forma di
pratica devozionale, specialmente verso la Madonna ed i Santi, andando a
negare vari culti dedicati a luoghi diversi ma anche tentando di scollegare le
popolazioni dalle tradizioni che erano state inglobate nel Cattolicesimo e
dalle narrazioni e dalle leggende peculiari di ogni zona, perché
rappresentavano una superstizione che mal si conciliava con il pensiero
dominante. Se da una parte quindi vi era un intento atto a modificare una
mentalità ed una cultura inconciliabile con l’Età dei Lumi, azione che si
riscontrò in tutta Europa, dall’altra vi era una motivazione di tipo politico.
Giuseppe II d’Asburgo Lorena nell’intento di accentrare nelle sue mani il
potere facendolo passare dal Clero dell’Impero, emise l’11 aprile del 1772
un’ordinanza che proibì qualunque pellegrinaggio superiore al giorno e che non
fosse accompagnato dal proprio parroco, vietando anche di toccare e baciare le
reliquie. Questo ovviamente non permetteva di allontanarsi dalle proprie
parrocchie, di fatto azzerando i grandi spostamenti che inducevano persone di
status sociale diverso a percorrere lunghe distanze pur di andare a pregare in
un certo luogo. Alla firma del documento ne fece seguito un altro più tardo,
datato 1783 che riguardava lo scioglimento delle Confraternite organizzatrici
di tali pellegrinaggi. Il provvedimento restrittivo non si estese solo ai
territori puramente austriaci ma a quelli facenti parte dell’Impero come la
Lombardia o i Paesi Bassi. In questa riforma venne inclusa anche Weißenstein–Pietralba,
lo stesso Santuario dove la madre dell’Imperatore Maria Teresa d’Austria andò a
pregare la Madonna proprio per ricevere la grazia di partorire un erede
maschio. La gratitudine dell’Imperatrice fu ritratta anche in un affresco
presente oggi all’interno della Basilica che raffigura Maria Teresa mentre
offre alla Vergine proprio il piccolo Giuseppe. Pietralba era al pari di altri
grandi luoghi di fede un sito di grande aggregazione e dietro la motivazione
che diede luogo alla sua chiusura vi fu un’analisi anche dettata dalla visione
del Tempo dei Lumi, di tipo psicologico, del fenomeno pellegrinaggio, mezzo che
faceva incontrare masse di genti, animate nella maggior parte dei casi da
profondo malcontento. Scontento ed irrequietezza che la Chiesa cercava di
veicolare proprio nelle visite ai luoghi ritenuti di pregio religioso e
spirituale. Fu a tal proposito che con la Controriforma, fece erigere a partire
dal XVI° secolo luoghi di aggregazione e culto in molti siti, proprio al fine
di canalizzare forme di disagio e malcontento in attività che avrebbero dovuto
portare alla moderazione, fungendo così da controllo delle emozioni relate al
malessere, alla povertà, a ciò che di profondo cercava di essere orientato. In
questo però l’Imperatore riconosceva un giogo mentale che se per la Chiesa
poteva fungere da mezzo di controllo e gestione dei credenti, faceva anche sì
che grandi numeri di genti si radunassero in uno stesso luogo e che quel
malcontento invece potesse essere veicolato verso azioni di rivolta, creando
focolai sparsi e numerosi che sarebbe stato difficile gestire da un punto di
vista di ordine pubblico. Infatti la stessa Maria Teresa d’Austria fu la prima
nel 1700 a ridurre drasticamente i giorni festivi per cercare di monitorare gli
eccessi delle grandi folle, lei che per prima si era recata ed aveva fatto
importanti doni a vari luoghi di pellegrinaggio e preghiera; misura poi
rafforzata dal decreto di Giuseppe II. Venne combattuto così ciò che la Chiesa
aveva portato avanti per secoli, inducendo non a una spiritualità equilibrata il
credente ma ad atteggiamenti che divennero più uno sfogo di squilibri interiori
ed allo stesso tempo di dipendenza da certi viaggi e spostamenti che
rappresentavano la valvola di scarico di tali malesseri. Si pensi che la
devozione verso la figura della Madonna di Weißenstein–Pietralba portava i credenti a baciare la
statuina e a morderla per portarne a casa una scheggia, al fine di impastarla
con il pane affinché tutti i membri della famiglia potessero godere della sua
benedizione, azione che legava spiritualità e materia alla rappresentazione
fisica della Vergine e che sicuramente attingeva a ritualità apotropaiche di
antichissima e pre-cristiana memoria, ma che dati i numeri di pellegrini
raggiunti nei secoli non sarebbe stata sostenibile nel breve e medio termine
oltre che intollerabile in un contesto illuminista.

Dal 1885 il Santuario riprese la sua attività e
funzione ed una copia della statua fu incoronata, rito che è dedicato solo a
quelle rappresentazioni della Madre del Cristo che godono di grande venerazione
e notorietà. Inizialmente l’Ordine a cui fu affidato il Santuario fu quello dei
Servi di Maria di Innsbruck, che avevano come fine quello di diffondere la devozione
ai dolori della Vergine. Nel periodo fascista i monaci austriaci furono
sostituiti con monaci italiani, appartenenti ai Servi di Maria di Vicenza che
lo abitano e seguono ancora oggi.
Nei pressi del Santuario si trova inoltre una cappella
dedicata a San Pellegrino Laziosi, patrono dei malati di tumore. Santo
francescano nato a Forlì (1260-1345) di cui è compatrono, fu di famiglia nobile
e sembra partecipò a delle rivolte popolari quando aveva solo diciotto anni
colpendo in viso San Filippo Benizi, che come lui appartenne all’Ordine dei
Servi di Maria, nei quali entrò poco dopo quell’evento, ma non come sacerdote e
qui ci sono informazioni lacunose sulla sua conversione. Si ammalò molti anni
dopo di tumore al piede a seguito, sembra, di una penitenza che si era auto
inflitto, il non sedersi mai e che durò per trent’anni, cancro che scomparve
immediatamente dopo una visione di Cristo che scendeva dalla croce per
guarirlo. Per questo è invocato contro le patologie di origine cancerogena, fu
canonizzato nel 1726.

La
Cappella San Leonhard dove tutto ebbe inizio,
è ubicata poco distante dal Santuario così come lo conosciamo oggi. E’ il cuore
di tutta quest’area, la zona oserei dire più vera, visto che secondo la
leggenda in quei pressi Leonhard si perse, cadde in un incavo roccioso,
incontrò la Vergine, rimase esposto alle intemperie per nove giorni senza acqua
né cibo senza perdere la vita. Imboccando il sentiero 4 ad est della Basilica
si raggiunge dopo una breve salita la chiesetta di Leonhard Weißensteiner, poco lontano si trova il
suo eremo dove visse in silenzio e preghiera e dove costruì anche altre celle,
oggi andate distrutte, e nei pressi scendendo alcuni gradini si può vedere la
concavità in cui cadde e rimase per nove giorni.


L’oscura
cavalcata ed il Trionfo della Morte
Narra il racconto, che il Signore di Burg Karneid disponeva dell’autorità per proteggere ed imporre tributi a chiunque passasse per le strade che si snodavano
verso l’Eisacktal-Valle Isarco o verso l’Eggental-Val d’Ega, accumulando un
tesoro senza pari, visto che le due arterie fungevano da snodi principali per i
collegamenti della zona su cui vegliava l’imponente maniero. Il denaro si
accumulava nelle casse del castello e questo dava anche al Signore
l’opportunità di garantire la serenità degli abitanti della costruzione
fortificata. Il denaro da sempre aiutava a mantenere saldi i rapporti con amici
e a trovare cavalieri che si sarebbero confrontati in scontri e battaglie per difendere il
Signore ed i suoi possedimenti. Ma un giorno arrivò una notizia, una di quelle
contro le quali né il denaro né qualunque azione difensiva possono nulla. Era
scoppiata un’epidemia di peste che era arrivata a contagiare sino alla città di
Bozen-Bolzano. Il Signore di Karneid decise di andare a fare un voto, si recò
alla piccola cappella di Weißenstein-Pietralba e
promise che se il maniero fosse stato graziato e fossero usciti intoccati
dall’epidemia, la prima cosa che si sarebbe premurato di fare con tutti gli
abitanti del castello sarebbe stato un pellegrinaggio di ringraziamento e si
sarebbe impegnato a costruire una cappella più grande dedicata alla Bianca Signora come ex voto. Mentre ritornava al maniero il Signore in lontananza vedeva i fuochi delle pire
su cui venivano arsi i morti dell’epidemia e tutti i loro averi, ed il vento
nonostante la lontananza portava nuvole di fumo ed echi di sofferenza e morte,
devastazione e disperazione. Arrivato al castello fece tirare su il ponte
levatoio, con l’ordine a chiunque di non abbassarlo per nessun motivo. Passarono
settimane, gli abitanti del castello continuavano la loro vita, rinchiusi in
quel loro mondo che li aveva isolati ancora di più, nella speranza di evitare
un contagio che li avrebbe uccisi tutti. Le loro preghiere e soprattutto
l’impegno preso dal loro Signore li aveva salvati. Ma il tempo fece dimenticare
la paura e la promessa fatta, la vita dei castellani e della servitù tutta fu
sconvolta dall’arrivo di una nuova malattia, che sembrava essere arrivata solo
a Burg Karneid. Fu presto morte per tutti, esseri umani ed animali perirono per
la nuova epidemia che si era abbattuta su di loro ed il castello rimase
desolato nella sua aura di morte e angoscia. Gli spettri dei defunti si
radunarono, nella loro nuova veste di disperazione ed abbandono, a cavallo dei
loro destrieri fecero abbassare il ponte levatoio, i cui cigolii
raccapriccianti aprirono la via al corteo mortifero, in testa il Signore di
Burg Karneid, dietro i suoi cavalieri, i membri della famiglia e la servitù,
nei loro abiti migliori, con stendardi di morte ad annunciare il loro cammino,
mestamente si diressero verso la frazione di Petersburg-San Pietro al Monte a
Deutschnofen-Nova Ponente, a mantenere ciò che non fecero in vita, l’impegno
preso e tradito. Nelle notti più buie, quelle di luna nera, il corteo si dirige
su quell’immenso prato a rendere omaggio alla Signora di Weißenstein-Pietralba.
Il Santuario spalanca le sue porte e a Lei si inchinano, rientrando poi al
castello che custodisce i loro spiriti.
Note:
Incontrare questi due
luoghi ha fatto scaturire tutta una serie di osservazioni che mi sono sorte
spontanee lungo il cammino in questa esplorazione e ricerca, a leggere sia la
storia che si interseca alla leggenda ed ai detti popolari.
Partendo da Burg
Karneid-Castel Cornedo un pensiero mi ha accompagnato alla scoperta che il
ponte levatoio, durante i lavori di restauro fu ricostruito e sostituito con
uno fisso che non possiede la stessa ubicazione di quello precedente. Tale
scelta fu ascrivibile a motivazioni di cui non ho trovato traccia, ma
personalmente mi ha fatto pensare al fatto che potesse essere anche legato alla
leggenda, con tale scelta si volle forse (anche) evitare che il corteo macabro
muovesse verso Weißenstein
ogni notte di luna nera?
Drei-Tre Bethen
Il fatto che la cappella di Burg Karneid sia dedicata a Sant’Anna mi ha
riportata subito al Culto delle Tre Bethen e di cui sappiamo che dalla Dea
Ambeth derivano tutta una serie di nomi fra cui anche Anna. Ed è la Bethen a
cui è associato il colore bianco, Dea primigenia della Terra e dei cicli della
Natura tutta, che si rinnovano nell’eterno ripetersi di
nascita-morte-rinascita. Che la sua struttura sia compenetrata da quella del
mastio, non credo sia stata una scelta solo ed esclusivamente di tipo
architettonico ma che abbia riferimento ad una simbolica penetrazione rappresentata dalla parte più maschile del castello, il mastio o maschio cioè la struttura che in
generale è la più alta parte di un maniero che appunto in questo singolare caso
affonda nella parte centrale della cappella. Sempre alle Drei Bethen mi ha
riportato lo stemma araldico del Comune di Deutchnofen tradotto in un Italiano
Nova Ponente che lo depaupera purtroppo dell’origine degli abitanti a cui fa
riferimento il toponimo, esattamente come succede a Welschnofen con Nova
Levante. Le Drei Bethen potrebbero anche essere richiamate nello stemma di
Deutchnofen, attraverso i suoi colori : il bianco argenteo, il rosso ed il nero
ma anche questa sarà una strana coincidenza, poiché penso che il colore dei rami avrebbe potuto essere rappresentato
da un colore marrone e non nero se proprio se ne voleva esprimere la
cromaticità più vera. Ultimo ma non meno importante l’asse lungo il quale è
costruito il Santuario e le strutture adiacenti, percorrono un ideale linea che
corre lungo le opposte direzioni nord e sud, in concomitanza quindi dei Solstizi d’Inverno e d’Estate, che simbolicamente rappresentano entrambi porte
alchemiche a cavallo fra Buio e Luce, che con il pensiero, mi hanno riportato
alla pietra solstiziale di Wielenberg-Montevila. Le Tre Dee le ho ritrovate
anche nella frazione che ospita il Santuario Petersberg-Monte San Pietro (si
legga in tal senso il mio precedente articolo sulle Tre Bethen) ed anche nella
chiesa che ancora oggi ospita la piccola statua della Bianca Vergine, sebbene
sia a Laives, che è intitolata a Sant’Antonio Abate e a San Nicolò. San Nicolò
è un comune denominatore spesso presente nel Culto delle Tre Filatrici di Vita.
La cappella della Cattedrale di Worms, in Germania, dove il Culto trovò la sua
trasformazione con l’attribuzione delle tre nuove Sante in sostituzione delle
Dee, la Cappella di Kleran-Cleran nei pressi di Brixen-Bressanone ed ancora
oggi la chiesa dove è custodita la Madonnina di Weißenstein sono intitolate a San Nicolò, il
cui Culto in quanto Santo va
evidentemente a legarsi a quello di Wielbeth, Ambeth e Borbeth, tanto più
ricordiamo anche che Santa Barbara, che si stratificò sul Culto della Dea Borbeth, è celebrata il 4 dicembre e precede di solo
due giorni quello di San Nicolò che invece è celebrato il 6 dicembre. Questo manifesterebbe come in una
Terra abitata da Germani possano esserci tracce di Divinità che vengono
considerate celtiche ma anche pre-celtiche, ed è quel pre che apre ad una possibile risposta. I Celti o meglio i Popoli
che la storia ha unitamente denominato così, essendo di origine indoeuropea,
quando si insediarono in aree come il centro Europa, incontrarono stirpi
autoctone che attingevano ad una Radice comune europea in fatto di
culto, dalla quale attinsero anche le Popolazioni poi definite teutoniche, radice sulla quale si innestarono mitologie
differenti e Pantheon differenti ma che è utile tenere in considerazione se ci si vuole
aprire ad una visione che possa dare eventuali risposte. Questo farebbe capire
che le Tre Bethen erano forse un Culto condiviso, sebbene i Welschen abitassero
qualche chilometro più ad est e sebbene quella sia una zona considerata
prevalentemente retica. Si palesa quindi come questa Terra fu sempre una zona
non solo di scambi e transiti ma anche di Culture che abitando le numerose
vallate si incontrarono, anche influenzandosi.
Riti di fertilità Attraverso quel detto popolare in Tedesco ‘Auf der Alm
da gibt keine Sünde, sulla Malga non c’è peccato’ si dice che sull’altipiano
che oggi ospita il Santuario, si svolgessero riti a sfondo sessuale, anche se
non solo in quel luogo; questa ipotesi fa comunque pensare a ritualità che offrissero
secrezioni sessuali umane di richiamo e connessione alla fertilità e che
fossero propiziatrici non solo di una prosperità fisica ma anche e soprattutto
di visione e conoscenza, portandomi a
pensare che come altri luoghi esplorati sinora, Weißenstein sia un luogo liminale, un luogo dove si venerasse una
Madre di Morte fondamentalmente, che richiama la Donna veggente visionaria e
conoscitrice del Tempo dalle bianche ossa, la Willeweiß di cui ho narrato già; in altra analisi possiamo riflettere sul fatto che
sessualità e morte possono relazionarsi in quanto la sessualità porta nascita
che conduce inevitabilmente alla morte, tanto quanto ogni morte conduce ad una
nuova rinascita proprio attraverso la sessualità che si connota come ponte di
vita fra i due estremi che la compongono, ed anche in questo caso si
ritroverebbe la visione triplice dell’esistenza tutta.
Il nome da cui
originerebbe quello del Santuario e cioè da colui che in effetti lo fondò, o
almeno a cui viene attribuita tutta la storia, è un nome di cui non ho trovato
esito nel dizionario dei Santi consultato, né sul web al di fuori della storia
del Santuario ovviamente. E’ un uomo che la
leggenda dice essere stato malato di mente e di essere esistito nella seconda
metà del ‘500. La mia riflessione mi dice che se davvero il Leonhard della
situazione fosse stato malato, avrebbe potuto essere semplicemente un percettivo
e sensitivo e come tale vivere stati di coscienza profonda (o comunque la sua
figura riferirsi ad una persona del genere). Utilizzo questo termine e non
quello di coscienza alterata, poiché quest’ultimo aggettivo si riferisce ad un
opposto che sarebbe (stato) considerato normale
e che poneva in tempi non troppo lontani, (ma in effetti ancora oggi alla
luce di alcuni che ignorano), chi manifestava determinate peculiarità di
connessione con dimensioni altre, come persona non conforme a parametri per lo più religioso-spirituali o comunque pericolosa, quando la normalità da cui siamo stati
scollegati per secoli è proprio la capacità di vivere naturalmente certi stati
di coscienza che per essere profondi non hanno bisogno di nessuna alterazione,
ma che fanno parte delle nostre infinite potenzialità di unione e
trasformazione sopite e troppo spesso dimenticate.
Madre di Giustizia Le
ossa vengono richiamate anche da Weiss-bianco e Stein-pietra, che ricorrono nel
cognome di San Leonhard e di conseguenza nel nome del Santuario. Nulla è più
simile alle ossa della bianca pietra ed esattamente in bianca pietra è
costruito il Santuario, esattamente come bianca è la neve o il ghiaccio, della
stagione autunno-inverno, che nella Ruota dell’Anno ne segna il tramonto, ed è
legato al periodo dei defunti e della apparente staticità della Natura che
trova una stasi nella morsa del gelo. La direzione ovest inoltre
dell’ubicazione di Deutchnofen nella traduzione italiana Nova Ponente, secondo
la mia opinione offre un ulteriore tassello a supporto di questa tesi. Inoltre
pietra e ghiaccio sono custodi memorie ancestrali e custodendole al contempo le
mettono anche a disposizione di chi le sappia ricercare. Una Madre che dona Morte e Trasformazione
ma che è anche Madre di Giustizia, che non fa favoritismi, attua la stesso
effetto sia verso il contadino malato Leonhard che verso il potente Signore di
Burg Karneid. E’ Madre che insegna l’onore e la coerenza, insegna che i patti
vanno rispettati, ed il fatto che Leonhard quanto il Signore del Castello
disattendano un patto sancito con un volere ed un impegno, manifesta che il
tradimento è stato prima di tutto verso i propri intenti. Oggi da secoli noi
siamo abituati ad associare la Giustizia Divina come un qualcosa legato ad un maschile e la figura della Madre è stata
trasformata poi solo in amore e pietà; qui si offre una visione completamente
differente. Pensiamo a Leonhard, promette una prima volta, a seguito della
guarigione richiesta, di edificare un luogo di culto e non mantiene la
promessa, si riammala quindi, ristabilendo la salute solo dopo aver mantenuto
l’impegno preso. Nella leggenda di Burg Karneid, la storia ha la stessa
dinamica di fondo, il Signore del Maniero promette di edificare un luogo di
culto in ringraziamento alla Madonna se gli abitanti del castello saranno
graziati, ma quando l’epidemia di peste passa, tutti si dimenticano ed una
nuova epidemia si abbatte sul castello uccidendoli tutti. Il monito è chiaro e
parla di una Dea che offre aiuto ma che esige che gli impegni presi in ordine
di voti e promesse siano onorati ponendosi come Madre di Giustizia ed Equilibrio.
La leggenda del Castello con la processione notturna degli spettri che si
inchinano di fronte all’immagine della Bianca Vergine è una simbologia, secondo
la mia visione, che manifesta come gli abitanti del Castello in fondo rappresentino
attraverso il loro corteo, come la manifestazione di questa Madre di Equilibrio
appartenga a questa Terra e quindi alla materialità, ma come sia riconosciuta
anche come Equilibrio dei piani sottili visto che è onorata anche da chi non è
più sul piano fisico e fuori dall’ordinario tempo a cui siamo abituati.
Leonhard Weißensteiner ritrova la Madonna cadendo in un
anfratto di roccia in cui rimarrà nove giorni esposto alle intemperie, senza
acqua e senza cibo prima che i familiari lo ritrovino. La roccia riporta alle
profondità di una Madre Oscura e rigeneratrice, utero primordiale, ma per le
peculiarità della permanenza riporta ad uno dei fondamentali della mitologia
germanica che è il sacrificio di Odino il quale per ricevere le Sacre Rune
rimase appeso all’Albero di frassino dell’Yggdrasil, per nove giorni e nove
notti, esattamente come il fondatore di Pietralba rimase esposto alle
intemperie per lo stesso periodo, senza cibo né acqua.
Il 9 come numero varco,
porta,radice che
segna il culmine la fine di un ciclo e la rinascita a nuova esistenza. Un
numero rinnovatore per eccellenza dato dal tre che si moltiplica per se stesso e
quindi espande a potenza le sue qualità di sacro. La valenza del nove per i
Germani era tanto importante che Ylenia Oliverio dell’Associazione il Bosco di
Chiatri, nel suo articolo del Vanatrù Italia lo definisce la ‘Radice numerica del Popolo del Nord’. Così
lo si ritrova sempre nella stessa mitologia oltre che nel fondamentale legame
con Odino, anche nei Nove Mondi che costituiscono l’Universo ed ancora nel
numero iniziale delle Tribù germaniche, fra altre manifestazioni simboliche.
Esattamente come il nove ancora oggi è numero civico del Santuario che è
Petersberg-Monte San Pietro 9, ed in un luogo dove la struttura è sorta per
prima in mezzo al nulla questa attribuzione non può che ricondurre ad un
simbolismo già espresso.
La Madonnina taumaturgica Le due versioni del ritrovamento, la prima durante lo scavo per
la cappella originaria del Santuario, e la seconda su un albero che sembra
quella più verosimile, ci riporta all’antico Culto arboreo che durò per
millenni e che fu sradicato così come furono sradicati gli alberi, che
divennero da simbolo e strumento di connessione di tutte le tradizioni pagane, ad
imputati di processi in cui non
potevano opporsi ed in cui non venivano solo tagliati, ma sradicati e arsi
perché le entità e Divinità che li abitavano perissero con loro. Al posto di un
albero spesso venivano edificate piccole cappelle o chiesette che ancora oggi costellano
il panorama di luoghi di Culto pre-cristiano.
Scelta narrativa Nelle tre versioni della leggenda di Burg Karneid-Castel Cornedo
che ho consultato, il corteo lugubre ripete in suo pellegrinaggio, con varianti
di tempo diverse, in una versione ogni cento anni, in un'altra tutte le notti nella terza solo nelle notti di luna nera ed è a questa visione che ho
adeguato il mio racconto.
Immagini
Tratte dal web
1,2 www.sentres.com
3 www.araldicacivica
4,5,6,7 www.wikipedia.it
Didascalia
1,2 Burg Karneid–Castel Cornedo
3 Stemma del Comune di Deutschnofen-Nova Ponente
4,5 Wallfahrtsort Maria Weißenstein-Santuario
della Madonna di Pietralba
6 Cappella di San Leonhard Weißensteiner
7 Anfratto in cui cadde Leonhard
Weißensteiner e nel quale rimase nove
giorni e nove notti senza acqua e cibo esposto
alle intemperie
Bibliografia
* Brunamanria Dal Lago Veneri , Guida insolita ai
misteri, ai segreti, alle leggende dei castelli del Trentino Alto-Adige , Newton&Compton
Editori, 2002, Pag 300,301,302,303, 304
* AA.VV.
Guida ai Misteri e Segreti del Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia,
Sugar Editore 1972, Pag 161,168
* Renzo Zanolli, Guida ai luoghi del Mistero di Veneto,
Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Il Marcopolo Edizioni 2011, Pag 39,40
* Roberto Lavarini, Viaggiatori. Lo spirito e il
cammino. Hoepli, 2005
* Jean Chélini Henry Branthomm, Le vie di
Dio. Storia dei pellegrinaggi cristiani dalle origini al Medioevo, Jaca Book 2004 Pag. 70,71,72
* Abbazia Sant’Agostino Ramsgate Grande Dizionario dei
Santi, Edizioni Piemme 1990, Pag.621
Sitografia
* Mio articolo 2017 La
Willeweiß l’antica profetessa delle montagne
* http://www.araldicacivica.it
* http://www.burgen-adi.at
* https://www.dolomiti.it
* www.eggental.com
* http://www.gemeinde.karneid.bz
* http://www.mondimedievali.net/castelli/trentino/bolzano/castelcornedo.htm
* http://www.santiebeati.it
* www.sentres.com
* http://www.sudtirol.com
* www.suedtirolerland.it
* http://www.valdega.org
* https://nonsoloturisti.it/2014/01/santuario-madonna-di-pietralba/
* http://vanatru.it/radice-numerica-del-popolo-del-nord
* http://www.welschtirol.eu
* https://it.wikipedia.org
Videografia
* Michele Giovagnoli ‘La Messa è finita’ https://www.youtube.com/watch?v=6FX1jBOTE8g