Lettori fissi

domenica 8 luglio 2018

Madre di Tenebra onirica







Di una notte speciale potevo solo scrivere in una serata d’estate in cui il cielo oggi ha manifestato rari sprazzi di luce, per lo più accompagnati da scrosci d’acqua improvvisi che sembravano danzare con nuvole in cielo che giocavano a rincorrersi, spesso creando agglomerati di tonalità di grigio ora cupo ora appena sfumato, che si aprivano in varchi di luce che variavano dal giallo al rosa, tanto da sembrare presi dalla tavolozza di un pittore. Una giornata tanto incerta dove l’alternanza meteorologica ha accompagnato lo scorrere delle ore, sembrava lo sfondo perfetto ad un giorno iniziato da una notte che rimarrà fra le memorabili di questa esistenza. Iniziai ad osservare i miei sogni sin da adolescente quando intorno ai dodici, tredici anni, sognavo persone morire che poi effettivamente lasciavano il corpo da lì a poco, non erano necessariamente persone conosciute, talvolta erano i parenti o i vicini di qualcuno, persone a me ignote per immagine o conoscenza. L’amica con cui passavo le ore libere dell’adolescenza, andava in una vecchia casa in montagna a passare le ferie estive, dove talvolta anche io ero invitata a spendere magari una domenica in mezzo al verde, nel periodo precedente le vacanze agostane. La vecchia abitazione accanto alla casa, era una struttura anch’essa datata, maltenuta, con muri scrostati, poggioli colmi di oggetti di ogni genere buttati alla rinfusa e la ragazza che vi abitava, era scontrosa e poco disponibile ai contatti umani. Ricordo che le volte che si scendeva dall’auto, nel silenzio del piccolo paese montano, usciva a vedere chi fosse arrivato ed accennava un saluto che spesso sembrava più un grugnito che altro. Pensavo che mi faceva tristezza vederla così, chissà quali movimenti dell’animo l’avevano chiusa in sé stessa o se era l’essere cresciuta in una borgata che vedeva la presenza di poche abitazioni e di ancor meno abitanti. Il suo nome era Serenella e noi giovani ragazze l’avevamo rinominata Nuvolosella e quante risate ci facevamo per quello pseudonimo, con la semplicità che nell’adolescenza ti fa ridere di cuore del nulla. Serenella non avrà avuto più di trent’anni, viveva con sua madre, che non vidi mai, non era anziana, almeno così mi era stato detto da chi l’aveva intravista perché sembra che la donna fosse più schiva della figlia. Passarono due anni dall’ultima volta che il vecchio casolare aveva visto la mia presenza, ed era nuovamente estate, ricordo di una notte in cui in sogno vidi Serenella in lacrime, la vecchia casa con gente che entrava ed usciva in un mesto avvicendarsi, non sapevo altro ma sapevo che era morta la mamma. Il mattino mi svegliai tra lo stupore e l’incredulità, era la prima volta che facevo un sogno così d’impatto con la certezza che fosse foriero di morte. La giornata scorreva ed il pomeriggio io e Maria Luisa, la mia amica, ci vedemmo  come d’abitudine. Lei non andava più in vacanza in montagna, le vacanze le passava al mare, all’estero, ma durante la merenda, mentre sua madre ci preparava pane e marmellata, entrai in cucina e candidamente chiesi se qualcuno avesse notizie di Serenella e sua madre. Lo sguardo della madre di Maria Luisa si staccò da ciò che stava facendo e mi chiese il perché di quella domanda, senza troppe spiegazioni dissi solo che mi erano venute in mente. La signora mi disse che nonostante non frequentassero più la località montana, avevano ancora contatti e da terze persone, non più tardi di un mese prima aveva avuto notizia che tutti stessero bene inclusa Serenella e sua madre. Raccontai così il mio sogno, ed i presenti, nel frattempo era rientrato anche il padre di Maria Luisa, mi ascoltarono come si ascolta un sogno raccontato da un’adolescente, senza troppa enfasi ma con battute che lasciavano aperti comunque da una parte l’incredulità e dall’altra il poco peso alle mie parole, anche se sapevo che non sarebbe passato molto tempo ed avrei avuto una risposta in merito a ciò che avevo visto con tanta nitidezza. Non più di qualche giorno dopo Maria Luisa mi disse di scendere a casa sua che sua madre voleva parlarmi; entrai in casa con la mia solita verve adolescenziale, ma la madre di Maria Luisa era seduta con lo sguardo incredulo, perso oltre le pareti che delimitavano la cucina; la salutai : ‘Buongiorno Signora! Voleva parlarmi? ' Mi guardò e mi disse: ‘Avevi ragione, la madre di Serenella è morta la settimana scorsa all’improvviso.’ Nella mia testa si affollarono immediate le domande e le considerazioni che solo nella testa di un’adolescente possono accalcarsi ad una notizia del genere. Quel giorno passò come ne passarono tanti altri in cui la notte avevo sogni nitidi che portavano la conoscenza di altri decessi. Fu proprio nell’adolescenza che iniziai così a scrutare e prendere nota dei simboli che emergevano nei sogni, di cosa attraverso la mia mente mi fosse comunicato da tutto quell’invisibile che è di gran lunga più espanso del visibile. E così passai anni ad incrociare prima dei dati che emergevano dall’analisi di oggetti, situazioni o intensità cromatiche e di luce che potevano arrivare attraverso quadri variegati ma che invece talvolta ripetevano clichés di cui diventai attenta osservatrice. I sogni portavano le informazioni più disparate ed anche nel tempo e nei decenni il mondo del sogno è cambiato insieme a me e spesso mi ha permesso di essere vicina a chi lontano lo è solo fisicamente. I sogni mortiferi dell’adolescenza hanno lasciato poi spazio ad altri ma sempre d’impatto e che sempre puntualmente trovavano un riscontro o una spiegazione, spesso attraverso i clichés decodificati, altri invece li accoglievo e li accolgo come semi di trasformazione di cui solo il Tempo offre lettura e ad esso mi affido anche per il sogno che sto per raccontarvi. La notte fra il primo luglio ed il due rimarrà per me scolpita non solo nei ricordi ma nelle emozioni e nelle sensazioni più profonde che io abbia mai vissuto. Negli ultimi due anni i miei sogni hanno acquisito una peculiarità che non ho cercato, ma che si è manifestata, quando sogno io so di sognare, so di accedere a piani paralleli e coesistenti, quindi Daniela dorme, ma Daniela lucidamente osserva il sogno e se vede sé stessa sa che è solo una porzione di lei che si relaziona con altri piani ed altre informazioni, in maniera tale che il sogno può avere la manifestazione che porta con sé essendo sempre osservato come in un film, io sono l’osservatrice e l’osservata, talvolta nel film compaio, talvolta gli attori sono altri di cui percepisco azioni, cromaticità e sfumature, ma il tutto, appunto da due anni circa in modo molto consapevole. L’altra notte invece nel sogno c’ero fisicamente … Io non mi considero una donna di fede, ma sicuramente onoro ed esploro manifestazioni di un Sacro che ha molte sfumature, e che definiamo politeismo, e profondamente provo una vicinanza d’animo con la manifestazione della Madre Oscura, quell’utero primigenio e buio che qui dove abito è legato a precise figure riconducibili alla Perchta/Holda dai mille nomi, ma la cui sostanza non cambia. In essa nascita e morte coesistono, la luce della nascita e l’ombra della morte, la Conoscenza dell’apparente Tempo e la sua Presenza in ogni mio passo. Ho chiuso gli occhi intorno all’una per riaprirli poco più tardi di un’ora, nell’esperienza onirica più vivida a livello fisico che io abbia mai vissuto. Nell’ombra appare una Donna, è incappucciata, il suo volto si alza e contiene due opposti, per metà è il volto di una donna che conosco ed è bello nei suoi lineamenti armonici ed eleganti, l’altra metà è livido, emaciato, i due opposti coesistono, sotto lo stesso cappuccio, sullo stesso volto. Io osservo la parte di me che osserva la Donna, e penso consapevolmente guardando la me onirica che interagisce in quell’immagine, che credevo avrei avuto più timore. Il sentimento che provo nel sogno è si di esitazione, ma minima, poiché non considero l’immagine sgradevole, prevale lo stupore di fronte a quel Sacro che nei miei passi giornalieri è Respiro fra Luce ed Oscurità, Porta di Mutazione continua, Senso amplificato, Dono di Trasformazione, Lei, Equilibrio degli Opposti mai tali, nel rivolgermi lo sguardo mi dice “Vieni (d)a me”, alza un arto, non ne percepisco la forma, un braccio lo definirei, ma non saprei darne descrizione, l’immagine è nel buio e nel buio si delinea anche se con sfumature che non ne tracciano bene i bordi ed il cappuccio che la incornicia. Ma il tocco incontra la mia carne, si ferma sulla mia pelle, la sensazione scende in profondità e scava, scolpisce la mia anima e lì rimane. La Dea Oscura mi sfiora con il suo tocco di ghiaccio e la sensazione forte e reale è di freddo estremo, ritraggo il braccio ma in un gesto istintivo da parte del mio corpo caldo che incontra il suo opposto in maniera tanto brusca ed inaspettata, non per timore o ritrosia. Ho acceso la luce, ma prima la mia mano sinistra ha ripercorso il braccio destro cercando il punto che era stato toccato. Non posso descrivere la sensazione, l’emozione ed il sentimento provati, erano passate le due da pochi minuti. Ho tentato di riaddormentarmi subito sperando ritornasse. Onore a te Dea, Madre di oscura sacra Terra e di candido e luminoso Ghiaccio, onore al tuo passaggio ed al tuo tocco di Tenebra e Gelo.





Immagine tratta dal web

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