Lettori fissi

venerdì 6 gennaio 2023

Il fuso di Giovanna (Carisolo-TN, Val Rendena)

 



Nei racconti serali di fronte al fuoco, fra arcolai e fusi e donne intente a filare, mentre fuori la neve aveva ammantato tutto, la voce di Giovanna aveva irrotto in quelle storie di demoni e apparizioni.

Lei giovane ragazza, tanto graziosa quanto curiosa, aveva esordito con una domanda che particolarmente aveva stizzito una comare, sua compaesana.

— Ma voi davvero ci credete a tutte quelle storie? Intendo a quelle di spiriti, di morti che camminano, di luci che sembrano danzare nel buio? —

— Se non ti piacciono le nostre storie, quelle della tradizione, puoi anche non venire più a filò — 

— Ma non è questa la questione, più che altro è che a forza di ripeterle la gente poi ci crede, mentre con un po' di coraggio si potrebbe dimostrare che tutte queste storie di cimiteri e spiriti, semplicemente non esistono. Anzi sapete cosa faccio? Adesso che è notte fonda, prendo questo fuso e vado a piantarlo su un tumulo di una recente tomba del cimitero di Santo Stefano. Vedrete quanti morti richiamerò! —

E con aria mista di scherno e sfida Giovanna uscì. Si incamminò lasciando le sue impronte sulla strada bianca ed intonsa della notte, solo il silenzio le era di compagnia ed il rumore della neve sotto i suoi passi. Prese così la salita che conduceva alla chiesetta di Santo Stefano ed al suo cimitero, arrivata di fronte al cancelletto lo aprì, una folata di vento gelido la accolse, e la fermezza che aveva mostrato poco prima ebbe un sussulto; Giovanna iniziò a sentirsi strana, le sue mani iniziarono a sudare, e la spavalderia mostrata poco prima venne meno. Si guardò comunque intorno cercando una recente sepoltura, si diresse verso la tomba, le ginocchia le tremavano, il respiro si era fatto affannoso, ma stringendo nella mano il fuso che aveva portato con sé, si chinò, e con gli occhi chiusi lo piantò al centro, sopra il tumulo.

Si alzò quindi in maniera repentina e si allontanò velocemente, con la volontà di lasciarsi alle spalle prima possibile quel luogo. Nell'oscurità però non si era accorta che il fuso si era impigliato in un lembo della lunga gonna, che nella corsa che doveva allontanarla dal cimitero, tintinnava per terra come le ossa di uno scheletro che la inseguiva. Più Giovanna accelerava la sua corsa più il rumore si faceva sinistro, e più aumentava il sentore che quello spirito le sarebbe balzato addosso da un momento all'altro, ma non osava girarsi, il terrore che provava era indescrivibile.

Giunse finalmente — dopo un tempo che le sembrò infinito — a casa, si chiuse la porta alle spalle e ansimante come mai prima per la corsa a rotta di collo, si rese ben presto conto di quello che era successo; ma la profonda paura provata era stata così violenta che da lì a pochi giorni Giovanna si mise a letto, indebolita da una febbre molto alta, che in poco tempo la portò alla morte.



Note

Filare storie, il far filò del passato

Il "far filò" appartiene alla memoria degli anziani, quando la stalla prima e molto più tardi un'ampia cucina dotata di focolare aperto, raccoglieva una riunione di persone, che per passare il tempo delle lunghe serate invernali si ritrovavano a filare storie.

Le lampade chiamate "luminiere" alimentate ad olio di noce, che a turno veniva fornito dai partecipanti, costituivano la scarsa illuminazione di quelle serate, che iniziavano a novembre, quando le giornate diventavano più brevi e le ore di luce diminuivano, con la sera che giungeva già nel pomeriggio. Erano di età diversa i partecipanti al filò: parenti, amici, vicini di casa, abitanti della stessa borgata, del resto ci si conosceva tutti.

Il filò era aperto a tutti, di entrambi i sessi, anche se nel '700 ad opera del Cardinale e Vescovo Leopoldo Ernesto Firmian, e più precisamente fra il 1748 ed il 1755, fu reso penale per gli uomini il presenziare a tali riunioni.

Mentre le donne filavano lino, canapa o lana, si raccontava di antiche storie, o in tempi più recenti, si leggevano pagine di qualche libro ad alta voce. Era occasione affinché le nonne insegnassero alle nipoti a filare la lana grezza, da cui si sarebbero ottenuti matasse e gomitoli per farne calze e maglie per le famiglie. La riunione si concludeva intorno alle ventuno, quando ci si accomiatava per ritrovarsi poi la sera seguente.


Riguardo l'autore Mauro Neri

Fu un'intervista ad un telegiornale regionale del 12 dicembre 2019 che suscitò il mio interesse. In orario serale ero affaccendata in altre attività che nulla avevano a che fare con la ricerca e la scrittura, quando un'intervista introdusse un autore ed un libro. Mi fermai e mi misi ad ascoltare quei pochi minuti (di cui vi allego il link al servizio ancora disponibile). Scoprii così Mauro Neri, giornalista e scrittore che lì illustrava un testo di circa settecento pagine, frutto di un accurato lavoro di analisi portato avanti con la moglie Silvia per ricercare ed ordinare in un'unica raccolta le leggende trentine per località e vallate. Il testo di una vita, potrei definirlo: quarant'anni di ricerca, costituita di circa millecinquecento narrazioni, tra le quali effettuare una scelta che ricadde su mille racconti. Cosa mi colpì di quell'intervista? Un concetto specifico, una certezza interiore che da sempre accomuna il mio narrare alla fonte da cui attingo, ed in questo caso a Mauro Neri: la storia la scrivono i vincitori, ma la leggenda narra la storia di tutti, dei territori, delle comunità che li hanno abitati sin da tempi immemori, storia che arriva a noi attraverso coloro che la storia ufficiale non hanno potuto redigerla. Narrazione che cammina di pari passo con il sogno, storia che ha alimentato il sogno, sogno che ha alimentato la storia, e che custodisce la bellezza dell'ingenuità, della profonda sincerità che la leggenda ci offre, portandoci in un tempo immaginario ed immaginifico che narra, però, di un momento di storia, di cultura, di tradizione fissi in un'epoca che fu, e che ancora oggi risuonano attraverso quel racconto. 





Immagini

* La filatrice nella stalla, Riccardo Pasquini 1886 museocanonica.it


Bibliografia

*Neri Mauro, Le mille e una leggenda del Trentino, Athesia 2019

*Folgheraiter Alberto, La Terra dei Padri. Storie di gente e di paesiCurcu&Genovese 2002

* Bolognini Nepomuceno, Usi e Costumi della Rendena, Editrice Rendena 1999


Sitografia

*Cfr. Santo Stefano, la radice pagana e stregonica di uno dei più bei luoghi del Trentino (Carisolo-TN, Val Rendena)

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2023/01/santo-stefano-la-radice-pagana-e.html

*Cfr. Il fantasma della filatrice (Carisolo-TN, Val Rendena)

http://ilblogdilujanta.blogspot.com/2023/01/il-fantasma-della-filatrice-carisolo-tn.html


Altre Fonti

*Servizio TGR Trentino Alto Adige 12 dicembre 2019

Le leggende, la storia scritta dal popolo

"Le mille e una leggenda del Trentino", poderosa raccolta di racconti che per la prima volta vengono pubblicate in un unico volume

https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2019/12/tnt-Leggende-trentine-Mauro-Neri-ad17b017-620d-419b-a898-1773deeb1d0b.html





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